Lui, infermiere esperto dell’azienda sanitaria, è uno degli addetti all’assistenza domiciliare. Si occupa – per chiarire – di visite, cure e medicazione a casa di pazienti con situazioni cliniche delicate. Secondo l’accusa, però, lui spesso a casa di quei pazienti non ci va, non lavora o lavora soltanto alcune ore. Un assenteista, quindi, che il tempo sottratto al lavoro da infermiere lo investe in un secondo impiego, presso una cooperativa del settore agro alimentare.
La vicenda emerge nel 2015 quando per l’infermiere assenteista scatta l’arresto in flagranza: gli inquirenti lo beccano mentre svolge la sua seconda attività lavorativa, in cooperativa, nelle ore in cui avrebbe dovuto essere in servizio all’Asl. Per Giuliano Laghi, 58 anni e residente ad Avenza, si apre il processo. L’uomo deve rispondere di truffa aggravata ai danni dello Stato (per aver svolto un altro lavoro nelle ore di servizio e non avere prestato assistenza ai pazienti). Il pubblico ministero Alberto Dello Iacono gli contesta anche il peculato d’uso perché – sostiene – per raggiungere la sede della coop ha utilizzato l’auto che gli metteva a disposizione l’Asl per le visite domiciliari.
Ieri in aula, davanti al collegio giudicante (Augusto Lama, presidente, Fulvio Biasotti e Valentina Prudente a latere) la responsabile organizzativa del servizio infermieristico domiciliare ha ricostruito le modalità con cui quel servizio viene gestito e ha fatto il punto sui pazienti “in carico” a Laghi e sui documenti che lo stesso Laghi compilava. In particolare l’attenzione si è concentrata sul cosiddetto “carico di lavoro”. È nell’interrogatorio del teste da parte del pm e nel controinterrogatorio di Luca Lattanzi, avvocato di Laghi, che emergono con chiarezza tesi accusatoria e tesi difensiva. Secondo il pubblico ministero sul “carico di lavoro” l’infermiere registra le prestazioni domiciliari eseguite e , nel caso dell’imputato, non ci sarebbe corrispondenza tra quelle registrazioni e le firme apposto nelle cartelle cliniche a casa de pazienti. Secondo la difesa, invece, nella gestione del lavoro, l’infermiere gode di una certa “elasticità”, e il carico di lavoro è una sorta di agenda in cui l’infermiere annota gli impegni e non necessariamente tutte le prestazioni rese. La difesa sostiene infatti che Laghi svolgesse il suo lavoro e che, solo terminate le visite, andava alla coop per un ruolo non retribuito.
Tesi diverse, quindi, su cui il collegio giudicante vuole ulteriore chiarezza: il presidente Augusto Lama ha, infatti, chiesto ad Asl di indicare il dirigente che svolse il procedimento disciplinare a carico dell’infermiere. Il giudice ritiene, infatti, che quel dirigente vada sentito. Ha chiesto inoltre che siano rintracciati tutti i pazienti che erano “in carico” a Laghi per verificare se qualcuno sia in condizione di testimoniare a processo. La prossima udienza è stata fissata a febbraio.
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