Le lesioni da pressione sono lesioni causate dalla pressione sui tessuti del paziente e si riscontrano nei pazienti ospedalizzati che siano allettati. Il trattamento di questo tipo di lesione deve tener conto di diversi fattori e di una valutazione iniziale che definisca il grado di gravità della situazione della lesione stessa.
 
Prima di definire il piano di trattamento occorre effettuare un’attenta valutazione  della lesione da pressione in funzione:
– della localizzazione;
– del grado di gravità;
– della dimensione;
– del tessuto sottominato;
– della tunnellizzazione;
– dell’odore;
– delle condizioni della cute perilesionale;
– dell’essudato;
– del tessuto necrotico.
 
Per valutare se la lesione sta migliorando o peggiorando può essere utile fotografarla e poi confrontarla nei giorni successivi. La valutazione della lesione va ripetuta almeno una volta la settimana, se le condizioni generali della persona assistita o della lesione si aggravano è opportuno rivalutare il piano di trattamento, intervenendo in modo diverso. La riparazione della lesione si verifica con la formazione di tessuto connettivo che viene ricoperto per moltiplicazione delle cellule epiteliali e migrazione delle stesse dai bordi verso il centro della lesione. La riparazione è condizionata da fattori locali (apporto di sangue, presenza di batteri, presenza di ossigeno) e da condizioni generali della persona (malnutrizione, diabete, uso di farmaci). Una lesione pulita dovrebbe mostrare segni di guarigione entro due settimane, se ciò non avviene va rivalutato il piano di trattamento.
 

Interventi da effettuar

Gli interventi da effettuare per il trattamento delle lesioni sono:

  • rimozione del tessuto non vitale;
  • disinfezione;
  • diagnosi e trattamento delle infezioni;
  • medicazione topica della lesione;
  • trattamento della cute circostante.

 

Trattamento del tessuto non vitale

La rimozione del tessuto non vitale è una fase fondamentale perché secondo il principio della Wound Bed Preparation (WBS) per ottenere la guarigione è cruciale un’adeguata rimozione delle cellule non vitali. La rimozione del tessuto non vitale può essere effettuata con:

  • metodo idroterapico: consiste nell’irrigazione della lesione con ringer lattato o soluzione fisiologica a temperatura ambiente utilizzando una siringa da 50 ml e un ago da 19 G per garantire una pressione adeguata;
  • metodo enzimatico: consiste nell’applicazione di preparati topici contenenti enzimi proteolitici che hanno il compito di digerire la fibrina e rimuovere il tessuto necrotico. L’enzima va applicato, in strato sottile, direttamente sul tessuto necrotico, che deve essere umido al momento dell’applicazione. E’ importante che l’enzima non venga a contatto con la cute sana circostante la lesione, che va quindi protetta con pomate barriera come per esempio la pasta all’ossido di zinco;
  • metodo autolitico: consiste nell’applicazione di una medicazione sintetica sulla lesione, allo scopo di favorire l’autodigestione del tessuto necrotico a opera degli enzimi presenti nei liquidi della lesione. Si utilizzano in modo particolare idrogel, da applicare direttamente sulla ferita, o idrocolloidi;
  • metodo chirurgico: va eseguito dopo anestesia locale o dopo adeguata terapia antidolorifica. E’ la scelta d’elezione in caso di infezione e quando deve essere rimossa una grande quantità di tessuto necrotico.

 
La disinfezione della lesione deve essere presa in considerazione solo nei casi di infezione o in caso di secrezioni necrotiche. Per valutare se la lesione è infetta bisogna considerare alcune caratteristiche cliniche, come presenza di odore, essudato, arrossamento della cute perilesionale, edema dei tessuti perilesionali.
In caso di infezione, gli antisettici raccomandati sono quelli a base di clorexidina, iodopovidone, ipoclorito di sodio. L’uso di antibiotici locali va limitato solo ai casi di lesioni che non guariscono o continuano a produrre essudato dopo un trattamento di 2-4 settimane. L’applicazione di antibiotico non dovrebbe superare le due settimane di terapia.
 
La medicazione ideale dovrebbe:

  1. mantenere un micro ambiente umido e la cute circostante asciutta;
  2. consentire lo scambio gassoso;
  3. proteggere dalla contaminazione batterica;
  4. proteggere dai danni meccanici;
  5. garantire le condizioni ottimali di temperatura;
  6. permettere e favorire la rimozione di essudati e tessuti necrotici;
  7. essere biocompatibile;
  8. essere maneggevole;
  9. avere un costo contenuto.

Attualmente gli studi non forniscono prove su quale sia la medicazione più efficace. La scelta del tipo di medicazione si basa sulle caratteristiche della ferita da trattare e sulle indicazioni d’uso della medicazione stessa. Dato che le caratteristiche della lesione variano durante il decorso, è indispensabile valutarle a ogni cambio di medicazione.
 

Tipi di medicazioni

Le medicazioni disponibili in commercio sono:

  • idrocolloidi: utili in caso di lesione non infetta;
  • film trasparenti da usare per proteggere la cute a rischio di lesione da frizione o da trauma da cerotto, in caso di sbrigliamento autolitico se il paziente non è immuno-compromesso. Queste medicazioni non vanno usate su lesioni essudanti;
  • idrogel da usare su lesioni superficiali, con fondo di lesione secco e su lesioni dolenti;
  • alginati/idrofibre: per il trattamento di lesioni essudanti, oppure quando è presente una concomitante terapia sistemica dell’infezione, o quando il fondo della lesione presenta sanguinamento;
  • schiume di poliuretano: per il trattamento di lesioni essudanti e/o dolenti;
  • medicazioni con argento: da usare in caso di lesioni infette o ad alto rischio di infezione;
  • medicazioni con iodio cadexomero: per il trattamento di lesioni essudanti, ma va evitato l’uso se il paziente ha malattie della tiroide;
  • medicazioni in garza: da usarsi per lesioni essudanti, da evitare però in caso di lesioni deterse;
  • medicazioni in silicone: da considerare quando il letto della lesione o la cute circostante sono fragili per prevenire i traumi;
  • medicazioni con matrice di collagene: su ulcere di III o IV stadio che non guariscono.

 
Per scegliere la medicazione appropriata è utile porsi alcune e fondamentali domande:

  1. qual è la quantità di essudato (lieve/moderato/abbondante)?
  2. la ferita è profonda, sottominata, tunnellizzata?
  3. che tipo di tessuto è presente nella ferita?
  4. quali sono le condizioni della cute perilesionale?
  5. qual è la sede dell’ulcera?
  6. sono indicati degli antimicrobici?
  7. si sospetta una fase di senescenza dell’ulcera?

 
La cute circostante la lesione deve essere detersa con saponi a pH fisiologico o debolmente acidi (pH 5) e acqua. Una volta detersa la cute va asciugata accuratamente senza sfregare, ma tamponando. Può essere utile applicare creme grasse o un olio dermoprotettivo o una pasta all’ossido di zinco.
 

Dispositivi utili in caso di lesioni

Per favorire la guarigione delle lesioni e per prevenirne la formazione si raccomanda di utilizzare dei dispositivi conosciuti con il nome di dispositivi anti decubito in grado di ridistribuire la pressione esercitata sulla cute. Le superfici anti decubito si valutano in base a 3 proprietà: immersione (grado di affondamento), avvolgimento (capacità della superficie di conformarsi al soggetto) e bottoming out (letteralmente “toccare il fondo” fenomeno evidente quando il grado di affondamento è eccessivo).
Le principali superfici anti decubito disponibili sono:

  • sovra materassi in schiuma ad aria o ad acqua: superfici anti decubito che vengono posizionate sopra il materasso. Va segnalato che per il loro spessore possono favorire il fenomeno del bottoming out, la loro efficacia va quindi valutata quotidianamente;
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  • materassi in poliuretano, ad aria, acqua o con una combinazione di materiali: che risentono meno dei sovra materassi del rischio di bottoming out.

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Fonte: IPASVI

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