Riceviamo e pubblichiamo la testimonianza integrale di un nostro ex collega:

“Mi chiamo Luca, vivo nel nord Italia e vi scrivo questa mail per esprimere le motivazioni per le quali ho deciso di lasciare la professione infermieristica.

Parto subito col dire che non sono di quelli che “hanno avuto la vocazione” o che considerano questo il lavoro più bello e gratificante del mondo, e ce ne sono tanti che come me. Bene o male sapevo (in parte) ciò a cui sarei andato incontro, avendo una madre infermiera che mi ha messo in guardia sul lavoro dell’infermiere, turni, doveri e tutto il resto. Già dal percorso di studi universitario siamo stati imbellettati da discorsi utopici come “voi dovete essere la generazione del cambiamento”, “non fate gli errori degli altri solo perché li fanno anche loro”, “imparate a dire no”. Facile dopo una carriera finita e alle porte della pensione, lasciarci con queste pacche sulle spalle e tante vane speranze.

Finalmente mi laureo, sono pronto a entrare nel mondo del lavoro pieno di entusiasmo, dopo anni di esami (per metà inutili ai fini della professione) e tirocini non retribuiti, lavorando sui turni e svolgendo lo stesso lavoro degli altri. Ma ok, fa parte del gioco. Nonostante tutto è un mestiere che mi piace e faccio con gioia. Supero i tirocini con entusiasmo da parte dei tutor e mi laureo con un buon voto. Trovo lavoro presso una grossa realtà, una casa di riposo, tutto all’ultimo grido, pulito e all’apparenza perfetto. Finisco in un reparto composto per metà da pazienti in coma e per metà geriatrici. Ci sono due infermieri per la terapia, uno nell’ala dei comatosi e un altro in geriatria, mentre altri due affiancati da un un OSS ciascuno eseguono l’igiene e il giro letti. Qui iniziano i problemi. La terapia va fatta DI CORSA, con parenti che ti subissano delle più assurde e inique richieste perché VIZIATI dal personale mentre tu, ultimo arrivato, nemmeno associ ancora i nomi a volti dei pazienti, figuriamoci dei parenti! Non si dovrebbe in alcun modo disturbare chi prepara e somministra la terapia, ma loro devono essere primi sempre. Non gli importa. Oltre a questo le figure degli OSS, che sono un discorso a parte. Prepotenti, saccenti e sempre pronti a farsela e fartela dietro.

Lavoro sotto contratto UNEBA (una cosa ai limiti dell’illegalità, secondo me), 6 giorni su 7, e finisco a fare turni perennemente nell’igiene dei comatosi, in quanto non sono abbastanza veloce con la terapia (che mette tutti i miei ex colleghi in crisi) e i parenti non mi vedono di buon occhio. Perché ricordarsi ogni minuzia mentre fai altro è facile, no? Quindi mi trovo 6 giorni su 7 a mobilizzare (anche in carrozzina, con ausili certo, ma è lo stesso sfiancante) pazienti comatosi, fargli l’igiene e lavarli al letto per poi tornare a casa distrutto e svuotato dentro, tra la fatica fisica e la pressione psicologica di dover correre e tenere a mente tutte le iniquità che mi chiedono i parenti. Gli infermieri sono gli operai della sanità, camerieri.

In mezzo al fuoco incrociato di ausiliari, medici, pazienti e parenti. Finché saremo visti eseguire l’igiene, somministrare la terapia, PULIRE PER TERRA, mobilizzare e dare i pasti, l’impressione che arriverà ai non addetti ai lavori è che siamo dei tutto fare con la laurea. Anzi, la maggior parte delle persone nemmeno sa che ad oggi l’infermieristica è un percorso di studi universitario. Ai medici e agli OSS sembriamo quelli che dicono sempre di si, perché è vero, pur di evitare casini si dice di si. E la frustrazione sale.
Ho visto e sentito situazioni e richieste al limite del ridicolo, come ad esempio di parenti che pur di far cambiare il paziente lo bagnavano apposta. Non sto scherzando. La “caposala”, che caposala non era ma solo una infermiera che stava più simpatica alle persone giuste, non capiva cosa volesse dire fare il giro di igiene ogni giorno e quando gliene parlavo se ne fregava. Evidentemente non sapeva come gestire la cosa in altro modo. Bel modo di gestire il tuo personale. Dopo 5 mesi ho dato le dimissioni. Sono giunto alla conclusione non valeva la pena lavorare a questi ritmi 6 giorni la settimana, avere non un weekend intero ma solo una domenica al mese libera, tornare a casa distrutto per 1.400 Euro al mese e rimetterci la serenità e la salute. E magicamente, come per darmi il contentino mi hanno fatto fare terapia nell’ala geriatrica per una settimana appena prima che me ne andassi. Ma wow. Ma andatevene affanculo.

Qualche tempo dopo torno alla carica, apro la Partita IVA perché trovo lavoro in una casa di riposo proprio a due passi da dove abito, pochi pazienti e clima tranquillo, così pareva.
La situazione si presenta da subito drammatica. Durante l’affiancamento, per fretta di dover fare terapia, le infermiere mi dicono che l’unico loro modo di fare le medicazioni è rimuovere la precedente, e se non ci sono problemi evidenti, senza detergere né disinfettare, applicare la nuova già preparata in serie assieme alle altre che occorrono sul carrello. Tutte uguali. Così, in meno di mezz’ora ci si porta a casa 6-7 medicazioni. SENZA DISINFETTARE. Mi viene detto che posso addirittura rubare dei farmaci se ne ho bisogno. Condizioni igieniche ai limiti dell’accettabile e personale per la maggior parte pessimo. Ho iniziato a capire che si tratta di una costante. OSS che, mentre sono col medico mi vengono a dire che hanno bisogno della mia assistenza per fare un bagno, insistendo e si mettono a discutere col medico. Infermiere che lavorando MALE e di FRETTA lasciano non si sa come le siringhe di insulina nella scatola dei guanti nuovi, ma vabbé l’importante è far vedere ai parenti che la terapia è stata somministrata, sorrisetto e via. Persone che appena uno lascia la stanza ne parlano male. OSS che finché hanno bisogno di aiuto quasi implorano o sono anche scorbutici, ma quando di aiuto ne hai bisogno tu fanno orecchie da mercante. O che, visto che lavorano da molti anni, pensano di saperne più di te, che ti sei fatto in quattro per la laurea mentre loro sono fermi ai vecchi metodi. ESTICAZZI NO?
Io come potrei diventare padrone del mio lavoro? Non ascoltano, vanno per la loro strada. Dovrei fare quello che mi dici, e se qualcosa va storto però, il culo che salta è mio! Dopo poco vengo lasciato a casa, per loro non sono abbastanza “smart”. Ovvio, meglio lavorare nello sporco, con pazienti che cadono una volta a settimana per la fretta. Medici che se ne fregano se un paziente cade dal letto la perché la notte va in agitazione e scavalca le spondine cadendo, se gli si mettono ulteriori contenzioni i parenti si lamentano. Col risultato che il paziente viene imbottito di farmaci, è confuso e sonnolento tutto il giorno, ma la notte non dorme, non fa dormire gli altri pazienti e cade una settimana si e una no. O che del tuo parere se ne fregano. Potrei andare avanti per pagine intere, così come potrei descrivere delle ridicole “offerte di lavoro” in altre case di riposo nelle quali si è lasciati soli con SETTANTA pazienti, o che avremmo dovuto anche pulire per terra. Ficcateci una scopa nel culo già che ci siete, no? Turni in cui arrivi alla fine con la testa che pulsa e zero energia in corpo. Concorsi pubblici per 2 posti in cui si presentano in migliaia. Per cosa, per guadagnare meno di un metalmeccanico che tutte queste responsabilità non le ha? Non c’è soddisfazione, la retribuzione non è assolutamente adeguata, siamo spremuti come limoni e la posizione non è riconosciuta come dovrebbe. Ci si portano a casa solo stress, stanchezza e frustrazione, e a volte anche odio verso i pazienti.
Questa è la professione nella maggior parte dei casi, anche ascoltando i racconti dei miei ex compagni di studi. Durante le mie esperienze mi sono sentito discriminato, ho lavorato male pur di adeguarmi ai ritmi di lavoro frenetici e senza sentirmi sicuro del mio operato, e senza sentirmi al sicuro io e senza che i pazienti fossero in effettiva sicurezza. Perché, lavorando di fretta e male, non si può andare da nessuna parte. E poi sinceramente, pulire culi fino al giorno in cui avrò bisogno che sia pulito anche il mio, non è il mio ideale di carriera. L’infermiere è una professione stressante e usurante, con un carico di enorme responsabilità e lavoro, da effettuare in poco tempo e affidata a personale risicato nei numeri e spesso anche nei presidi. Lasciamo stare, meglio cambiare del tutto professione e ricominciare da zero. Ho capito che un ambiente di persone non coese nel perseguire il bene della categoria non è destinato a cambiare.

Beati voi illusi che questo è “il lavoro più bello del mondo”.

19 Comments

  1. Giustissimo ed esatto tutto quello che ha scritto, confermo la realtà delle case di riposo. Non si assume personale giusto e la pressione e così costante che non ti si da più la possibilità di essere lucido. Io mi trovo nella stessa situazione. Sono talmente delusa e satura di acudire male dei corpi di persone non più recuperabili che vengono tenuti in vita solo per guadagno. Anch’io da un mese a questa parte penso di cambiare o riprofilarmi come professionista anche se ho 46 anni .

  2. Mi riferisco allo sfogo del ragazzo, perché non pensare di emigrare come mio figlio? lavora in UK da 3,5anni e si trova benissimo , apprezzato dai colleghi e con uno stipendio di tutto rispetto.

    • Si ma questa non è la soluzione al problema. Se ognuno di noi emigrasse non avremmo risolto nulla a livello di cambiamento necessario per darci valorizzare e tutelare come professionisti. Saremmo gli ennesimi italiani che vanno via dal loro paese non per fare esperienze nuove e gratificanti ma per scappare da una situazione immobile e che nessuno ha il coraggio di voler cambiare. Bella cosa davvero… Forse in questo caso è meglio a sto punto cambiare completamente e lasciare i mediocri al loro destino.

  3. Io invece avevo la vocazione! Me ne resi conto quando, fin da bambina, mi intrufolavo nell’ambulatorio di mio padre (medico condotto) per “aiutarlo” … Iniziai a lavorare in un Consultorio Familiare, dove ho dovuto re-imparare una professione, perchè ti insegnano a fare l’Infermiere di Ospedale non di Consultorio, dove l’attività principale è la “prevenzione” in tutte le sue forme, anche organizzare Corsi pre-parto o pro-allattamento. Ma forse anche per questo mi piaceva ancora di più il mio lavoro. Dopo 10 anni però ho dovuto fare una scelta, ho dovuto mettere sulla “bilancia dei valori” la mia famiglia che cresceva e il mio lavoro…. scelta difficile e senza alternative! La famiglia vince la sfida mentre il lavoro ripiega su orari d’ ufficio in mezzo a montagne di carte…. TUTTO AVREI IMMAGINATO, tranne che la mia Professione sarebbe tornata utile in un ufficio di segreteria scolastica nel 2018, DOVE LEGGI ASSURDE MI COSTRINGONO A FARE IL LAVORO DELLA SANITA’ NELL’ISTRUZIONE! ovviamente con stipendio nettamente inferiore!

  4. Io vorrei fare il percorso inverso. Posso sapere come hai avuto accesso al Consultorio e all’ufficio scolastico? Io davvero pagherei oro. Ma con la laurea in infermieristica come si può lavorare fuori da un reparto o da una casa di riposo? Se leggi ancora questo sito ti prego rispondimi

    • Se posso risponderò io. Premetto che la cosa non è semplice poiché già dal corso di laurea ci hanno prospettato solo 2 macro percorsi lavorativi: l’ospedale (nel quale non tutti sono adatti a lavorare) e il territorio (inteso però come RSA o casa di riposo, molto più raramente ADI). Questa dicotomia non è di aiuto al professionista che si sente, giustamente, ingabbiato (come mi sento io) in una scelta che non trovo né giusta ne tantomeno completa. Le possibilità sono molteplici, ora è possibile con i nuovi decreti poter fare l’infermiere di famiglia / comunità ma questa cosa è ancora in cantiere, ma ci si può provare sentendo i vari medici di base e valutare con loro una collaborazione. Vi sono anche molte aziende, soprattutto di grandi dimensioni, che al loro interno hanno infermieri nel caso un lavoratore possa averne bisogno per malesseri piuttosto che infortuni. Si può lavorare anche per le grandi aziende che propongono crociere (Costa, MSC, etc) ma qui i requisiti linguistici sono stringenti. Si può lavorare anche in missioni per ong in paesi poveri (principalmente africani). Si può lavorare per aziende di presidi (pannoloni, medicazioni etc) in regime anche di dipendenza con vari benefit (telefono e auto aziendali).Insomma vi sono una moltitudine di sbocchi l’importante è buttarsi, non perderai di animo e avere sempre in mente quello che a noi farebbe piacere fare. Non siamo tutti adatti alle varie corsie, nuclei ma non per questo siamo meno infermieri. Un saluto !

  5. La più grande fregatura di questo lavoro, è che dopo una laurea di 3 anni, quando anche arrivi in fondo e capisci che la realtà lavorativa è una merda, non puoi spendere il tuo titolo di studio in altro….

    E’ una gabbia! L’infermiere è un lavoro che deve piacere, o sei adatto o non lo fai e soffri come vedo nel mio caso.

  6. Leggo con interesse e dispiacere allo stesso tempo perché mi ritrovo più o meno nella tua situazione.
    Volevo chiedere a te e a chiunque voglia rispondermi, come sfruttare la laurea in infermieristica per altri percorsi universitari.
    Grazie

    • Cara Ema, ti capisco e capisco ogni commento qui sopra. Ho 26 anni, non ho avuto la vocazione ma il lavoro mi piaceva e aiutare le persone mi fa stare bene. Dopo la laurea sono finita in un’RSA per due anni e ho vissuto un incubo. Turni di lavoro massacranti, decisamente illegali, nessun riconoscimento, paga da miseria, straordinari che si volatizzano. Ho iniziato ad avere problemi di ansia legati alla responsabilità che mi sentivo addosso, io, unica infermiera in una struttura di 50/60 malati, il medico che non esiste, equipe che non ti ascolta. Ho dovuto lasciare, ero arrivata a insonnia e inappetenza… Ora sono disoccupata da due mesi e il solo pensiero di riprovarci mi fa stare male, sento dalle esperienze di colleghi che all’incirca la situazione è sempre la stessa, dal pubblico al privato. Mi chiedo cosa posso fare con questa laurea, mi spiace di aver buttato tempo e denaro in una professione che ora detesto, specie se ripenso a tutti i discorsi filosofeggianti che ci propinavano all’università. La realtà è bene diversa e io mi sento senza speranza, non voglio trascorrere una vita con un lavoro che mina la mia salute fisica e mentale.

  7. SALVE MI CHIAMO ROSA HO 35 ANNI, SONO INFERMIERA DA 13 ANNI LAVORO COME INFERMIERA HO LAVORATO NEL REPARTO DI CHIRURGIA PER 10 ANNI E POI PER MOTIVI DI SALUTE SONO STATA SPOSTATA IN AMBULATORIO, TUTTO BENE FINO A 2 ANNI FA QUANDO UN COLLEGA MI PRESSAVA E MI STRESSAVA IL COSIDDETTO MOBBING 1 ANNO FA HO AVUTO UN TRASFERIMENTO IN UN SERVIZIO SUL TERRITORIO TUTTO BENE IL LAVORO MI PIACEVA SENTIVO DI AVERCELA FATTA MA 2 MESI FA TUTTO E’ FINITO MI SI DICE CHE IL MIO CARATTERE NN E’ COMPATIBILE CON IL TIPO DI LAVORO QUINDI ERA MEGLIO PER ME TROVARE UN ALTRA SOLUZIONE. VOI COSA NE PENSATE?

  8. Come vi capisco. Sono ormai 25 anni che svolgo questo lavoro e non mi è mai pensato così tanto .Concordo con tutto ciò che hai scritto.,(anche se io lavoro in ospedale,la situazione è la stessa. Vedo giovani inf arrivare con tanto entusiasmo e spegnersi subito dopo. Consapevoli che ciò che gli hanno detto in realtà sono solo parole. Dico francamente che oggi conviene fare l’oss. Meno caz**.Meno frustrazione.

  9. Ciao a tutti , ho 45 anni e come voi infermiera al limite !
    Dopo anni in ospedale ( anche gratificanti devo dire ) mi sono ritrovata per motivi famigliari di gestione a lavorare in RSA è in cooperative . Per carità !
    Contratti pietosi e condizioni di lavoro assurde .
    Io ho gettato la spugna
    Sono al secondo anno di Scienze dell’educazione e formazione. Spero di fare altro tra circa un anno..
    non è stato facile rimettersi a studiare ma dopo la triennale è un master in coordinamento e non avere soddisfazioni.. ho preferito dirottare . Avrò fatto bene ? .. ve lo saprò dire . Ma me lo dovevo .. ero al limite !
    In bocca al lupo a tutti noi

  10. Ciao a tutti è vero ,tutto quello che dite , io ho iniziato in ospedale e avevo tanti colleghi che facevano mobbing, dagli attacchi di panico ho deciso di licenziarmi ,aprire partita iva e lavorare sul territorio in ADI ,ma non sei mai veramente libera ,devi sottostare sempre a qualcuno ,a colleghi ,i quali ancor peggio che in ospedale pensano solo a sé stessi , quindi non sei libero neanche di sceglierti le ferie quando vuoi ( assurdo in più che non me le pagano ) ,sembrano dei falchi pronti ad attaccarti alla prima caduta. E poi quante responsabilità sulle spalle per pochi soldi .. a posteriori non ne vale la pena, se potessi tornare indietro ,sceglierei un altro indirizzo universitario. Peccato ,sicuramente non continuerò così fino alla pensione

  11. Ciao a tutti, sono ormai agli sgoccioli del tirocinio del primo anno di infermieristica e che dire, sono completamente distrutto. Ho avuto la fortuna di finire in un ospedale di provincia pubblico e come ambiente di lavoro poteva andare molto peggio. Il problema in se è proprio il lavoro che ho dovuto fare, mentre all’università ci hanno riempito di concetti come professionista intellettuale mi sono invece ritrovato a cambiare pannoloni in tutti i turni del pomeriggio e della notte. Questo perchè a detta del mio tutor è giusto che io dia una mano agli OSS per finire il giro prima. Non sono per niente soddisfatto di questa esperienza perchè mi sono fatto il culo all’università per poi finire a pulire i culi nella realtà. Non voglio assolutamente denigrare la figura dell’OSS che reputo essenziale nella sanità, allo stesso modo non trovo giusto che gli studenti siano costretti a saltare da fare l’infermiere all’OSS perchè io mi sono iscritto e sto investendo tanto tempo, energie e soldi per fare la professione infermieristica e non quella dell’OSS.

    • Siamo assolutamente d’accordo con quanto detto. Essenzialmente, in molte realtà, esiste anche una carenza di personale OSS che i vertici aziendali pensano di coprire demansionando la figura infermieristica. E, proprio per questi motivi, ci sono un sacco di sentenze che danno ragione agli infermieri che vengono risarciti proprio per demansionamento. Se accadesse qualcosa di questo tipo bisogna sempre farlo presente e, in un modo o nell’altro, rendere consapevole il tutor o l’infermiere che una tale condotta è del tutto sbagliata.

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