Prevenzione e trattamento dello stravaso di farmaci anti-neoplastici

Si definisce stravaso l’accidentale infiltrazione di un liquido o un farmaco dal sito della venipuntura al tessuto sottocutaneo circostante. Lo stravaso dei farmaci antineoplastici è una complicanza rara ma rilevante, principalmente per la possibilità di causare necrosi dei tessuti, infezioni, danni ai tendini e nervi circostanti la zona di stravaso e a volte ritardi nella prosecuzione dell’iter terapeutico. L’incidenza di stravasi da vene periferiche è stimata fra lo 0.1% e il 6.5%. È essenziale che coloro i quali sono coinvolti nella somministrazione di farmaci antineoplastici abbiano adeguate conoscenze e un adeguato training. Ciò può garantire la riduzione al minimo del rischio di stravaso e un appropriato intervento nell’eventualità che quest’ultimo si verifichi.
Per “flare reaction” si intende una reazione locale caratterizzata da rossore alla sede d’infusione o lungo la vena e spesso è associata a una sensazione di prurito e bruciore. Il reflusso venoso rimane buono. Sembra interessi il 3-6% dei pazienti che ricevono doxorubicina o daunoblastina. In molti casi la reazione è transitoria, generalmente dura circa 30-90 minuti e nell’ 86% dei casi si risolve in 45 minuti. In letteratura non c’è uniformità nella classificazione delle sostanze a seconda del loro potenziale tossico in caso di stravaso. È, inoltre, necessario tenere in considerazione i diversi fattori che contribuiscono a determinare la gravità del danno secondario allo stravaso: quantità di farmaco nella sede dell’infiltrazione, concentrazione del farmaco, tempi e modalità d’intervento. Gli effetti tossici che si possono avere in seguito a uno stravaso vanno da temporanea irritazione/dolore locale sino a necrosi severe con danno a nervi e tendini. Le sostanze irritanti causano un danno tissutale che però si risolve velocemente perché sono rapidamente inattivate o velocemente metabolizzate. Le sostanze necrotizzanti causano un danno molto più grave perché, per il loro meccanismo d’azione, rimangono a lungo nel tessuto.
È necessario che l’infermiere abbia adeguate conoscenze circa le gestione delle linee infusionali sia periferiche che centrali, un’adeguata abilità tecnica nella venipuntura, conosca come prevenire gli stravasi e come riconoscere immediatamente segni e sintomi. Anche le condizioni cliniche del paziente possono aumentare il rischio di stravaso. Spesso le vene dei pazienti sottoposti a più cicli di chemioterapia diventano fragili e si rompono facilmente.
In seguito ad interventi chirurgici o radioterapia il paziente può presentare un linfoedema e il flusso ematico dell’arto interessato può risultare alterato. Pazienti con una neuropatia causata da diabete o da precedenti somministrazioni di Alcaloidi della Vinca possono non sentire il dolore e il bruciore che si verificano in caso di stravaso. I protocolli di chemioterapia prevedono la somministrazione di farmaci antiemetici i quali possono causare uno stato di sedazione e per il paziente diventa difficile segnalare l’eventuale stravaso. Questo problema si presenta anche nei bambini molto piccoli e nei pazienti che parlano solo una lingua straniera e non riescono a comunicare eventuali segni o sintomi.

Segni e sintomi

I segni e sintomi degli stravasi sono ben documentati in letteratura. Il primo segno è notato dal paziente stesso, il quale riferisce una sensazione di bruciore o dolore alla sede d’infusione. All’osservazione si nota un leggero rossore, la cute appare a chiazze, può presentare un rigonfiamento e al tatto si nota un aumento della temperatura locale. Si può avere un indurimento della zona e desquamazione. Chi somministra il farmaco può, inoltre, notare una differente pressione d’infusione, con un aumento della resistenza e un non reflusso ematico. Non intervenendo lo stravaso può evolvere in una lesione ulcerativa necrotica che richiederà un trattamento chirurgico. Per poter intervenire adeguatamente è necessario differenziare lo stravaso di chemioterapici da altre reazioni.

Trattamento

  • sospendere immediatamente l’infusione ai primi sintomi e/o segni di stravaso
  • tentare di aspirare il farmaco stravasato lasciando in sede il cateterino venoso utilizzato per l’infusione
  • applicazioni termiche per 15-20 minuti 3 o 4 volte al giorno per 48-72 ore (fredde o calde a seconda del farmaco stravasato)
  • immobilizzare e posizionare in scarico l’arto interessato per 48 ore
  • somministrare antidoti farmacologici specifici per via topica e/o sottocutanea tramite microiniezioni o per mezzo del cateterino in situ
  • tentare la rimozione del farmaco dal tessuto sottocutaneo tramite tecnica di “flushout”: la tecnica consiste nell’infiltrare la zona interessata con anestetico locale e Jaluronidasi, praticare diverse incisioni intorno alla zona di stravaso, utilizzare una cannula a punta tonda con fori laterali per creare tunnel sottocutanei tra un’incisione e l’altra, instillare 20-50 cc di Soluzione Fisiologica 0,9% da ogni incisione in modo da lavare i residui di farmaco e farli uscire tramite le altre incisioni
  • predisporre un “kit” per lo stravaso, contenente gli antidoti e la procedura d’intervento
  • documentare l’evento e il trattamento (eventualmente fotografando la sede o segnando l’area di stravaso e predisponendo un modulo per la raccolta dati)
  • rivalutare periodicamente la zona fino a completa risoluzione del problema

Lo stravaso di farmaci chemioterapici è un evento possibile e con conseguenze anche molto gravi. Il tempestivo riconoscimento e trattamento sono le armi più efficaci per contrastare i danni che ne possono derivare.
È fondamentale che gli infermieri coinvolti nella somministrazione di questi farmaci abbiano adeguate conoscenze teoriche e una buona abilità pratica.
La letteratura inoltre ci suggerisce che l’utilizzo di strumenti, quali linee guida e “kit” per lo stravaso, possono facilitare l’approccio al problema e garantire un trattamento adeguato e standardizzato.
 
Fonte: ebn e revisioni della letteratura