Contraffacevano la loro documentazione medica: l’azienda sanitaria per la quale lavorano, o meglio lavoravano, li licenzia.
È accaduto all’Ospedale Civile dove due dipendenti sono stati raggiunti dal più grave dei provvedimenti disciplinari perché sorpresi a falsificare i certificati e le ricette che avevano a disposizione in quanto utenti della sanità e non solo lavoratori ospedalieri.
Nei guai sono finiti un tecnico di radiologia e un’infermiera. Grazie al maquillage della loro documentazione medica i due cercavano di ottenere agevolazioni assistenziali o addirittura il riconoscimento della non idoneità a svolgere determinate attività.
Un trucco che però ha avuto vita breve. L’azienda ha infatti riconosciuto che in quella documentazione qualcosa non andava e, dopo i dovuti controlli, per i due dipendenti non poteva che esserci l’epilogo peggiore.
«Tutti questi certificati medici sono stati contraffatti in maniera molto maldestra perché questi lavoratori – spiega Fausto Maggi, direttore del servizio Affari generali e legali dell’Asst Spedali Civili – non sono dei falsari ed e quindi molto facile accorgersi della cosa».
Quelli dei due operatori sanitari non sono gli unici casi di licenziamento nel 2018. Negli ultimi mesi un altro lavoratore è stato lasciato a casa dal nosocomio perché, invece di utilizzarlo per assistere un familiare malato (legge 104), impiegava un permesso speciale per altre finalità. Per trovare altri licenziamenti disciplinari bisogna risalire al 2015: a casa in questo caso fu lasciato il classico furbetto del cartellino. Il dipendente timbrava, ma poi non prendeva effettivamente servizio.
Nel decennio tra il 2004 e il 2014 poi ci sono stati altri 7 licenziamenti: quattro per assenze reiterate e ingiustificate, uno per aggressione fisica, un altro per produzione di certificati medici contraffatti e un altro ancora per grave violazione delle capacità professionali.
«A fronte di condotte di questo tipo – commenta Ezio Belleri, direttore generale del Civile – è evidente che il rapporto di lavoro non possa essere portato avanti. In ogni caso, lasciare a casa dei lavoratori, non è una decisione che si prende a cuor leggero».
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