Negli ultimi anni, anche gli infermieri italiani sono stati pesantemente colpiti, come molte altre categorie di lavoratori, dal fenomeno del precariato. Co.co.co, (falsi) contratti di collaborazione a partita Iva che in realtà celano rapporti di lavoro a tempo indeterminato, assunzioni anche di pochi giorni mediante agenzie interinali, ultimamente perfino stage: molte le formule adottate per mascherare nuove forme di vero e proprio sfruttamento, dato che i salari orari tendono sempre più al ribasso.
Indignata ed esasperata la reazione non solo di molti professionisti, ma anche di alcuni collegi IPASVI.
Perché in fondo, a ben guardare, gli infermieri, con queste modalità contrattuali, vengono impiegati come tappabuchi.
Con buona pace non solo della continuità assistenziale, ma anche della crescita professionale, della specializzazione delle competenze, insomma di tutti gli obiettivi di categoria introdotti solo vent’anni addietro e già caduti in disgrazia, tanto da dover dare vita a movimenti social (e non solo) pur di riaffermarli.
Esaminando più a fondo il problema, però, si scopre di peggio.
Il livello retributivo, per un lavoratore precario, è talvolta di gran lunga inferiore a quello di un dipendente, mentre dovrebbe essere il contrario: non dovrebbero forse la flessibilità , la pronta disponibilità , la breve durata del rapporto, l’intrinseca difficoltà di adattarsi in pochi giorni a nuove realtà di lavoro, condizioni da premiare con una migliore retribuzione?
Invece no. Almeno non in Italia,  dove di recente si è scatenata una tempesta mediatica in relazione ad annunci di lavoro in cui si promettevano, a fronte di contratti di stage o tirocinio, salari di 500-600 euro mensili, in qualche caso – udite udite – accompagnati da benefits straordinari, come i buoni ristorante!
Per non parlare delle tutele dei diritti del lavoratore, quasi sempre assenti in questi contratti.
Non funziona così, invece, almeno in Inghilterra,  dove il fenomeno del lavoro a chiamata mediante agenzie interinali è estremamente diffuso e coinvolge non solo infermieri “freelance”, i cosiddetti agency nurses, ma anche gli stessi dipendenti, attraverso il sistema del Bank.
La prestazione di lavoro straordinario, infatti, nel Regno Unito non è retribuita in busta paga, né gestita dal datore di lavoro.
È invece affidata ad agenzie, che collaborano con uno o più Trust (paragonabili in alle nostre Asl od Aziende Ospedaliere) e che forniscono agli stessi infermieri “a chiamata”, selezionandoli tra quelli iscritti nelle proprie banche dati.
Per i dipendenti, l’inserimento nel sistema del Bank segue una procedura molto snella: si manifesta al proprio line manager (paragonabile al nostro coordinatore infermieristico) l’intenzione di svolgere lavoro extra secondo questa modalità ; ci si iscrive presso l’Agency (Agenzia interinale) cui il Trust si appoggia; si offre la propria disponibilità a coprire uno o più turni (nei giorni liberi) e si attende una chiamata dello stesso manager o di un infermiere senior che ne fa le veci.
La richiesta può consistere in una telefonata o, molto spesso, in una semplice richiesta verbale, nel momento in cui si sta svolgendo un normale turno di lavoro (ad esempio, il giorno prima di quello da coprire), ma è sempre necessaria anche la conferma attraverso apposite piattaforme software, per avere una tracciabilità della prestazione.
Per ovvie ragioni di familiarità con l’ambiente di lavoro e le sue procedure, viene in genere assegnata priorità ai dipendenti dell’Unità Operativa; tuttavia, nell’ipotesi di una loro carenza, il line manager potrà richiedere all’Agency infermieri esterni, seguendo la medesima procedura.
Questi ultimi potranno provenire dallo stesso Trust, da uno differente od essere 100% “freelance”, cioè non alle dipendenze di nessun ospedale, ma solo della stessa Agency.
Al termine della prestazione, l’infermiere confermerà l’effettuata erogazione del servizio attraverso la piattaforma software cui si accennava prima ed il manager autorizzerà il pagamento della stessa.
In buona sostanza, il “Bank staff” può essere costituito da infermieri interni ed esterni al Trust: per quanto riguarda i dipendenti, quindi, coprire un turno in regime di Bank significa, sulla carta, lavorare come interinale nel proprio luogo di lavoro.
L’incredibile – alle nostre orecchie – particolarità del regime, come già accennato in precedenza, risiede comunque non tanto in quanto appena scritto, ma piuttosto nel fatto che non solo gli stessi dipendenti della struttura possono svolgere prestazioni aggiuntive per il proprio datore di lavoro, ma anche per altri ospedali, sia pubblici che privati!
Non si applica infatti, in Inghilterra, il principio dell’esclusività , che obbliga invece in Italia i dipendenti pubblici a svolgere il proprio lavoro per un unico datore.
Il principio, introdotto con il D.P.R. n. 3 del 1957, è poi confluito, insieme ad altre norme, nel D.Lgs 165/2001, che ha riordinato le disposizioni vigenti in materia di rapporti di lavoro nelle Amministrazioni pubbliche.
Il principio era inteso ad evitare conflitti di interessi dei dipendenti della Pubblica Amministrazione, ma non ha fatto altro che incoraggiare, fin dal momento della sua entrata in vigore, prestazioni di lavoro in nero.
In larga parte delle economie moderne, in effetti, il livello retributivo dei dipendenti pubblici è inferiore a quello dei privati. Arrotondare un magro stipendio per sopperire a vecchie o nuove esigenze di bilancio familiare è invece una necessità che, da un momento all’altro, può accomunare tutti.
Mancando la possibilità di svolgere lavoro straordinario alla luce del sole, tuttavia, non resta altra scelta che il lavoro in nero.
Questa è la strada scelta da molti dipendenti pubblici italiani in ogni settore, compreso quello della salute: quanti infermieri smontano dal servizio e vanno ad effettuare iniezioni a domicilio “sottobanco”?
Non nascondiamo la realtà dietro una foglia di fico, per favore.
Nessuna di queste forzature è invece necessaria nel Regno Unito, dove non esistono limiti né relativamente al datore di lavoro per cui svolgere la propria prestazione, né sugli orari di lavoro, potendo, teoricamente, essere riempiti tutti, ma proprio tutti, i tempi morti della settimana. L’unico limite è la propria resistenza fisica.
Suggerisco comunque, a chiunque sia già dipendente, di offrire la propria disponibilità solo per uno o due turni di Bank al mese: non si vive solo per lavorare e bisogna sempre considerare che la stanchezza fisica e psicologica aumenta esponenzialmente il rischio di errore!
Il secondo aspetto che rende appetibile la prestazione di lavoro mediante il sistema del Bank sta nella migliore retribuzione del lavoro ordinario.
Retribuzione che viene erogata – spalancate gli occhi, è tutto vero – settimanalmente (in genere di venerdì, o comunque entro il venerdì successivo)!
Il salario medio orario varia a seconda dell’Agency cui si iscrive e della commissione percepita dall’Agenzia stessa per il servizio, ma le differenze tra le agenzie non sono sostanziali e sono comunque correlate all’esperienza dell’infermiere. Volendo quantificare, per un turno diurno infrasettimanale un band 5, un infermiere inquadrato nel livello contrattuale minimo, percepirà da un minimo di 18-19 sterline (lorde) fino ad un massimo di 22-23, per arrivare alle circa 30 di un turno domenicale.
Molti infermieri hanno quindi deliberatamente scelto, conoscendo il suddetto meccanismo, di non essere dipendenti di alcun Trust, ma di rimanere collegati esclusivamente ad una o più agencies, proprio in virtù dei migliori guadagni che ne derivano, guadagni che, in ogni caso, nel 2016 sono stati ridotti di un 30%, come parte di una serie di tagli disposti per razionalizzare e contenere le spese nell’ambito dell’NHS.
Interinali sì, ma di lusso, insomma, visto che un infermiere specialist band 6, come, ad esempio, un anaesthetic nurse, può arrivare a guadagnare fino a 600 sterline per un long day di 12 ore (almeno così mi è stato raccontato).
Altro che stagisti o tirocinanti a 600 euro…al mese. Non è raro, poi, che alcuni infermieri provenienti da altri Paesi dell’Unione Europea e già registrati presso l’NMC scelgano esclusivamente questa strada lavorativa, anche perché, in virtù della flessibilità dell’orario e dei giorni di lavoro, consente di lavorare pochi giorni al mese in Inghilterra, trascorrendo il resto del tempo nel proprio Paese (e con la propria famiglia), intascando comunque somme ragionevoli.
E’ infine possibile per un infermiere aprire anche una propria company, un’azienda con regime di responsabilità limitata, fornendo i propri servizi come Limited Company Agency Nurse, senza alcun legame di dipendenza con altri datori di lavoro.
Non consiglierei, comunque. a nessuno dei colleghi italiani di venire in Inghilterra per lavorare esclusivamente secondo la modalità dell’Agency nurse, a meno che non si conosca già bene la lingua, si abbia familiarità con il sistema inglese per via di precedenti esperienze e si preveda di non rimanere a lungo nella Nazione.
Al di là dell’aspetto retributivo, infatti, essere dipendenti a tempo indeterminato di un Trust, offre opportunità , in termini di crescita professionale, supporto lavorativo, tutele dei diritti, sicurezza retributiva, imparagonabili a quelle di chi è iscritto ad una Agency, il quale, ad esempio, non è pagato se è in ferie od in malattia.
In ogni caso, la retribuzione è certa, è rapida, comprende anche il versamento delle imposte e dei contributi previdenziali: il lavoratore non dovrà sbrigare alcuna pratica, non dovrà fare alcuna fila in alcun ufficio.
Grazie a questo sistema il Regno Unito non ha conosciuto, né conoscerà , le piaghe delle false collaborazioni a partita IVA, del lavoro nero, di professionisti della salute assunti con stage o tirocinio e pagati con buoni mensa.
O non pagati affatto.