Nei primi giorni il rischio di dislocazione è alto. Per ridurre tale rischio occorre fissare il tubo cercando di evitare una compressione eccessiva sulla cute. La stomia recente va medicata due o tre volte al giorno, ma se necessario può essere fatta anche più volte per turno. La cuffia tracheostomica va controllata almeno una volta al giorno con presidi dedicati al singolo paziente per evitare la contaminazione.
Nella gestione del paziente tracheostomizzato è importante anche un’umidificazione adeguata. Se l’umidificazione non è adeguata si può andare incontro a ostruzione della cannula. L’aspirazione è una pratica utile per rimuovere le secrezioni ma è dolorosa per il paziente e va eseguita quindi solo al bisogno. E’ sempre più frequente avere in reparto pazienti con una tracheostomia fresca ed è fondamentale che anche il personale delle aree non critiche sappia come gestirla.
Medicazione e cura dello stoma
Il rischio di dislocazione della stomia è elevato nei primi giorni: occorrono 4 giorni perché si stabilizzi una stomia chirurgica e 7 per una percutanea. Il tubo va fissato cercando di evitare una compressione (e pressione) eccessiva sulla cute: è preferibile fissarlo con gli appositi stabilizzatori, invece che con cerotti per evitare una compressione eccessiva. Le secrezioni che si raccolgono attorno allo stoma provocano rumore e gorgoglii, ma anche macerazione della cute e infezioni. La sede va pulita con soluzione fisiologica almeno ogni 24 ore e medicata con tecniche asettiche (no touch). E’ preferibile usare le medicazioni in commercio e non quelle fatte in casa tagliando la garza.
In caso di infezione si può ricorrere ad acqua ossigenata al 3% o iodopovidone in acqua. Se lo stoma è arrossato e ha essudato è preferibile fare un esame colturale, ma è inevitabile che le secrezioni si colonizzino con la flora batterica respiratoria. La frequenza della medicazione dipende dalle condizioni generali del paziente, in genere per la tracheostomia recente va fatta almeno una volta al giorno e tutte le volte che la medicazione è sporca o bagnata. Le stringhe di fissaggio vanno cambiate tutti i giorni (salvo che nelle prime 24 ore) e se bagnate, lasse o troppo strette (in genere deve essere possibile mettere un dito tra fascia e collo). E’ fondamentale garantire una buona igiene del cavo orale per evitare che batteri patogeni de cavo orale possono passare alle vie aeree inferiori e causare contaminazione delle secrezioni tracheali, e polmonite, in particolare nei pazienti ventilati.
Per le tracheostomie recenti devono essere sempre disponibili al letto del paziente una cannula tracheostomica di calibro adeguato, una pinza dilatatrice d’emergenza, strumenti e farmaci per eseguire la rianimazione cardiopolmonare.
La gestione della cuffia
I moderni tubi di tracheostomia hanno cuffie a bassa pressione, con una superficie di contatto più ampia, per evitare la compressione della parete tracheale. La giusta pressione deve evitare perdite di aria e allo stesso tempo l’aspirazione di materiale salivare. La pressione dei capillari tracheali è di circa 20 cm H2O e la pressione della cuffia non deve superare questi valori. La pressione della cuffia va controllata regolarmente (almeno una volta per turno) con presidi dedicati al singolo paziente per evitare la contaminazione (esistono sistemi per il monitoraggio continuo della pressione della cuffia). Occorre considerare che nei pazienti ipotèsi e in quelli con infezione locale la pressione di perfusione capillare si riduce, mentre le principali cause di una pressione eccessiva della cuffia sono un tubo di diametro troppo piccolo (quindi la cuffia va gonfiata di più per evitare il passaggio di aria tra ambiente esterno e trachea) e un cattivo posizionamento.
Umidificazione
Un’umidificazione non adeguata può portare all’ostruzione della cannula, a cheratinizzazione, ulcerazione della mucosa tracheale, atelettasie, alterazione degli scambi gassosi e infezioni secondarie. All’umidificazione vanno associati mobilizzazione, fisioterapia e una buona idratazione. In particolare i pazienti con tracheostomia e laringectomia sono particolarmente vulnerabili alle complicanze di una cattiva umidificazione. Quando si utilizzano i filtri scambiatori d’umidità e calore, che svolgono le funzioni normalmente deputate alla mucosa nasale, occorre prestare attenzione perché costituiscono un pabulum per la crescita di microrganismi.
I gas medicali sono erogati direttamente in trachea, oltrepassando le vie aeree superiori. Lo strato mucoso umido diventa secco e viscoso e si crea un aumento delle secrezioni e l’ostruzione delle vie aeree. La funzione ciliare viene rapidamente compromessa, inibendo il normale movimento in senso cefalico con comparsa di atelectasie e maggiore incidenza di infezioni. I filtri scambiatori d’umidità e calore di tipo passivo (per esempio i filtri Heath and Moisture Exchangers HME) sono i più utilizzati perché conservano umidità e calore in fase espiratoria e la ricedono in fase inspiratoria. Non sono sufficienti però in presenza di secrezioni molto viscose.
I filtri scambiatori d’umidità e calore di tipo attivo con o senza riscaldamento di acqua sono efficaci ma sono fonte di infezioni nosocomiali in quanto molto spesso l’acqua dei dispositivi viene colonizzata. Non è raccomandata la nebulizzazione perché somministra grandi quantità di acqua, con conseguenti atelectasie o eccessi di umidità.
Aspirazione
L’aspirazione è essenziale per il controllo delle secrezioni e per mantenere la pervietà del tubo. E’ dolorosa e stressante per il paziente e può essere complicata da ipossiemia, bradicardia, danno della mucosa tracheale e infezioni da contaminazione esterna. Va eseguita quindi solo al bisogno e con delicatezza e bisogna porre particolare attenzione nei pazienti con lesioni cerebrali, per il rischio di aumento della pressione endocranica. Si deve aspirare quando ci sono secrezioni visibili e se si sospetta l’ostruzione.
Preossigenare sempre il paziente ventilato o in respiro spontaneo con ossigeno al 100% prima di eseguire la broncoaspirazione. Si consiglia di usare pompe silenziose, di facile utilizzo e dotate di un sistema di sicurezza di “troppo pieno”, per evitare di aspirare inavvertitamente i fluidi nella pompa con eventuale rischio di danneggiarla e contaminarla. Gli aspiratori usati al domicilio devono essere leggeri e facilmente trasportabili. Può essere utile una pompa portatile con batteria, ma conviene portare con sé una pompa manuale di riserva. Quando possibile si dovrebbe stimolare il paziente a tossire ed espettorare da solo le secrezioni. Se ci sono difficoltà nel passaggio delle secrezioni si deve valutare una possibile ostruzione della cannula.
Durante la broncoaspirazione si consiglia di utilizzare sondini sterili, monouso, atraumatici, flessibili di calibro non superiore alla metà del diametro interno della cannula tracheostomica. Occorre controllare il paziente in particolare verificare che non vi siano complicanze immediate come la desaturazione, aritmie o reazioni vagali. Quando possibile, il paziente va incoraggiato a tossire prima di procedere all’aspirazione.1 Una volta inserita la cannula, è importante valutare la presenza di muco o di sfiati d’aria attorno al punto di inserimento e controllare la pressione della cuffia. Una pressione eccessiva provoca sofferenza ischemica della mucosa tracheale con possibile necrosi. La pressione di gonfiaggio della cuffia non deve superare i 20-25 cm H2O.
Una pressione troppo bassa riduce la tenuta della via aerea. Se la cuffia non è a tenuta si ascoltano rumori respiratori caratteristici, come anche si valutano le discrepanze tra i volumi inspiratori ed espiratori registrati al ventilatore. Possono essere significative discrepanze superiori al 15-20%. E’ particolarmente importante controllare la tenuta della cuffia prima di alimentare il paziente per bocca. La stomia va valutata quotidianamente. Un cercine infiammatorio o con connotazioni purulente richiede un tampone cutaneo e tamponi colturali delle vie aeree superiori. In presenza di segni di infezione sistemica (leucocitosi, febbre, interessamento organico eccetera) si dovrebbero eseguire esami colturali delle vie aeree inferiori. In genere, se non ci sono controindicazioni e i segni vitali sono stabili, si tiene sollevata la testiera del letto di 30-45 gradi, per facilitare la ventilazione, promuovere il drenaggio e prevenire la formazione di edema.
Mobilizzazione
Se il paziente è ventilato, durante le manovre di mobilizzazione è importante che i raccordi del ventilatore non tengano in trazione la tracheostomia per evitare lesioni ai lembi della ferita. Si deve controllare con l’ascoltazione o con la palpazione del torace la presenza di rumori respiratori. Inoltre occorre tenere sotto controllo costantemente la saturazione dell’ossigeno.
L’alimentazione per bocca
La cannula tracheostomica è sempre un ostacolo alla deglutizione perché impedisce l’escursione craniale e anteriore del cono laringeo e l’apertura dello sfintere esofageo superiore. Per aumentare l’efficacia della deglutizione e diminuire il rischio di aspirazioni durante i pasti, la cannula fenestrata deve essere chiusa con tappo o valvola. Durante la deglutizione la cuffia della tracheostomia va sgonfiata e nel frattempo si deve aspirare per evitare il passaggio in trachea di secrezioni raccolte a monte della cuffia.
La cuffia sgonfia (o gonfiata parzialmente) comprime l’esofago creando problemi di deglutizione, si deve quindi valutare che il paziente tolleri lo sgonfiamento della cuffia. Inoltre prima di procedere con l’alimentazione occorre valutare la deglutizione somministrando sorsi di acqua sterile per bocca e se ben tollerati (cioè se non ci sono segni di tosse, desaturazione, aumento della frequenza respiratoria) si può iniziare un’alimentazione con dieta morbida. Il paziente deve rimanere seduto, con la testa leggermente flessa.
Se non è possibile alimentare il paziente per bocca, si ricorre alla nutrizione parenterale o enterale che viene effettuata attraverso un sondino naso-gastrico ed eventualmente chiedere la consulenza di un logopedista.
Articolo tratto dagli EBN e dai Quesiti Clinico-Assistenziali Zadig