La stitichezza è un disturbo molto frequente nei Paesi industrializzati; interessa il 3-10% dei soggetti in età pediatrica, e tende ad aumentare con l’età fino a raggiungere il 20-40% dei soggetti sopra i 65 anni. Inoltre circa il 40% delle donne in gravidanza soffre di stitichezza in particolare nei primi tre mesi.
La maggior parte dei casi di stitichezza non è determinato da una condizione specifica ed è difficile determinare la causa esatta. Tuttavia molti fattori possono predisporre e aumentare il rischio di stitichezza in particolare:

  1. non seguire una dieta ricca di fibre (frutta, verdure e cereali);
  2. ignorare lo stimolo;
  3. non bere a sufficienza;
  4. vivere in una condizione con scarsa privacy quando si deve usare il bagno;
  5. condizioni patologiche come ansia e depressione;
  6. problemi psichiatrici, condizioni di violenza traumi.

Inoltre è noto che nella popolazione adulta l’uso di alcuni farmaci, quali antiacidi, diuretici, antidepressivi, antiepilettici, antispastici, antistaminici è associato a un maggior rischio di stitichezza. E’ stata anche osservata un’associazione significativa tra paracetamolo, acido acetilsalicilico, FANS e stitichezza cronica nella popolazione adulta.
Nel bambino la stitichezza è spesso causata da un’esperienza dolorosa: provare dolore al momento della defecazione può instaurare un circolo vizioso dolore-ritenzione- feci dure-dolore, che è alla base del cronicizzarsi della stitichezza in questa età. I fattori che possono portare a una defecazione dolorosa nei primi mesi di vita non sono ancora noti sebbene la stitichezza sia meno frequente nei lattanti allattati al seno rispetto a quelli allattati con latte in formula.
In base alla causa che la origina, la stitichezza cronica si divide in primaria e secondaria. La stitichezza primaria può essere causata da rallentato transito, alterazione della defecazione o sindrome del colon irritabile. La stitichezza secondaria è provocata prevalentemente dall’utilizzo di alcuni farmaci quali gli analgesici oppioidi e gli anticolinergici.
Secondo la più recente versione (detta Roma III) dei criteri diagnostici di stitichezza funzionale messa a punto dal gruppo di lavoro internazionale nell’ambito della Consensus Conference sui Criteri Diagnostici dei Disturbi Funzionali dell’Intestino, per stitichezza funzionale si intende la presenza di due o più delle seguenti caratteristiche (in almeno il 25% delle scariche):

  • Sforzo nella defecazione;
  • presenza di feci dure o fecalomi;
  • sensazione di incompleta evacuazione;
  • sensazione di ostruzione o blocco ano-rettale;
  • necessità di ricorrere a manovre manuali per la evacuazione;
  • meno di tre scariche alla settimana;
  • evacuazioni rare senza l’uso di lassativi;
  • esclusione della diagnosi di sindrome dell’intestino irritabile.

Secondo tali criteri, la diagnosi di stitichezza cronica funzionale va posta quando i disturbi perdurano da almeno tre mesi nel corso dell’ultimo semestre. Nonostante non sia possibile definire con precisione una frequenza di evacuazioni normale, molte persone ritengono che una regolarità intestinale sia una evacuazione al giorno o a giorni alterni e alcune ricerche hanno documentato che soggetti che hanno la percezione di essere stitici non rientrano nei criteri diagnostici di Roma III.
Per valutare la stitichezza è quindi importante valutare la storia completa del paziente valutando l’usuale quantità di liquidi e fibre introdotte e le patologie del soggetto.
Il trattamento della stitichezza varia in funzione delle cause che hanno generato il disturbo, della durata e della gravità dei sintomi. In molti casi è possibile migliorare i sintomi modificando alcune abitudini alimentari e di stile di vita (vedi sotto). L’uso dei farmaci lassativi invece deve essere sotto controllo medico e per brevi periodi. In particolare va raccomandato l’uso controllato nei bambini e nelle donne in gravidanza. Esistono quattro tipi di lassativi:
– lassativi formanti massa, a base di fibre che agiscono richiamando acqua e migliorando la peristalsi;
– lassativi osmotici (salini e non), composti a base di ioni che agiscono richiamando acqua e aumentando il volume delle feci;
– lassativi stimolanti a base di senna che agiscono direttamente sulla mucosa colica riducendo la sua capacità di assorbire acqua dal lume intestinale, con una conseguente maggiore disponibilità di liquido nelle anse e un aumento della motilità intestinale;
– ammorbidenti fecali che agiscono rendendo più soffici le feci e facilitando di conseguenza l’evacuazione.
Per prevenire e per trattare la stitichezza cronica è importante aumentare l’assunzione di liquidi e di fibre (almeno 18 grammi al giorno). La dieta deve quindi essere ricca di:
frutta;
– verdura;
– riso, pane e pasta integrali.
L’introduzione di liquidi dovrebbe essere compresa tra 1.500 e 2.000 ml al giorno. I soggetti a rischio vanno incoraggiati ad assumere sorsi di liquidi durante tutta la giornata, limitando l’assunzione di bevande alcoliche e a base di caffeina.
Non bisognerebbe mai ignorare lo stimolo e bisognerebbe fare quotidianamente un po’ di attività fisica. Per i soggetti anziani è raccomandato camminare (15-20 minuti una o due volte al giorno; 30-60 minuti al giorno o da 3 a 5 volte alla settimana). I soggetti con mobilità limitata dovrebbero fare almeno 50 passi due volte al giorno. Per le persone incapaci di camminare o che sono costrette a letto, sono raccomandati esercizi come l’inclinazione pelvica, la rotazione del tronco verso il basso e il singolo sollevamento delle gambe.
 
Fonte: IPASVI