Un camice non basta a fermare le aggressioni fisiche e verbali al Pronto soccorso. A prendersela con un infermiere in servizio all’area di emergenza dell’ospedale di Latisana, l’altra mattina, è stato il figlio di una paziente che era giunta in seguito a una caduta. In preda all’ira, lo ha minacciato, strattonato e ferito a un braccio.
In seguito a una chiamata alla centrale operativa, il personale sanitario aveva soccorso la donna, vittima di un infortunio, e l’aveva trasportata in ambulanza nella prima mattinata. Una volta sottoposta ai primi accertamenti, la paziente era stata trasferita nell’area di osservazione: occorreva infatti escludere che a seguito del trauma si potessero verificare conseguenze più gravi per la donna.
Proprio per questo motivo, il medico che l’aveva visitata le aveva suggerito di rimanere coricata, evitando di muoversi per qualche tempo. Ma la paziente non ne voleva sapere di stare immobile a letto.
«Ha chiesto di potersi alzare per andare in bagno – spiega l’infermiere che ha subito l’aggressione – le ho risposto che non era il caso e che le avremmo fornito i dispositivi necessari, ma alle sue insistenze, ben presto si sono aggiunte quelle del figlio che la stava assistendo.
Quest’ultimo ha cominciato a irritarsi e ad alzare la voce – è il racconto dell’infermiere – urlava insulti nei miei confronti e nei confronti degli altri colleghi». L’infermiere ha cercato di ricondurlo alla ragione, ma per tutta risposta è stato aggredito e minacciato.
«Ti riempio di botte. Ti spacco la faccia» continuava a ripetergli l’uomo, mentre lo afferrava per il braccio e lo strattonava con violenza e intanto gli strappava il cartellino identificativo dalla divisa. Nel frattempo, l’altro paziente e i parenti osservavano la scena terrorizzati.
«Sono riuscito a divincolarmi e a riportare la calma nell’area di osservazione, anche perché dovevamo occuparci un altro malato che era in attesa, assieme ai parenti, ma ho temuto che la situazione potesse degenerare» è il racconto dell’infermiere che in seguito all’episodio è stato visitato e medicato dal personale del Pronto soccorso, quindi dimesso con una prognosi di cinque giorni.
E mentre cercavano di riportare la calma in ospedale, i colleghi avevano già provveduto a chiedere l’intervento dei carabinieri che sono sopraggiunti poco dopo per raccogliere le testimonianze. «Purtroppo non è la prima volta che succede – lamenta il professionista – ma questo è demotivante dal punto di vista professionale. Mentre cerchiamo di occuparci della salute della gente dobbiamo subire tutto questo» ammette tristemente.
È un argomento, quello delle condizioni di sicurezza del personale sanitario e medico che il Nursind, sindacato della professioni infermieristiche, ha già affrontato in passato.
«Le aggressioni al personale stanno aumentando in tutte le realtà – ammette il segretario provinciale Afrim Caslli – soprattutto al Pronto soccorso e al Csm, ma anche sul territorio. Questo ci preoccupa, abbiamo chiesto più volte di potenziare la sicurezza e creare un presidio per garantire l’incolumità di medici e infermieri. A tutt’oggi non abbiamo avuto risposta».