Per due volte dopo aver saputo del decesso, gli amici di Gora Thiam, il senegalese morto in ospedale il 15 gennaio, hanno fatto irruzione nel reparto di Malattie Infettive, minacciando gli operatori e creando scompiglio tra i pazienti. I parenti dell’uomo invece hanno minacciato gli impiegati della direzione di presidio pretendendo di avere immediatamente la cartella clinica senza rispettare la tempistica di legge di 7 giorni. E quanto sostiene l’azienda sanitaria.
E poi c’è stata l’occupazione dell’atrio dell’ospedale, una scena mai vista a Livorno: quella mattina nessuno ha chiesto di incontrare i vertici di viale Alfieri ma c’è stata una sorta di irruzione nell’ufficio del direttore Luca Carneglia.
Per questo l’Asl ha dato mandato al suo ufficio legale, guidato da Luca Cei, di presentare un esposto alla Procura della Repubblica.
Lo ha spiegato Maria Letizia Casani, direttore amministrativo dell’azienda e direttore generale in pectore. «Il comportamento tenuto nei giorni scorsi da alcuni membri della comunità senegalese è stato poco rispettoso delle istituzioni sanitarie – ha voluto sottolineare Casani – hanno attaccato in modo inaccettabile i nostri operatori e l’azienda nel suo complesso. È stato invaso a più riprese il reparto, spaventando e minacciando il personale, con possibile grave disturbo allo svolgimento della normale attività. Questo non può essere accettato. Per questo faremo un esposto alle autorità competenti».
Il paradosso di questo fatto è che l’ospedale, la sanità livornese, il reparto di Malattie Infettive e i suoi operatori ne escono beffati, oltreché offesi. «Le pesanti critiche che sono state fatte sono profondamente ingiuste – ha evidenziato Casani -. Il comportamento della comunità senegalese è stato poco rispettoso di un lavoro importante e ben fatto da parte del sistema sanitario: per 5 mesi – ha ricordato il direttore amministrativo – Thiam è stato ricoverato nelle nostre strutture, curato bene da una malattia impegnativa. A novembre è stato dimesso doveva ripresentarsi a un controllo a dicembre, ma non l’ha fatto. Si è presentato poi al pronto soccorso in una condizione molto grave. E’ stato ripreso in carico dal reparto e accompagnato fino al decesso. C’è stata un’accoglienza totale, è subentrato un rapporto affettivo col personale. La comunità senegalese avrebbe dovuto apprezzare questo prezioso lavoro e invece ha attaccato in maniera inaccettabile tutta la struttura».
«Anche dopo il decesso – ha continuato il direttore – il comportamento degli operatori è stato rispettoso delle regole, sono stati chiamati due volte entrambii numeri che ci erano stati indicati, è stato lasciato un messaggio telefonico. Nessuno ha risposto, né ha mai richiamato. Quando poi il Comune ci ha chiesto il supporto per la riesumazione del cadavere, immediatamente siamo intervenuti rilasciando il parere decisivo».