La trasfusione di sangue ed emo-componenti è una delle procedure su cui ancora oggi si discute molto e sulla quale vengono commessi, purtroppo, ancora diversi errori, anche di valutazione. Gli scopi principali delle trasfusioni di sangue ed emo-componenti sono:

  1. intervenire in caso di anemia grave per mantenere il trasporto dei gas respiratori (ossigeno e anidride carbonica);
  2. correggere i disturbi della coagulazione o le emorragie; 
  3. curare una deficienza del sistema immunitario; 
  4. mantenere la volemia.

Non esiste un valore assoluto di emoglobina che imponga la trasfusione; ogni soggetto va valutato in base alla sua capacità di tollerare l’anemia. La trasfusione può essere omologa, se il donatore e il ricevente sono due persone diverse, oppure autologa, se il donatore e il ricevente sono la stessa persona (quest’ultima ovviamente richiede la raccolta di sacche di sangue prima del momento del bisogno, per esempio prima di un intervento chirurgico programmato). E’ possibile trasfondere, oltre che il sangue intero, anche gli emocomponenti (per esempio componenti eritrocitari, plasma). La trasfusione di concentrati eritrocitari è indicata per aumentare rapidamente l’apporto di ossigeno ai tessuti,quando la concentrazione di emoglobina è bassa o in presenza di meccanismi di compenso fisiologici inadeguati. La trasfusione di plasma fresco congelato è indicata:

  • nel trattamento dell’emorragia o nel pre intervento chirurgico;
  • quando l’INR e/o il rapporto del PTT siano uguali o superiore a 1,5;
  • nei deficit congeniti o acquisiti di singoli fattori della coagulazione in presenza di emorragie quando non si possono utilizzare i concentrati degli specifici fattori;
  • nella fase acuta della coagulazione intravascolare disseminata;
  • nel trattamento della microangiopatia trombotica (TTP HUS);
  • come antagonista degli anticoagulanti orali in presenza di manifestazioni emorragiche.

In caso di trasfusione omologa è fondamentale la compatibilità tra donatore e ricevente, per evitare gravi emolisi. Per stabilire la compatibilità occorre definire il gruppo sanguigno dei due. Il fattore Rh (Rhesus D) è un antigene dei globuli rossi, chiamato D. I soggetti con l’antigene Rh sono definiti Rh positivi a differenza degli Rh negativi, che ne sono privi. I soggetti con fattore Rh negativo possono ricevere sangue solo da soggetti con fattore Rh negativo, perché la trasfusione di sangue Rh positivo può indurre la produzione di anticorpi anti Rh. I soggetti con Rh positivo possono ricevere sangue Rh positivo e negativo.
Gli emocomponenti devono avere etichette conformi alle normative nazionali e internazionali. Devono essere leggibili a occhio nudo e con il lettore automatico e devono comprendere:

  • contenuto della sacca;
  • gruppo sanguigno AB0 e fattore Rh;
  • data di donazione e di scadenza; 
  • numero identificativo della donazione;
  • nome e indirizzo della struttura di prelievo;
  • temperatura di conservazione;
  • volume o peso netto;
  • composizione e volume dell’anticoagulante e se presente della soluzione additiva;
  • eventuali altri fenotipi di gruppi ematici (se ricercati);
  • metodo di trasfusione.

La terapia trasfusionale richiede il consenso informato del paziente. Anche al soggetto minorenne è necessario spiegare con le modalità più opportune tutte le informazioni sulla pratica trasfusionale. Le fasi del processo di trasfusione comprendono in sintesi i seguenti momenti:

  • prelievo del campione di sangue per l’esecuzione dei test pre trasfusionali (determinazione di gruppo, ricerca di anticorpi irregolari, prova di compatibilità);
  • richiesta degli emocomponenti, accettazione, registrazione esecuzione dei test ed erogazione presso la struttura trasfusionale;
  • trasfusione in reparto, sala operatoria, in terapia intensiva o al domicilio.

Per evitare che venga prelevato il sangue da tipizzare alla persona sbagliata deve essere identificato il soggetto. Lo staff deve essere dotato di sistemi adeguati che consentano l’identificazione dei pazienti, come braccialetti, carte di identità del paziente, braccialetti recanti il nome del paziente scritto a mano, oppure codici generati dal computer. Tutto il personale coinvolto deve essere pienamente consapevole della necessità di prestare costante attenzione e impegno nell’operare in conformità alle procedure prestabilite. L’infermiere che effettua il prelievo deve riportare in modo chiaro e completo sulle provette contenenti i campioni: reparto di appartenenza, cognome, nome data di nascita del soggetto e data del prelievo. L’infermiere che effettua il prelievo deve apporre la propria firma.
Per evitare che il sangue sia trasfuso alla persona sbagliata o che sia trasfuso sangue non compatibile con quello del soggetto da trasfondere occorre verificare sempre che:

  1. cognome e nome del paziente riportati sulla unità di emocomponente corrispondano all’identità del soggetto da trasfondere, come da cartella clinica, consenso informato e richiesta;
  2. il gruppo sanguigno del ricevente sia compatibile con il gruppo sanguigno indicato sull’etichetta dell’emocomponente da trasfondere.
  3. se le condizioni del soggetto lo consentono, è opportuno chiedere al soggetto stesso il nome e il cognome immediatamente prima di effettuare la trasfusione.

L’infermiere che esegue la trasfusione deve sempre:

  1. registrare nella cartella clinica l’avvenuta trasfusione con l’indicazione della presenza o assenza di reazioni avverse, apponendo la propria firma;
  2. notificare l’avvenuta trasfusione;
  3. segnalare ogni eventuale evento avverso.

 
 
Fonte: IPASVI

2 Comments

  1. Tutto ben esplicitato, tranne il ruolo dell’infermiere nella trasfusione, che di certo non è quello di esecutore bensì di coautore

    • Non sono d accordo con l articolo!! Giusta pratica ma l errore sta nel fatto che è obbligatoriamente il medico a somministrare la sacca di sangue e a controllare i giusti dati!!

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