Gestione catetere venoso centrale

Si sente molto parlare di cateterismo venoso centrale, soprattutto in quei soggetti per i quali vi sia bisogno di effettuare una terapia endovenosa di lunga durata o anche per coloro i quali abbiano un post-operatorio problematico.

Il catetere venoso centrale è un tubicino in silicone o poliuretano che consente di accedere ad una vena di grosso calibro del sistema venoso. Rispetto al catetere venoso periferico garantisce un accesso stabile e sicuro, attraverso cui è possibile somministrare ampi volumi di soluzioni o farmaci che richiedono una elevato flusso di sangue.
Esistono diversi tipi di cateteri classificabili in funzione dell’uso, della modalità di inserimento e dei tempi.

I cateteri sono definiti tunnellizzati se percorrono un tragitto sottocutaneo prima dell’accesso nella vena di grosso calibro; possono essere a punta chiusa o a punta aperta e possono essere inseriti per un breve periodo oppure per un periodo medio-lungo. I cateteri venosi centrali a breve termine vengono lasciati in sito per 1-6 mesi mentre il tempo di permanenza dei cateteri a medio-lungo termine è di oltre 6 mesi.

Le dimensioni del diametro sono espresse in French o in Gauge, la lunghezza è espressa in centimetri.

Il catetere venoso centrale tunnellizzato o non tunnellizzato va inserito dal medico, i cateteri tipo PICC (Peripherally Inserted Central Catheters – Catetere Centrale ad Inserzione Periferica), possono essere inseriti anche da infermieri, purché siano stati formati adeguatamente e svolgano la procedura in ambiente idoneo. Prima di inserire il catetere occorre valutare con attenzione il soggetto per poter scegliere la vena e il catetere più indicato.

Le linee guida raccomandano in particolare di tenere in considerazione se il soggetto è sottoposto a chemioterapia attiva o a terapia nutrizionale, se il soggetto è giovane con una vita di relazione e lavorativa attiva o se è in condizioni critiche.

Ogni manovra assistenziale su un catetere venoso centrale richiede di lavarsi le mani, di utilizzare tecniche sterili e di indossare i dispositivi di protezione individuale (guanti e occhiali). Una complicanza temibile derivante dal posizionamento di un catetere venoso centrale sono le infezioni che possono essere prevenute con una attenta igiene nella gestione del catetere venoso centrale e mantenendo il circuito chiuso e protetto.

In genere il prelievo di sangue non dovrebbe essere effettuato da catetere venoso centrale, tuttavia in situazioni di emergenza o nei casi in cui il soggetto abbia uno scarso patrimonio venoso si può optare per il prelievo a livello centrale; in tal caso è necessario scartare un po’ di sangue prima di effettuare il prelievo, in modo da rimuovere i liquidi che risiedono nel tragitto del catetere stesso.

Dopo il prelievo va eseguito un lavaggio generalmente con 10 ml  di soluzione fisiologica, iniettata con manovra pulsante e chiusura del catetere venoso centrale in pressione positiva; si segnala l’importanza di utilizzare siringhe della capienza di almeno 10 ml in questa manovra, quale che sia il volume effettivamente iniettato, per evitare eccessive pressioni nell’esecuzione. Per eseguire l’emocoltura il prelievo va fatto senza scartare nulla e dopo aver disinfettato il needleless system con clorexidina al 2%.

Le complicanze dell’inserimento di un catetere venoso centrale

Le complicanze associate all’inserimento di un catetere venoso centrale possono essere classificate secondo il tempo di insorgenza in immediate (entro 48 ore), precoci (entro una settimana) e tardive (dopo una settimana).

Entro la prima settimana dall’inserimento le complicanze più frequenti sono: pneumotorace, emotorace ed ematoma.

Le complicanze tardive invece spesso sono provocate da un mal posizionamento del catetere (per esempio piegatura -pinch off, schiacciamento – kinking, rottura del catetere) e possono avere conseguenze di tipo meccanico, che si manifestano con difficoltà di aspirazione o infusione. Tali difficoltà potrebbero anche indicare una occlusione del catetere (trombotica o non).

In caso di occlusione trombotica occorre informare il medico che valuterà se è opportuno somministrare un antitrombotico. Se l’occlusione è invece causata dalla formazione di precipitati è possibile somministrare soluzioni antidoto volte a sciogliere l’aggregato. Per evitare il rischio di occlusioni è importante lavare regolarmente il catetere, così come sopra indicato. In caso di rottura del tratto esterno del catetere è bene tenere in considerazione che, per alcuni cateteri, esistono appositi kit di riparazione.

La sostituzione di un catetere a punta aperta non tunnellizzato va eseguita da un medico abilitato utilizzando un apposito filo guida o un micro introduttore. Anche in questo caso occorre procedere con tecnica sterile indossando i dispositivi di protezione individuale.
 
Fonte: FNOPI – Sito istituzionale