A soli nove anni era stata colpita da cordoma, un raro tumore che di solito si sviluppa nella zona dell’osso sacro o nella base cranica, cioè ai due estremi della colonna vertebrale, e con un’incidenza dello 0,5 per milione di persone. Un caso clinico complesso, che ha richiesto il ricorso a un trattamento innovativo basato su fasci di protoni, anziché di fotoni, più precisa e meno dannosa per i pazienti. La piccola è la prima paziente pediatrica in Italia a sperimentare gli effetti della cosiddetta proton therapy e sembra che ne abbia giovato alla grande, visto i risultati che sono stati raggiunti e ottenuti!
Il trattamento è stato reso possibile grazie alla collaborazione tra l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma e il Santa Chiara di Trento, dove la bambina si è concretamente sottoposta alla cura. Questo tipo di terapia era finita sotto i riflettori in seguito alla vicenda del piccolo Ashya King, malato di tumore al cervello e protagonista di una complessa vicenda giudiziaria, portato via dei genitori dall’Inghilterra per essere trattato a Praga. La piccola paziente ha già subito l’asportazione chirurgica di una porzione del tumore che aveva alla base del cranio. L’equipe del Bambino Gesù, ha deciso di sottoporla al nuovo metodo perché con la classica radioterapia gli effetti collaterali sarebbero stati potenzialmente troppo pericolosi, tenendo conto della zona su cui sarebbero stati diretti i fasci radianti. In tutto saranno effettuate 41 trattamenti per un totale di circa 2 mesi di cure. La protonterapia rappresenta un approccio all’avanguardia per il trattamento dei tumori. Nel mondo sono 48 i centri che la utilizzano e in Italia è possibile sottoporvisi soltanto a Trento e Pavia. Il meccanismo consiste nel colpire la massa tumorale con fasci di particelle subatomiche (protoni) prodotti da un acceleratore simile a quello del Cern di Ginevra. “La tecnica, soprattutto nei bambini, comporta meno effetti collaterali a lungo termine e risparmiare quanto più possibile i tessuti sani che non sono stati colpiti dal tumore, perché i protoni rilasciano energia direttamente nella sede del tumore” spiega la dottoressa Angela Mastronuzzi, neuro-oncologa pediatra del Bambino Gesù. E aggiunge: “Negli Stati Uniti è usata già da molti anni per il trattamento dei pazienti pediatrici, soprattutto di quelli affetti da tumori del sistema nervoso centrale“. L’importante, però, è sottolineare che la protonterapia, da sola, non può essere risolutiva.