Che si decida di andare in vacanza in Inghilterra o di viverci (e lavorarci) stabilmente, bisogna sempre considerare che l’imprevisto può capitare e che, per un improvviso malessere o per un incidente, ci si debba recare dal medico o, più frequentemente, presso un Pronto Soccorso (A&E) inglese.
In quanto cittadini italiani e dell’Unione Europea, non dobbiamo temere che, al momento della dimissione, ci venga presentato il conto da pagare: la tessera sanitaria e, sul retro della stessa, la Tessera Europea di Assicurazione Medica (TEAM o, in inglese, EHIC, European Health Insurance Card) ci garantiscono una copertura totale.
Una buona ragione per portarvela sempre con voi nel portafoglio.
Chi paga per noi? Mamma Italia (e lo zio Servizio Sanitario Nazionale), naturalmente! Tra gli Stati membri dell’Unione Europea (e la Svizzera), vige infatti un regime di reciproco riconoscimento dei servizi sanitari offerti agli stranieri che non sono residenti, ma sono al tempo stesso cittadini delle Nazioni facenti parte dell’Unione medesima.
Pertanto, così come l’Italia rimborserà l’Inghilterra per una prestazione effettuata ad un vacanziere a Londra, lo stesso (al contrario) avverrà se un turista di Sua Maestà dovesse ammalarsi a Roma.
Tale regime trova applicazione, con alcune variazioni, anche ai residenti in Inghilterra, a condizione che sia stata effettuata l’iscrizione all’AIRE, il Registro degli Italiani all’estero.
Invece di criticare in modo distruttivo le istituzioni che ci governano e la sanità in particolare, pensiamo perciò, almeno ogni tanto, a quale straordinaria conquista di civiltà rappresentino ed a quanto dobbiamo quotidianamente combattere per preservarle e migliorarle.
Soprattutto dopo che, dal 23 Ottobre, alcune disposizioni sul trattamento dei pazienti stranieri sono state modificate, per cui, anche nei casi di urgenza, con riguardo ai pazienti “overseas” extracomunitari, sia il personale amministrativo che quello clinico sono tenuti ad “operare il massimo sforzo” per ottenere il pagamento anticipato della prestazione sanitaria, salvo che l’urgenza non sia ulteriormente differibile.
L’NHS, così come il nostro SSN, sono infatti servizi sanitari pubblici e generalmente gratuiti, ma tale regola non è sempre applicabile a tutti. La normativa è molto articolata e complessa e contenuta in un documento ufficiale, aggiornato periodicamente dal Department of Health (il Ministero della Sanità inglese), denominato “Guidance on implementing the overseas visitor charging regulations“.
Per chi volesse approfondirne la lettura (non credo che saranno molti gli entusiasti), lo potete trovare e scaricare gratuitamente a questo link ufficiale:Â Â https://www.gov.uk/government/publications/guidance-on-overseas-visitors-hospital-charging-regulations
Mi sono preso la briga di leggerlo ed esaminarlo nella parte che ci interessa più da vicino, in quanto cittadini italiani; per rendere la lettura più digeribile, ho diviso questa piccola guida in due sezioni: la prima riguarda i turisti, la seconda i cittadini italiani residenti in UK.
Breve avvertenza: farò sempre riferimento all’Unione Europea, ma le normative che tratterò in seguito riguardano anche i cittadini di altri Paesi, come l’Islanda e la Norvegia.
1. TURISTI ITALIANI IN VACANZA NEL REGNO UNITO.
Come già accennato in precedenza, una condizione fondamentale per recarvi in Pronto Soccorso a cuor leggero (per l’aspetto relativo al pagamento, non per la vostra condizione di salute!) è che portiate con voi e che mostrate al personale addetto all’accoglienza, in genere un receptionist, la Tessera Sanitaria Europea.
Se ciò, malauguratamente, non avvenisse, sappiate che vi verrà presentata la fattura dei servizi erogati, che sarete tenuti a pagare immediatamente, salvo poi la possibilità di chiedere il rimborso allo Stato italiano, a meno che non siate “ordinariamente residenti” in UK, come vedremo in seguito.
Fuori da questa premessa, tutti i trattamenti sanitari necessari fino alla data del ritorno sono gratuiti, compresi quelli di maternità prenatali e postnatali e la dialisi. Qualora il paziente-visitatore fosse in una condizione di instabilità clinica che ne possa compromettere la sopravvivenza, l’NHS garantisce comunque l’assistenza ed i trattamenti necessari fino alla completa stabilizzazione.
I trattamenti gratuiti non comprendono però i “dental fees”, ovvero alcune prestazioni odontoiatriche, l’acquisto degli spectacles”, ovvero degli occhiali, ma soprattutto le prescrizioni dei farmaci. Per questi ultimi, in particolare, si applica l’NHS Charge, ovvero la tariffa unificata che, fino al 1 Aprile 2018, è 8.60£ (si tratta però di una cifra che viene aggiornata a rivalutata annualmente) riguarda tutti i farmaci, nessuno escluso: alcuni dei più popolari, come l’ibuprofene od il paracetamolo, potranno quindi essere preferenzialmente acquistati “over the counter”, vale a dire in una farmacia, come quelle della famosa catena Boots, dove costano molto, ma molto meno.
Per quanto riguarda i trattamenti pianificati, come gli interventi chirurgici non urgenti, esistono invece altre regolamentazioni. La prima è quella contemplata dalla Direttiva 2011/24/UE, per cui si potrà esercitare il diritto di ottenere la prestazione sanitaria in un altro Paese dell’Unione Europea, presso un soggetto pubblico o privato, senza chiedere l’autorizzazione allo Stato di appartenenza, ma sostenendone i costi e poi chiedendo il rimborso al Paese di origine.
Altre soluzioni solo quelle previste dalla S1 ed S2 “Route” (percorso), nei quali il cittadino dell’Unione Europea che voglia ottenere la prestazione sanitaria in UK (od in altro Paese dell’Unione) detiene uno dei due moduli, denominati appunto S1 ed S2.
Quest’ultimo è frutto di un accordo, quindi di un’autorizzazione preliminare, tra il Regno Unito e lo Stato di appartenenza del richiedente il trattamento, che si accollerà quindi tutte le relative spese. L’accordo prevede anche consultazioni preliminari con la struttura nella quale si intende ricevere il trattamento richiesto (ad esempio, un trapianto d’organo); affinché il trattamento sia coperto dallo Stato di appartenenza, tuttavia, è necessario che la struttura sia pubblica. All’arrivo, il paziente dovrà inoltre esibire il modulo S2, altrimenti saranno garantiti solo i trattamenti necessari, mentre quelli programmati resteranno interamente a pagamento.
Il modulo S1 trova invece applicazione ai pensionati britannici residenti fuori dai confini, ai lavoratori inglesi distaccati dal proprio datore di lavoro presso un altro Paese dell’Unione Europea (e viceversa), nonché a partner e figli di lavoratori distaccati in UK, quindi ad una minoranza di casi, nei quali, comunque, viene garantita una copertura anche di tutte le prestazioni sanitarie programmate.
2. I CITTADINI ITALIANI RESIDENTI NEL REGNO UNITO.
Se decidete di emigrare, sappiate che, se volete evitare inutili complicazioni, dovete essere diligenti e rispettare le normative di due Nazioni: Italia e Gran Bretagna.
In primo luogo, i cittadini italiani residenti all’estero devono contemporaneamente registrarsi all’NHS (recandosi da un GP, come vedremo tra un attimo) ed iscriversi all’AIRE, l’Anagrafe dei residenti all’estero. Quest’ultimo è un obbligo previsto dalla legge, che, nel caso in cui si intenda risiedere in UK, deve essere assolto entro 90 giorni, pena (parecchie) complicazioni dal punto di vista fiscale, in cui potrete incorrere anche a distanza di anni, essendo soggetti – nel caso non siate residenti – alla tassazione da parte di entrambi i Paesi.
L’iscrizione all’AIRE vi priverà del diritto di ricevere trattamenti sanitari non urgenti in Italia e vi cancellerà automaticamente dalle liste del vostro medico di famiglia, in quanto potrete esercitare il medesimo diritto in Inghilterra: andate dunque dal GP (General Practitioner) più vicino o comunque di vostra preferenza e registratevi. In caso contrario, potrete accedere solo alle cure dell’A&E o di un Urgent Care Service con servizio di walk-in, in pratica una sorta di punto di Primo Soccorso, in cui non è richiesta la registrazione.
Vivere e lavorare in UK, ovvero – secondo la normativa – essere ordinariamente residenti in questo Paese non vi esonera, anche in questo caso, dal pagamento dei farmaci o delle prestazioni odontoiatriche, ma solo dal pagamento dei servizi “planned” e di “secondary care”, ovvero quelli programmati e non urgenti, come, per esempio, le visite di follow-up dopo un trattamento effettuato in regime di urgenza.
L’Italia continuerà a pagare tutte le vostre cure, purché vi siate registrati all’AIRE!
Non sarà neppure necessario produrre, al momento dell’accesso presso una struttura sanitaria, la Tessera Sanitaria e quella di assicurazione europea, ma sarà sufficiente dichiarare i propri dati personali.
Il concetto di ordinaria residenza, per la normativa inglese, è determinante, ma piuttosto indefinito nei suoi contorni. In altri termini, è piuttosto generico e può essere soggetto a verifiche da parte degli organi competenti, caso per caso. Tuttavia, in linea generale, si può considerare ordinariamente residente un cittadino straniero che viva legalmente e volontariamente in Inghilterra e che abbia organizzato la sua vita in modo stabile in questo Paese. Si considera normalmente, ma non necessariamente, un residente ordinario in UK chiunque vi trascorra un periodo di almeno sei mesi l’anno, ma un cittadino dell’Unione Europea potrebbe benissimo essere considerato tale sin dal primo giorno.
La qualifica precedentemente descritta si estende anche ai figli che non vivano nel Regno Unito, a condizione che venga dimostrato che vivono abitualmente con entrambi i genitori, ma non ai partner/coniugi, che avranno invece diritto solo alle prestazioni sanitarie necessarie.
Spero che queste informazioni vi possano essere utili, ma il mio augurio è che non vi debbano mai servire davvero!