Per poter procedere con l’emodialisi, terapia raccomandata nei casi avanzati di insufficienza renale, occorre innanzitutto preparare l’accesso vascolare. L’accesso di prima scelta è la fistola arterovenosa (FAV) che quando possibile viene confezionata in un arto superiore. La fistola arterovenosa va considerata l’accesso di prima scelta anche nel paziente anziano, tuttavia in alcuni casi particolari non è possibile confezionare o utilizzare una fistola arterovenosa e si deve posizionare un catetere venoso centrale. I vantaggi principali del catetere venoso centrale sono la facilità d’uso e la scarsa dolorabilità nei punti di inserzione, di contro gli svantaggi sono l’alto rischio di infezione e la trombosi.
La fistola arterovenosa (FAV) è preparata con un intervento chirurgico, che consiste nel collegamento (anastomosi) permanente tra un’arteria e una vena degli arti; normalmente viene preferito il braccio o l’avambraccio. Secondo le linee guida europee sulla gestione degli accessi vascolari occorrono almeno 6 settimane prima di poter utilizzare la fistola. Si raccomanda quindi di preparare la fistola almeno 2-3 mesi prima di iniziare l’emodialisi. Per il confezionamento di una FAV il sito chirurgico va preparato utilizzando antisettico acquoso o alcolico; in particolare sono raccomandati iodopovidone o clorexidina.
Durante l’intervento si raccomanda di:
- non eseguire l’irrigazione della ferita;
- non effettuare lavaggi intracavitari;
- non effettuare una redisinfezione intraoperatoria della cute prima della sutura.
Nel periodo post operatorio si raccomanda di:
- proteggere la ferita con una medicazione sterile per 48 ore dall’intervento;
- evitare fasciature e medicazioni compressive, che possono rallentare o occludere il flusso ematico con rischio di trombosi;
- utilizzare una tecnica sterile per il cambio della medicazione.
Dopo l’intervento la pressione arteriosa va misurata al braccio controlaterale.
La prima medicazione va tenuta per 48 ore senza ulteriori medicazioni in caso di guarigione della ferita per prima intenzione.
Trascorse le prime 48 ore la medicazione va sostituita al massimo ogni 72 ore o quando appare sporca, bagnata o anche solo parzialmente non adesa. Il flusso sanguigno deve essere valutato regolarmente nella prime 24 ore (ogni 6 ore). La valutazione deve avvenire attraverso la palpazione per la rilevazione del fremito (thrill) in corrispondenza dell’anastomosi. Attraverso lo stetoscopio si effettua la rilevazione del tipico soffio vascolare che dovrebbe essere continuo. Il fremito alla palpazione o il soffio continuo all’auscultazione sono indicatori di flusso; la pulsazione o un soffio intermittente, invece, sono indicatori di elevata resistenza o iniziale occlusione.
I cateteri venosi centrali per emodialisi possono essere distinti in permanenti (tunnellizzati) e temporanei (non tunnellizzati). A causa dell’alto rischio di infezione, si dovrebbe ricorrere al catetere temporaneo solo come ultima scelta e il catetere non dovrebbe essere lasciato in situ per più di 20-30 giorni. Il tempo di permanenza cambia in funzione della sede di impianto.
ll catetere venoso centrale temporaneo (non tunnellizzato) è utilizzato nei soggetti:
– che hanno bisogno di un trattamento emodialitico d’emergenza e nei quali non è stata ancora allestita una fistola arterovenosa oppure, se allestita, non è ancora matura, ossia non ha ancora raggiunto una dimensione o una struttura endoteliale adeguata per la venipuntura;
– in trattamento emodialitico nel caso di una complicanza della fistola arterovenosa che ne comprometta, anche momentaneamente l’utilizzo;
– in cui la dialisi peritoneale viene sospesa momentaneamente a scopo cautelativo o terapeutico e sostituita da emodialisi;
– con gravi intossicazioni, per depurazioni d’emergenza.
I cateteri permanenti invece non hanno precisi limiti di durata nel tempo: sono sostituiti quando sono deteriorati o se insorgono complicanze. Il catetere venoso centrale permanente è utilizzato nei soggetti:
– con controindicazioni cliniche all’allestimento di una fistola arterovenosa, per esempio in pazienti con trombosi della vena succlavia o grave patologia aterosclerotica dei vasi;
– che hanno esaurito il loro patrimonio vascolare, rendendo impossibile il confezionamento di ulteriori fistole arterovenose;
– con insufficienza renale cronica per la minore incidenza di infezioni rispetto ai cateteri temporanei e la maggiore durata. Il catetere venoso centrale permanente può essere utilizzato per un periodo sufficiente al confezionamento e alla maturazione di una fistola arterovenosa.
I cateteri venosi centrali per emodialisi possono essere impiantati in vena:
- femorale;
- succlavia;
- giugulare interna o esterna.
Nella gestione del paziente dializzato l’infermiere riveste un ruolo di primaria importanza nel ridurre il rischio di complicanze. In particolare è importante che l’assistenza sia personalizzata e che l’infermiere collabori con il medico per la pianificazione della terapia emodialitica più idonea in quel momento per quel paziente. La prevenzione delle infezioni è un altro aspetto rilevante dell’assistenza infermieristica, insieme alla corretta educazione sanitaria. E’ bene raccomandare al paziente dializzato di:
– seguire una dieta iperproteica;
– controllare l’assunzione di liquidi e di sale;
– limitare l’assunzione di alimenti ricchi di potassio (come ad esempio: frutta secca, banane) e/o fosforo;
– evitare l’eccesso calorico.
Per migliorare la condizione generale di salute e in particolare per migliorare le condizioni cardiocircolatorie e ridurre la mortalità il paziente dializzato dovrebbe praticare giornalmente o comunque almeno 2-3 volte la settimana un programma specifico di attività fisica. Il programma deve essere studiato in funzione delle caratteristiche personali, deve essere semplice e sostenibile economicamente. In linea generale camminare è la forma di esercizio meglio accettata e più facilmente praticabile.
Fonte: IPASVI