Vitamina C in grado di uccidere il cancro: la scoperta

Arriva da Siena e dal gruppo di ricerca del professor Giovanni Grasso del Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e Neuroscienze dell’Università di Siena, la scoperta che potrebbe aprire la strada ad una nuova e rivoluzionaria cura dei tumori. In particolare del retinoblastoma, tumore degli occhi che colpisce i bambini di età tra zero e tre anni e che vede nel policlinico “Le Scotte” di Siena un centro di eccellenza e un punto di riferimento nazionale per la sua cura. Si tratta di una nuova funzione della Vitamina C che consentirebbe di avere un bel passo in avanti per le cure di particolari forme tumorali.
«Dopo anni di ricerche – spiega il professor Giovanni Grasso – abbiamo la dimostrazione inequivocabile che l’acido ascorbico, a tutti più noto come Vitamina C, è in grado di uccidere, a dosi elevate, le cellule di retinoblastoma. Lo studio, effettuato su cellule derivate da questo tumore, stabilizzate e in linea continua, è stato pubblicato dal Journal of Clinical and Experimental Ophthalmology». Per il momento si tratta di una sperimentazione in laboratorio, su cellule trattate in vitro. Ma le aspettative sono reali. «Si tratta di risultati di laboratorio che dovranno necessariamente trovare un riscontro “clinico”, mediante la verifica dell’efficacia delle alte dosi di vitamina C». «I dati sperimentali ottenuti in vitro e la presenza, presso l’azienda ospedaliera senese del centro di riferimento nazionale per la diagnosi e cura del retinoblastoma, potrebbero rendere più che realistica la possibilità che la verifica dell’efficacia clinica della Vitamina C ad alte dosi, per via endovenosa, possa esser fatta sui piccoli pazienti colpiti dal tumore».
Gli studi e i risultati senesi trovano riscontro anche in sperimentazioni portate avanti fuori dai confini italiani. «In America, studi clinici su pazienti affetti da cancro pancreatico dimostrano che, anche a dosi elevate, la vitamina C è altamente tollerabile per via endovenosa. In più, a dosi elevate essa agisce come un pro-ossidante, generando acqua ossigenata, altamente tossica solo per le cellule tumorali, che sono sprovviste dell’enzima (la catalasi) in grado di metabolizzare e distruggere l’acqua ossigenata. L’acqua ossigenata non metabolizzata danneggerebbe (ossidandole) tutte le strutture della cellula tumorale, portandola a morte». A questo punto manca soltanto la prova sul campo. «Questa scoperta, se convalidata da studi clinici, può rappresentare una vera e propria rivoluzione nell’ambito della terapia del retinoblastoma e forse anche di altri tumori», conclude il dottor Mastrangelo.