«La Svizzera mi espelle perché sono cittadina italiana, lo sono sempre rimasta, e perché con la mia espulsione risparmierebbe sulla pensione. Ho settant’anni e problemi di salute: sono invalida al 60 per cento. Sono vedova dal 2008 e se fossi costretta a tornare in Italia non avrei diritto alla pensione di reversibilità di mio marito e non saprei dove andare. Mi è stato negato il ricongiungimento con i miei figli».
Teresa Labianca abita a Chiasso. Parla come una persona che non si è ancora riavuta da una sorpresa indigesta. Sa che la sua permanenza nella Confederazione è appesa a un filo; un filo che porta alla Corte federale penale, ultimo approdo dopo la serie infinita di ricorsi che Teresa ha presentato contro il provvedimento che vorrebbe il suo allontanamento, coatto e definitivo, dalla patria di Guglielmo Tell. Originaria della provincia di Bari, oltre alla pensione per avere lavorato per venticinque anni come infermiera all’ospedale di Basilea, percepiva una pensione complementare (Assicurazione vecchiaia superstiti). Una prestazione che oltre al trattamento finanziario prevede anche quello sanitario.
Nel 2015 un fulmine cade sulla donna dal terso cielo della Confederazione: da Bellinzona l’Ufficio della migrazione le comunica la revoca del permesso di soggiorno. Motivazione: Teresa percepisce la prestazione Avs (considerata un “aiuto sociale”) e per questo motivo viene allontanata. La revoca viene confermata dal Consiglio di Stato (in pratica il governo cantonale). Assistita dalla figlia Lucia, forte di studi giuridici, Teresa Labianca inizia la guerra dei ricorsi. In quello al Tribunale cantonale del Ticino viene eccepito un conflitto d’interessi. Il direttore del Dipartimento delle istituzioni (e dunque anche direttore dell’Ufficio della migrazione che ha revocato il permesso di soggiorno) e nel contempo il presidente del Consiglio di Stato che ha confermato il provvedimento, sono la stessa persona: Norman Gobbi, deputato delle Lega dei Ticinesi, di cui sono note le posizioni in materia di immigrazione. Nel 2016 il ricorso viene respinto. Nuovo ricorso l’anno dopo, questa volta al Tribunale federale. La sentenza che lo respinge portata la data del 12 giugno 2018. «Il giudice – dice Teresa Labianca – che l’ha firmata è Hans Georg Seiler. Appartiene al Svp, Schweizerische Volkspartei, l’Unione democratica di centro. Nel Parlamento nazionale la Lega dei Ticinesi, il partito di Norman Gobbi, rappresenta il gruppo Svp. Ho fatto ricorso a Tribunale federale chiedendo la ricusazione del giudice. A decidere è stato lo stesso Seiler, che ha respinto la ricusazione di se stesso e confermato che me ne devo andare». Il 22 giugno del 2018 scatta per Teresa Labianca l’allontanamento coatto, termine ultimo il 22 luglio.
«Per giorni mi sono trovata con i poliziotti in casa, a controllare se c’ero, anche alle dieci e mezzo di sera. Oppure erano i vicini a dirmi che erano passati». Fino a quando, il 27 agosto, firma («Costretta a farlo») un foglio di partenza «per destinazione sconosciuta». Il 31 ottobre Teresa Labianca tenta la carta di una denuncia contro l’Ufficio della migrazione. Il 28 novembre il sostituto procuratore generale della Confederazione Ruedi Montanari firma un decreto di non luogo a procedere: «Non emergono indizi di reato ma contestazioni in merito alla presunta applicazione arbitraria del diritto amministrativo come pure un operato negligente e discriminatorio da parte degli enti chiamati un causa». È il 10 dicembre quando parte un nuovo ricorso di Teresa Labianca. Questa volta alla Corte federale penale. L’ultima spiaggia.