E’ arrivata alle 5.43 di sabato 17 ottobre in arresto cardiocircolatorio al Pronto soccorso all’ospedale Niguarda di Milano, dove hanno tentato di salvarle la vita ma era troppo tardi. E’ morta così K.S., 40 anni, all’ottavo mese di gravidanza, e con lei anche il neonato che portava in grembo. La donna la sera prima accusava dolori addominali e lombari, e si era presentata alla casa di cura San Pio X della Fondazione Opera San Camillo, struttura privata accreditata del capoluogo lombardo, che stava seguendo la sua gravidanza. Ma la clinica l’aveva dimessa dopo alcuni accertamenti, nonostante molti degli esami fossero sballati. Questo però non è bastato a bloccare la dimissione della donna.
L’incubo comincia alle 4.50 del mattino successivo. Il marito si accorge che la donna è incosciente, ha il respiro rantolante. Si allarma e chiama il 118. Sono le 4.57. Al loro arrivo, i medici trovano la 40enne in stato di arresto cardiaco e iniziano le manovre rianimatorie sul posto. Poi la corsa in ambulanza fino al Niguarda, dove arriva già massaggiata e intubata e comunque ancora in condizioni di arresto. Non c’è più tempo: essendo già in gravidanza avanzata, viene tentato un cesareo d’urgenza direttamente in Pronto soccorso. Il piccolo, però, viene estratto già morto e la donna è in evidente stato di shock emorragico. Muore così in Pronto soccorso. Nel 2015 e con questa sanità possiamo ancora apprendere queste notizie? Quali sono le vostre considerazioni?