Gestione eventi avversi anticoagulanti orali

La terapia anticoagulante è il trattamento d’elezione nella prevenzione primaria e secondaria dell’ictus in soggetti con fibrillazione atriale e dell’embolia polmonare in soggetti con trombosi venosa. I farmaci anticoagulanti agiscono a vario livello:

  • gli anticoagulanti orali tradizionali, warfarin e acenocumarolo, inibiscono la sintesi dei fattori della coagulazione vitamina K dipendenti (II, VII, IX e X);
  • gli anticoagulanti di nuova generazione inibiscono il fattore Xa della coagulazione (rivaroxaban e apixaban) oppure direttamente la trombina (dabigatran).

Gli anticoagulanti per bocca tradizionali, seppur efficaci hanno alcuni limiti:
– inizio d’azione lento;
– risposta farmacologica imprevedibile determinata dalla variabilità interindividuale nel metabolismo citocromo P450-dipendente;
– stretta finestra terapeutica che richiede un controllo costante dei parametri della coagulazione.
Inoltre l’azione di questi farmaci non è prevedibile e non è costante, ma occorre definire per ogni singolo paziente la dose di farmaco adeguata a garantire l’effetto anticoagulante. A tal fine viene effettuato periodicamente un prelievo di sangue per misurare il tempo di protrombina espresso come INR. In generale si raccomanda un INR compreso tra 2 e 3 in caso di fibrillazione atriale e nella prevenzione della trombosi venosa. Valori maggiori possono essere presi inconsiderazione in caso di protesi valvolare meccanica, tenendo in considerazione il rischio trombotico e il rischio emorragico del paziente. Nei soggetti con protesi valvolari biologiche in genere è considerato corretto un INR compreso tra 2 e 3 e la terapia anticoagulante può essere sospesa dopo tre mesi tenendo in considerazione il rischio trombotico del paziente.
I nuovi anticoagulanti orali (rivaroxaban, apixaban e dabigatran) rispetto ai farmaci tradizionali avrebbero alcuni vantaggi:

  1. non richiedono un controllo regolare dell’INR;
  2. hanno una rapida insorgenza dell’effetto anticoagulante (poche ore rispetto a 4-5 giorni);
  3. presentano una rapida scomparsa dell’effetto anticoagulante (24 ore rispetto ad alcuni giorni del warfarin).

Di recente sono state individuate le prime molecole “antidoto” dei nuovi coagulanti orali: per esempio adexanet blocca l’azione di apixaban e rivaroxaban; idarucizumab inattiva il dabigatran.
Tutti i farmaci anticoagulanti orali ritardando il normale processo di coagulazione, favoriscono quindi la comparsa di emorragie lievi (con la formazione di lividi oppure perdita di sangue dalle gengive o dal naso) o gravi.
Le linee guida del NICE consigliano i nuovi anticoagulanti orali come alternative di prima linea per la prevenzione dell’ictus in pazienti con fibrillazione atriale, soprattutto per coloro che hanno difficoltà a controllare la coagulazione del sangue con warfarin. Inoltre sono considerati come alternativa per i pazienti con nuova diagnosi di fibrillazione atriale che hanno un più alto rischio di ictus e per coloro che assumono l’acido acetilsalicilico per la prevenzione dell’ictus.
E’ importante segnalare che rispetto al warfarin i nuovi anticoagulanti orali hanno un minor rischio di interazione con altri farmaci, ma sono state rilevate interazioni che ne sconsigliano l’associazione con dronedarone, itraconazolo, ciclosporina, tacrolimus. Inoltre occorre cautela quando si somministrano i nuovi anticoagulanti con verapamil, chinidina, amiodarone, dronedarone, claritromicina. Sembra possibile, ma si consiglia sempre cautela, associare i nuovi anticoagulanti con atorvastatina, digossina, diltiazem, amiodarone, gli inibitori della pompa protonica e gli anti H2. In particolare è richiesta cautela se il paziente oltre ad assumere più farmaci:
– ha più di 75 anni;
– pesa meno di 60 kg;
– ha problemi di funzionalità renale;
– presenta altri fattori che possono aumentare il rischio di sanguinamento.
Il paziente deve essere educato sulle possibili interazioni farmacologiche. L’eventuale assunzione di nuovi farmaci deve essere discussa con il proprio medico. E’ altrettanto importante che il paziente non ricorra contemporaneamente all’uso a prodotti di erboristeria. I nuovi anticoagulanti orali non sono raccomandati nei soggetti:
– con ridotta funzionalità renale (dabigatran: VFG <30 ml/min; rivaroxaban: VFG <30 ml/min; apixaban: VFG <25 ml/min);
– in trattamento con farmaci che hanno dimostrato interferenze clinicamente rilevanti con i nuovi anticoagulanti orali;
– in gravidanza;
– con ipersensibilità documentata alle singole molecole;
– con emorragia in atto;
– con ipertensione arteriosa non controllata (PA sistolica >180 mm Hg e/o PA diastolica >100 mm Hg);
– patologie epatiche in fase attiva (epatite, cirrosi) incremento delle transaminasi di almeno il doppio rispetto ai valori di riferimento.
I farmaci tradizionali invece rimangono il trattamento di scelta nei soggetti già in trattamento che mantengono buoni i livelli di TTR (Time Therapeutic Range ossia la percentuale di tempo in cui i rilievi di INR risultano nel range, dando una stima dell’efficacia della terapia).
Considerati i possibili rischi associati alla terapia anticoagulante è importante che l’infermiere stabilisca un rapporto di fiducia con il paziente e spieghi l’importanza di assumere la terapia regolarmente al dosaggio stabilito per la prevenzione degli eventi tromboembolici. L’infermiere quindi oltre a raccogliere una dettagliata anamnesi deve spiegare al paziente che:
– la terapia va assunta con regolarità sempre alla stessa ora, a stomaco vuoto;
– in caso di mancata assunzione dell’anticoagulante non compensare mai la dimenticanza assumendo una dose doppia, ma segnalare la dimenticanza al medico;
– prima di un intervento chirurgico (anche di tipo odontoiatrico) occorre segnalare al medico che si stanno assumendo i farmaci anticoagulanti o antiaggreganti;
– è preferibile evitare di assumere contemporaneamente i farmaci antinfiammatori, in caso di necessità assumere il paracetamolo e comunque chiedere consiglio al medico;
– i soggetti in terapia con i nuovi anticoagulanti orali devono tenere controllata la funzionalità renale (effettuando il controllo una volta l’anno, eventualmente da ripetere ogni 6 mesi se il paziente ha più di 80 anni, ha un alto rischio emorragico o un’insufficienza renale moderata e in tutte le situazioni che possano far presupporre un declino della funzionalità renale);
– i nuovi farmaci anticoagulanti orali non interferiscono con gli alimenti. I soggetti in terapia con gli anticoagulanti di prima generazione devono invece assumere un rapporto equilibrato di frutta e verdura limitando l’assunzione di vegetali a foglia verde (spinaci, broccoli, lattuga, cavoli) perché sono ad alto contenuto di vitamina K. E’ sconsigliato il digiuno perché potenzia l’effetto anticoagulante, si raccomanda quindi di consultare il medico in caso di dieta dimagrante;
– per prevenire il rischio tromboembolico oltre alla terapia farmacologica occorre modificare lo stile di vita: smettere di fumare, tenere sotto controllo il peso e fare attività fisica sono raccomandazioni utili anche alle persone in terapia antiaggregante.
In caso di emorragia in un paziente in terapia con warfarin o con gli altri antagonisti della vitamina K, occorre sospendere il trattamento anticoagulante e in caso di emorragia grave con INR >5 si consiglia di somministrare vitamina K o di rimpiazzare i fattori della coagulazione vitamina K dipendenti con plasma fresco congelato o con concentrati di complesso protrombinico plasmatico.
In caso di emorragia in un paziente trattato con i nuovi anticoagulanti orali come detto non sempre è disponibile un antidoto, tuttavia i nuovi farmaci anticoagulanti hanno un’emivita molto breve quindi il primo intervento è sospendere immediatamente il farmaco; in questo modo si ottiene abbastanza rapidamente una riduzione dei livelli plasmatici. Comunque, ciò non è sufficiente per evitare problemi in caso di emorragie maggiori e in caso di ematomi ed emorragie intracerebrali, situazioni ad alto rischio di morte.
Fonte: IPASVI