Quando si somministra un farmaco per via endovenosa va scelta la modalità di infusione: infusione continua, bolo o infusione intermittente. L’infusione continua consente di mantenere il dosaggio costante nel sangue; è importante tenere sotto controllo la velocità di infusione. La scelta della velocità dipende dalle caratteristiche dei principi attivi, dalle caratteristiche del paziente, dalle condizioni del sito di somministrazione e dal calibro dell’accesso venoso.
Una modalità utilizzata di frequente per la somministrazione endovenosa di fluidi e di farmaci è l’infusione continua, che consente di mantenere un dosaggio terapeutico costante nel sangue. I farmaci sono diluiti in grandi volumi da 500 a 1.000 ml di soluzione salina isotonica o di soluzione glucosata al 5%. Un’altra modalità di somministrazione dei farmaci prevede invece il bolo endovenoso (o push), che prevede l’introduzione di una dose concentrata di farmaco direttamente nella circolazione sistemica. Si tratta di una modalità potenzialmente pericolosa perché può provocare irritazione diretta alla parete interna dei vasi sanguigni e, in caso di errore, il tempo e le possibilità di intervenire sono molto ridotte. I farmaci non somministrabili in bolo sono diluiti in volumi di piccole quantità da 50 a 100 ml di soluzioni isotoniche e somministrati con l’infusione intermittente.
Velocità di infusione
La velocità di infusione delle soluzioni somministrate per via endovenosa dipende da diversi fattori tra cui:
- l’osmolarità : le soluzioni ipertoniche vanno infuse lentamente per il loro effetto di richiamo di liquidi nello spazio intravascolare;
- i principi attivi (per esempio chemioterapici, antibiotici, amine, eparina) o elettroliti (come il potassio) contenuti nella soluzione che necessitano di un controllo attento della velocità con pompa d’infusione;
- le condizioni del paziente: le persone anziane, cardiopatiche e nefropatiche rischiano il sovraccarico per cui la velocità di infusione deve essere ridotta e controllata scrupolosamente;
- il calibro dell’accesso venoso;
- le condizioni del sito;
- il volume complessivo di soluzione da infondere.
Se il farmaco da somministrare è irritante, è possibile rallentarne l’infusione, prevedendo la sua somministrazione per un periodo più lungo e aumentando in questo modo il tempo per l’emodiluizione. Un’infusione rapida aumenta il rischio di flebite, in quanto riduce il tempo dell’emodiluizione e consente alla soluzione molto concentrata (ipertonica) di venire a contatto con la tunica intima della vena. Rallentare la somministrazione aumenta solo di poco il tempo di contatto. In genere l’infusione in una vena centrale richiede un’ora, mentre in una vena periferica è consigliato aumentare il tempo di infusione a 2 ore.
Maki e Ringer hanno osservato un aumento di flebiti con infusioni superiori a 90 ml/h. Questo potrebbe essere dovuto ai pazienti che hanno ricevuto soluzioni ipertoniche a una velocità superiore a 100 ml/h; un’altra possibilità è che la velocità di infusione elevata può causare un trauma meccanico della vena (flebite meccanica), mentre la bassa velocità di infusione può causare un’esposizione continua delle pareti dei vasi alle sostanze chimiche aumentando il rischio di flebite chimica. Generalmente, la cannula con il calibro più piccolo disponibile dovrebbe essere selezionata per la terapia prescritta al fine di ridurre al minimo l’irritazione da contatto e prevenire i danni all’intima vasale e promuovere una migliore emodiluizione.
Se la cannula è grande per la vena, il flusso di sangue è ostacolato e farmaci irritanti possono permanere in contatto prolungato con l’intima della vena, facilitando l’insorgenza di una tromboflebite meccanica. Dovrebbero essere selezionate vene con un abbondante flusso ematico per l’infusione di soluzioni ipertoniche o soluzioni contenenti farmaci ad azione irritante. Per esempio per la somministrazione della vancomicina è raccomandato l’utilizzo di un catetere venoso centrale per garantire un’adeguata emodiluizione e il tempo di infusione consigliato è di un’ora; il tempo aumenta a circa due ore se il farmaco deve essere infuso attraverso una vena periferica; in questo caso è suggerito l’utilizzo di un’ago cannula di piccolo calibro (24 G) in una grossa vena al fine di ridurre l’irritazione della vena e il rischio di una flebite chimica locale.
Dunque, la flebite e altri effetti correlati all’infusione sono ricollegabili sia alla concentrazione che alla velocità di somministrazione della vancomicina. Negli adulti, per la somministrazione in vena periferica si raccomanda una concentrazione non superiore ai 5 mg per ml di diluente ed una velocità di infusione minore di 10 mg/min. Concentrazioni maggiori, tra 10 e 20 mg/ml, dovrebbero essere infuse in una vena centrale.
Fonte: EBN e Zinga “Quesiti Clinico-Assistenziali”