Mettiamo che si individui la necessità di fornire una figura di supporto all’infermiere.
Mettiamo che l’obiettivo sia nobile: evitare che l’infermiere si riduca a svolgere mansioni alberghiere e possa concentrarsi sulla pianificazione dell’assistenza infermieristica.
Mettiamo che si decidano di attribuire a questa figura, previa idonea formazione, anche attività di somministrazione di terapie, tranne quelle endovenose.
Una storia già trita e ritrita, penserete.
Non mi sto riferendo, tuttavia, alle figure ben conosciute, in Italia, dell’Oss e dell’Oss specializzato, bensì al suo nuovo equivalente inglese, il nursing associate.
Le croniche e gravi carenze organiche dell’NHS hanno da sempre costituito terreno di elaborazione di strategie politiche volte a colmare in tutti i modi queste lacune, tanto da arrivare ad estendere a dismisura – rispetto ad altri Paesi europei – le competenze degli infermieri, introducendo le figure del nurse practitioner, prescriber e del nurse consultant, cui sono attribuite competenze dapprima riservate alla sola figura medica.
In questi ultimi anni, invece, è proprio la categoria infermieristica, i cui numeri, in UK, sono inversamente proporzionali alla sofferenza manifestata, ad essere oggetto di numerose innovazioni, volte a creare nuove figure che possano alleggerire il carico dei lavoro dei professionisti ed evitare la piaga di un demansionamento crescente.
In questo contesto, l’introduzione del nursing associate costituisce la novità più importante delle politiche del Department of Health e del Secretary of State, Jeremy Hunt.
Nel 2017, infatti, il Ministro inglese, in quella che definì una storica riforma della forza lavoro della sanità , annunciò un piano per la creazione di un nuovo ruolo, intermedio – anche in termini contrattuali – tra gli infermieri e le loro tradizionali figure di supporto, gli healthcare assistants.
Il progetto prevedeva la formazione di ben 12.000 operatori, attraverso un programma di studi biennale, imperniato anche su una robusta esperienza di tirocinio.
Il quadro delle competenze dei nursing associates avrebbe dovuto essere definito dall’NMC, il Registro inglese, che in effetti, già ad Ottobre del 2017, elaborò la prima bozza del Code of proficiency, aggiornato, in quella che dovrebbe essere la versione definitiva, proprio nei giorni scorsi.
Nel Code, che possiamo considerare molto vicino ad un mansionario, questa nuova figura viene abilitata, oltre che alle mansioni alberghiere, come l’igiene dei pazienti ed il rifacimento letti, a somministrare terapia orale, topica, intradermica e sottocutanea, ma non intramuscolare ed endovenosa, né a gestire infusioni endovenose, oppure ad inserire cateteri vescicali o sondini nasogastrici, come si era pure inizialmente ipotizzato.
L’aspetto essenziale della nuova disciplina risiede, tuttavia, nell’attribuzione all’associate di accountability: in altre parole, gode di autonomia e responsabilità nell’ambito delle sue competenze.
E’ per tale ragione che l’NMC istituirà per loro un registro separato, prevedendo una quota di iscrizione ed esercitando nei confronti di questa categoria poteri disciplinari, identici a quelli già previsti nei confronti dei qualified nurses.
Questi ultimi, peraltro, coordineranno e delegheranno compiti a questi nuovi operatori sanitari, al fine di eseguire il piano assistenziale, ma non saranno tenuti a supervisionarne l’attività .
Sotto il profilo della responsabilità civile, si potrebbe pertanto affermare, allo scopo di facilitare la comprensione, ma trapiantando impropriamente categorie giuridiche dell’ordinamento giuridico italiano, che gli infermieri possano essere chiamati a rispondere, nei confronti degli associates, di culpa in eligendo (ovvero nella scelta dell’operatore competente o meno ad eseguire un determinato compito), ma non di culpa in vigilando, cioè di sorveglianza nell’esecuzione delle attività .
Non vi è alcun dubbio che i nursing associates offriranno un validissimo supporto agli infermieri britannici; non è senza motivo, che la loro introduzione è stata salutata positivamente anche dalle parti sindacali.
Restano però enormi interrogativi sul disegno complessivo del Department of Health, in cui si inserisce la novità normativa.
Non è un mistero, infatti, che, se da un lato il varo della figura dell’associate è stato sostenuto attraverso investimenti milionari, è altrettanto un dato di fatto, dall’altro, che lo stesso impegno non è stato evidenziato dal Governo Tory nella formazione di nuovi qualified nurses britannici.
Al contrario, lo stesso Ministero Hunt si è reso responsabile, nel 2016, del taglio delle bursaries, ovvero delle borse di studio che finanziavano gli studi universitari, e del loro rimpiazzo con i loan, vale a dire con prestiti bancari (non a fondo perduto), generando un crollo delle nuove iscrizioni presso i corsi di nursing, pari al 23% nel 2016/17 e del 18% nell’anno accademico seguente.
Il Ministro della Salute inglese (Secretary of State) Jeremy Hunt.
Ulteriore elemento di perplessità proviene anche dagli importanti piani di inserimento di infermieri overseas, come quello del costo di 10 milioni di sterline, che dovrebbe portare 200 nuovi nurses filippini a lavorare in Irlanda del Nord nel quadriennio 2016-2020.
La sensazione, insomma, è quella che, nel tentativo di colmare, almeno in parte, le croniche e gravi carenze (stimate in 40.000 infermieri nella sola Inghilterra) dell’NHS, il Department of Health abbia scelto soluzioni penalizzanti per i giovani inglesi e per tutta la categoria infermieristica britannica in generale.
Non c’è perciò da stupirsi se la pay deal offer, ovvero la proposta di rinnovo stipendiale nel contratto pubblico, che vedrebbe un incremento annuo del 2%, inferiore all’attuale tasso di inflazione, sia stata bocciata a maggioranza (almeno sui social media) da una comunità professionale, sentitasi attaccata ai fianchi per l’ennesima volta.
Per quanto riguarda gli immigrati italiani nel Regno Unito, dubito che l’introduzione di questa nuova figura possa agevolare l’inserimento lavorativo Oltremanica: vista l’inclusione nel Registro NMC e l’adesione al Code of Conduct, anche per gli associates overseas, ovvero provenienti dall’estero, saranno richiesti gli stessi requisiti linguistici (certificazione IELTS ed OET) e con gli stessi livelli previsti per i qualified nurses.
La versione definitiva del Code of proficiency, comunque, non è stata ancora adottata: c’è perciò da attendersi ulteriori ritocchi, prima dell’approvazione finale.