Di giorno infermiere. Di notte addetto alle pulizie. Nel turno diurno ha libertà su alcune scelte sanitarie che gli assegna la professione. In quello notturno prende scope e stracci per assicurare che al mattino le camere siano sufficientemente linde. Il contratto sottoscritto è «da operaio» e chi lo accetta deve attenersi strettamente a un «mansionario», abitudine superata da anni dalle leggi sulla professione che ne hanno riconosciuta l’autonomia. A un laureato, dipendente di datori di lavoro come cooperative sociali vincitrici di appalti in case di riposo private o in convenzione, si chiede di pulire ascensori, occuparsi dei rifiuti, provvedere che gli spazi siano lustri e profumati.
Lo stipendio? Diversificato di circa 1 euro all’ora a seconda che l’infermiere sia presente sul turno come “assistente” o come “personale di pulizia”. Sul mansionario sono indicati anche gli orari: dalle 7,30 alle 8,30 «smistare i rifiuti». O ancora: «Le pulizie devono essere eseguite in modo tale che all’inizio del turno tutte le parti comuni, bagni, refettori ecc. siano perfettamente puliti e profumati, ascensori compresi».
Non ci sono più regole. Il mondo del lavoro che i giovani infermieri torinesi incontrano, spesso impreparati e smarriti di fronte a condizioni che non si sentono di rifiutare perché a fine mese portano a casa 1000-1100 euro, è diventato una giungla.
La denuncia è del Collegio infermieri Ipasvi di Torino che ha segnalato tutti i casi all’ispettorato del lavoro e, dove necessario, ai carabinieri dei Nas. Arriverà nei prossimi giorni anche sul tavolo dei coordinatori dei corsi di laurea dell’Università e in corso Regina Margherita, la sede dell’assessorato alla sanità. Un incontro è stato infatti chiesto a Antonio Saitta per aprire la finestra su condizioni di lavoro che in molti casi appaiono surreali. L’obiettivo è la nascita di un Osservatorio delle professioni sanitarie che serva monitorare i requisiti di idoneità delle strutture e i contratti stipulati e potenziare le commisisoni di vigilanza nelle commissioni delle Asl.
La vicepresidente del Collegio di Torino, Barbara Chiapusso, negli ultimi mesi ha raccolto storie e documentazioni di giovani infermieri che non sanno come comportarsi: «Una neolaureata mi ha chiesto consigli perché l’hanno contattata e le hanno chiesto di iniziare a lavorare senza farle firmare alcun contratto. La chiamano quando hanno bisogno e lei va per poter guadagnare qualcosa. Non ha alcuna garanzia se non promesse verbali». Ci sono i contratti da “operaio”, quelli del commercio-settore terziario, e quelli “a chiamata”. Non c’è limite alla fantasia pur di avere mani libere: «Ci sono realtà in cui vengono studiate a tavolino possibilità per aggirare le leggi e sfruttare le risorse umane», insiste Chiapusso. È un mondo dove l’omertà è di casa: «La paura di perdere l’occupazione, il clima poco limpido, le minacce contribuiscono a far sì che distorsioni e anomalie non vengano in superficie». Da tempo nella sede del Collegio c’è preoccupazione: «A molti infermieri sono negati i diritti di vedersi riconoscere quanto riportato nelle leggi, che dall’abolizione del mansionario ne riconoscono l’autonomia degna di un professionista intellettuale iscritto ad un albo».
Fonte: larepubblica