Ingestione di sostanze caustiche e interventi da effettuare

L’ingestione da sostanze caustiche è una situazione grave con un’ampia varietà di conseguenze e di manifestazioni cliniche. E’ una delle situazioni più difficili in cui si può venire a trovare il personale sanitario e che può comportare delle conseguenze davvero invalidanti se non si interviene in modo rapido e tempestivo. Le conseguenze immediate dell’ingestione di sostanze caustiche non sono sempre mortali, ma le sequele sono spesso gravi e disabilitanti, comportando elevati costi socio-sanitari e umani. Negli Stati Uniti si rilevano da 5.000 a 15.000 casi all’anno di ingestione di sostanze caustiche: per quanto riguarda le ingestioni accidentali si osserva un picco nei bambini tra uno e cinque anni, mentre le ingestioni volontarie (a scopo di suicidio) si verificano prevalentemente sopra i 21 anni. Il pH di una sostanza è una misura semplice ma non precisa della dannosità della sostanza caustica: in linea di massima le sostanze molto acide, con pH inferiore a 3, e quelle decisamente basiche con pH superiore a 11, sono le sostanze più dannose. Esistono però sostanze con pH vicino alla neutralità come gli ossidanti che sono ugualmente tossici.
Oltre al pH la dannosità di una sostanza dipende:

  • dalla sua concentrazione;
  • dal tipo di preparazione se solida o liquida: le sostanze solide aderiscono alla mucosa causando lesioni gravi a livello delle prime vie digestive, le sostanze liquide invece scorrono causando problemi a livello del cardias, del fondo e dell’antro gastrico;
  • dalla modalità di ingestione (volontaria oppure accidentale);
  • dalla quantità ingerita;
  • dalla presenza o meno di cibo nello stomaco così da diluire la sostanza caustica o ridurne il contatto con la mucosa.

Dopo l’ingestione di una sostanza caustica il soggetto può avere manifestazioni cliniche diverse secondo il tipo di sostanza ingerita, dalla concentrazione e dalla quantità. L’approccio diagnostico-terapeutico deve essere multidisciplinare: accanto al medico che di solito vede il paziente perché portato in Pronto soccorso, sono fondamentali le figure del rianimatore, del tossicologo, dell’endoscopista, del radiologo e del chirurgo, oltre all’infermiere che deve essere preparato all’assistenza in questi casi. E’ importante avere un protocollo condiviso e validato così da rendere chiaro e automatico il ruolo di ciascuno specialista e le modalità del suo intervento.
L’approccio diagnostico-terapeutico si differenzia a seconda che il paziente sia adulto o bambino e l’ingestione sia accidentale o volontaria. La prima fase è però comune a tutti i possibili scenari e consiste nel:

  1. garantire le funzioni vitali se compromesse;
  2. raccogliere l’anamnesi e cercare di identificare la sostanza assunta, reperendo la confezione originale del prodotto o, per i prodotti non noti, magari travasati in altri contenitori o diluiti con acqua, misurando il pH con cartina al tornasole con range 0-14;
  3. valutare i sintomi e condurre un attento esame obiettivo: i sintomi variano in base alla gravità del danno subìto, andando dalla quasi assenza a dolore, disfonia, scialorrea, vomito ematico, fino a compromissione delle funzioni vitali; l’assenza di lesioni del cavo orale non esclude la presenza di lesioni esofagee o gastriche;
  4. somministrare un farmaco gastroprotettore (per esempio un inibitore di pompa) per via endovenosa;
  5. effettuare gli esami di laboratorio prescritti, in particolare la determinazione degli indici di flogosi, l’equilibrio acido-base, l’amilasi, la funzionalità epatica e renale, i parametri della coagulazione.

Nella maggioranza dei casi è indicata una radiografia toraco-addominale standard, al fine di identificare segni di perforazione (pneumomediastino, pneumoperitoneo) o di mediastinite e polmonite (anche da aspirazione). Peraltro la assenza di questi reperti non esclude una perforazione o una lesione grave a livello viscerale. Indagini più approfondite con mezzo di contrasto idrosolubile (gastrografin) o mediante TC sono riservate ai pazienti con sospetta perforazione in atto. L’endoscopia è il cardine della valutazione diagnostica e della stadiazione, poiché permette di verificare:
– la presenza di lesioni;
– la gravità delle singole lesioni;
– l’estensione delle lesioni e gli organi coinvolti;
– la presenza di elementi oggettivi correlabili al rischio di perforazione.

Casi specifici

In caso di ingestione involontaria nell’adulto:

  • valutare il tipo di sostanza, la dose assunta, la concentrazione del principio attivo, le modalità di assunzione e la comparsa di sintomi immediati o tardivi;
  • può essere utile effettuare esami di laboratorio (indici di flogosi, equilibrio acido-base, amilasi, funzionalità epatica e renale, parametri della coagulazione);
  • procedere quindi con una esofagogastroduodenoscopia.

In caso di ingestione volontaria dell’adulto:

  • garantire le funzioni vitali e correggere gli squilibri elettrolitici;
  • valutare il tipo di sostanza, la dose assunta, la concentrazione del principio attivo, le modalità di assunzione;
  • effettuare gli esami di laboratorio: emocromo, indici di flogosi, equilibrio acido-base e idro-elettrolitico, funzionalità epatica e renale, parametri della coagulazione;
  • procedere quindi con una esofagogastroduodenoscopia.

In caso di ingestione certa nel bambino si raccomandano: la valutazione e il supporto delle funzioni vitali se compromesse, l’anamnesi e l’identificazione della sostanza, l’esame obiettivo e gli esami di laboratorio, come già indicati, radiografie del torace e dell’addome per escludere un’eventuale perforazione esofagea o gastrica, e la gastro-protezione con inibitori di pompa. E’ indicata l’esecuzione di una esofagogastroduodenoscopia che deve essere fatta in urgenza o comunque entro 6 ore nel caso di sintomi gravi, avendo cura di garantire la pervietà delle vie aeree se sono presenti sintomi respiratori, entro e non oltre le 24 ore negli altri casi. Se la gastroscopia è negativa, il bambino può essere dimesso, mentre in caso di positività la terapia varia a seconda della stadiazione delle lesioni, ma non comporta un intervento chirurgico. Come già segnalato per l’adulto, anche per il bambino dati di letteratura relativi all’uso di profilassi antibiotica, steroidea e sondino naso-gastrico a permanenza sono ancora controversi e non conclusivi.
In caso di ingestione di sostanze caustiche, alcuni comportamenti tipici per gli avvelenamenti, vanno altresì assolutamente evitati, questi sono:

  • indurre il vomito per il rischio di aggravamento delle lesioni esofagee, o di polmonite ab ingestis;
  • effettuare la gastrolusi per il rischio di perforazione. Nei rari casi in cui è indicata per sostanza caustica con contemporanea tossicità sistemica, deve essere attuata sotto visione endoscopica;
  • somministrare latte, latte albuminato e antiacidi per bocca perché possono ostacolare la visione endoscopica;
  • somministrare carbone attivato perché non serve e ostacolerebbe l’eventuale gastroscopia in urgenza;
  • somministrare una sostanza acida per neutralizzare l’agente caustico basico o viceversa, perché si rischia di provocare una reazione esotermica, con conseguente aggravamento della lesione.

 
 
 
Fonte: IPASVI