CREA Sanità: forte divario Nord-Sud, per FNOPI la differenza maggiore è a livello territoriale

Il ranking dei Servizi sanitari regionali, prodotto per la VI edizione (2018) del Progetto “La misura della Performance dei Ssr”, condotto dal C.R.E.A. Sanità dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, ha promosso vede i servizi sanitari di Trento, Bolzano, Toscana, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Veneto nell’area dell’ “eccellenza”. Sicilia, Molise, Puglia, Basilicata, Campania, Calabria, Sardegna sono invece nell’area “critica”. Valle d’Aosta, Marche, Liguria, Umbria, Piemonte, Lazio, Abruzzo si posizionano in un’area di Performance “intermedia”.

Il progetto misura a performance dal lato della domanda e non dell’offerta (pubblica). Si tratta di un metodo di valutazione multi-dimensionale e multiprospettiva, che “media” le valutazioni di diversi stakeholder del sistema, producendo un indice sintetico di performance per ogni Ssr.

Il ranking è prodotto da un panel qualificato di esperti che conta 100 rappresentanti delle diverse categorie di stakeholder (tra cui la presidente FNOPI, Barbara Mangiacavalli): ‘utenti’, ‘istituzioni’, ‘professioni sanitarie’, ‘management aziendale’ e ‘industria medicale’. Le dimensioni prese in considerazione sono quella sociale (equità), esiti, appropriatezza, innovazione ed economico-finanziaria.

Il progetto evidenzia come il divario Nord-Sud nel Ssn italiano, trovi una nuova declinazione nei criteri di misurazione della performance. In ogni caso, il gap tra chi opera in Regioni in sostanziale equilibrio e chi in Regioni in piano di rientro, pur rimanendo una maggiore “aspettativa” fra i primi, tende a ridursi, proporzionalmente al progressivo superamento delle condizioni di “ritardo” delle Regioni in piano di rientro.

Complessivamente i livelli di soddisfazione (degli esperti del panel) rispetto alle performance attuali sono relativamente scarsi: anche i migliori risultati regionali raggiunti, sono considerati lontani da una performance ottimale, soprattutto nella prospettiva degli utenti e delle istituzioni; professionisti sanitari e management aziendale invece risultano più “realisti” rispetto ai livelli raggiunti.

 I risultati

Nel tempo, si è ridotto il contributo della dimensione economico-finanziaria alla performance (14,3%), un processo iniziato in corrispondenza proprio del risanamento finanziario dei Ssr, ed è cresciuto quello degli esiti (23,1%), evidentemente in concomitanza alla diffusione del Programma Nazionale Esiti (PNE) e alla diffusione di una crescente cultura del monitoraggio statistico della dimensione esiti. In questa annualità è continuato a crescere il contributo della dimensione sociale (equità), che ha raggiunto il 26,1%.

L’appropriatezza continua ad essere allineata agli esiti (22,8%). La dimensione innovazione, continua a riscuotere un “favore” relativo, contribuendo il 13,8%, probabilmente a causa degli indicatori elaborati, definiti dal panel ancora non perfettamente rappresentativi. Analizzando il contributo per categoria di stakeholder, si nota che gli utenti sembrano dare maggior importanza al sociale e all’appropriatezza (circa il 50%) e poi a innovazione, esiti ed economico-finanziaria. Le istituzioni ritengono che oltre il 65% del contributo alla performance sia associato al sociale (33,9%) e agli esiti (31,6%), seguiti da appropriatezza (20,0%) ed economico-finanziario (11,7%). Decisamente modesto è il contributo della dimensione innovazione (2,8%).

Le professioni sanitarie attribuiscono invece all’appropriatezza quasi un terzo (27,2%) del peso della performance. Seguono gli esiti (24,3%) e l’innovazione (19,3%). Modesto è invece il contributo del sociale e dell’economico-finanziario (15,8% e 13,3% rispettivamente).

Il management aziendale ritiene essere l’appropriatezza la dimensione che contribuisce maggiormente alla performance, con il 31,0%, seguita dagli esiti con il 23,4%, dal sociale con il 20,7%, e dall’economico-finanziario con il 16,0%. L’innovazione è invece quella che contribuisce in minor misura (9,0%).

Infine, i rappresentanti dell’industria medicale attribuiscono un maggior peso all’aspetto equitativo (31,3%), all’innovazione (19,2%), agli esiti (18,1%).

Appropriatezza ed aspetto economico, per questa categoria, contribuiscono complessivamente alla performance per circa un terzo (16,4% e 14,9% rispettivamente).

Mangiacavalli: “Ancora una volta il grande assente è il territorio”

“Siamo ancora difronte alla questione Nord-Sud nell’assistenza. E questa volta sul piano delle performance dei servizi sanitari giudicate da utenti, Istituzioni, professioni sanitarie, management aziendale, industria medicale. Un peso ancora più severo visto che si tratta di chi è in prima linea ogni giorno nell’assistenza e di chi l’assistenza la riceve. E per questo i dati dovrebbero far pensare di più al cambio di modello di assistenza sanitaria ormai indifferibile nei fatti oltre che nella sostanza. Un giudizio che rende ineluttabile la necessità di evitare disuguaglianze e soprattutto di pensare a un nuovo modello più funzionale di assistenza”.

Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche, tra i cento stakeholders scelti da CREA Sanità per valutare le performance dei servizi sanitari nel rapporto 2018 del Consorzio per la Ricerca Economica Applicata in Sanità dell’Università di Roma Tor Vergata, conferma il suo giudizio non entusiasta: anche i migliori risultati regionali raggiunti, sono infatti ben lontani da una performance ottimale.

“Abbiamo visto dai risultati dell’analisi che le performance dei professionisti si confermano tra i risultati migliori che il Ssn ottiene: sull’indicatore relativo alla quota di persone molto soddisfatte dall’assistenza medica e infermieristica degli ospedali o dei servizi delle Asl è stato espresso un livello di accordo alto o assoluto dal 35,8% dei votanti. Il 100% degli utenti ha espresso un giudizio medio-alto (il più importante direi perché gli assistiti sono il nostro primo e più importante confronto), lo stesso per l’85,7% delle Istituzioni, il 73,7% del management aziendale e l’80% dell’industria medicale. Tra i professionisti il 90,5% ha espresso un giudizio medio-alto”.

Centralità paziente

“Le conclusioni dei ricercatori del CREA Sanità sottolineano la centralità del paziente, l’importanza di valutare la qualità e la soddisfazione per le cure erogate come problema primario, ma di difficile quantificazione soprattutto a livello territoriale. Tutti i gruppi hanno sottolineato la necessità di integrare l’indicatore con la parte territoriale e le proposte avanzate si possono riassumere nella soddisfazione per la presa in carico del paziente con problemi sanitari complessi o cronici, di continuità di cura e riabilitativa, ma anche la necessità di incrementare gli indicatori di esito delle cure ospedaliere: per questo gli infermieri hanno chiesto l’inserimento nel Programma nazionale esiti di una serie di esiti infermieristici”.

“E’ da tempo ormai – ricorda Mangiacavalli – che chiediamo lo sviluppo dell’assistenza sul territorio. Anche implementando il ruolo dell’infermiere ad esempio, come avviene ormai in molte Regioni, con l’infermiere di famiglia e di comunità per mantenere e migliorare, come dicono le stesse delibere regionali che già l’hanno previsto, l’equilibrio e lo stato di salute della famiglia, nella comunità, aiutandola a evitare o gestire le minacce alla salute. Tutto questo nonostante le ultime sacche di chi è ancora legato a gestioni ormai obsolete e fuori tempo che giustifica con motivazioni che professionalmente non hanno più ragione nemmeno di essere pensate. Un lavoro svolto in un team multi-professionale nel quale operano i medici di medicina generale, l’infermiere di cure primarie, medici specialisti di riferimento per la patologia e altri professionisti non medici a seconda delle specifiche esigenze dell’assistito”.

“Un team  – sottolinea Mangiacavalli – che opera in stretta collaborazione con la medicina di comunità per garantire l’operatività del raccordo con i settori specialistico, sociale, le risorse comunitarie  e per garantire un’azione snella e flessibile nella rilevazione dei bisogni, la continuità e l’adesione alle cure, la sorveglianza domiciliare e la presa in carico dell’individuo e della famiglia con l’intento di evitare inutili ricoveri, favorire la deospedalizzazione, presidiare l’efficacia dei piani terapeutico-assistenziali, allo scopo di migliorare la qualità di vita della persona nel suo contesto di vita”.

“E’ questo – conclude Mangiacavalli – ciò che serve. E d’altra parte anche CREA Sanità ritiene i giudizi dei professionisti (assieme al management) ‘decisamente più realisti’ rispetto ai livelli raggiunti”.

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