Spinte, schiaffi, strattonamenti: un infermiere su 10, in Italia, ha subito violenza fisica sul lavoro nell’ultimo anno e il 4% è stato minacciato con armi da fuoco. Mentre uno su due afferma di aver subito un’aggressione verbale, come insulti o parole mortificanti e umilianti. Sono questi i risultati, allarmanti, del questionario “Workplace Violence in the heath sector”, predisposto dall’Onu e somministrato in Italia dal sindacato Nursing up, i cui risultati sono stati presentati a Roma, nel corso di un convegno nella Sala Capitolare del Senato. L’indagine è stata condotta con un questionario online, a cui hanno risposto 1.010 iscritti al sindacato nell’arco di 9 mesi, da ottobre 2018 a luglio 2019. Il 79% di chi ha risposto era donna.
Tra gli obiettivi dell’indagine, acquisire informazioni sul livello di violenza nel settore della sanità e individuare politiche appropriate per fronteggiarla. “La violenza ai danni del personale sanitario è un’emergenza non più rinviabile”, spiega il presidente del Nursing Up Antonio De Palma.
La violenza fisica nella maggior parte dei casi (77 sui 113 segnalati dagli intervistati) è stata opera del paziente, in parte minore è stata invece operata dai suoi parenti (26). Per quanto riguarda la violenza verbale, circa la metà del campione (473 persone) afferma di averne subito nell’ultimo anno, e non si è trattato di un solo episodio, ma di ripetuti. Dall’analisi emerge che la risposta all’aggressione verbale è quasi assente, e in alcuni casi gestita male, mentre di contro i lavoratori riferiscono che ha generato un forte stress. Nel caso della violenza fisica, invece, 18 persone su 113 hanno risposto che non è stata offerta loro neppure una consulenza psicologica. In entrambi i casi, sia di violenza fisica che verbale, i lavoratori coinvolti riportano sintomi riconducibili al Disturbo Post Traumatico da Stress, riferendo di sentirsi soli ed isolati.
A fronte di questa situazione, la proposta di Nursing Up, spiega il presidente De Palma, “è di introdurre la denuncia d’ufficio da parte degli enti sanitari che devono anche costituirsi parte civile nei procedimenti penali a carico degli aggressori, e la creazione di osservatori ad hoc in ogni Azienda sanitaria con il compito di monitorare il fenomeno per l’eventuale istituzione di servizi di sorveglianza h24”
“Stiamo lavorando alla Camera per portare a termine il prima possibile la legge contro le aggressioni ai danni degli operatori sanitari” perché “la sanità non può essere un terreno di battaglia”. Tuttavia, “siamo anche consapevoli che la legge da sola non basta”, ha detto Maria Lucia Lorefice, presidente della Commissione Affari Sociali della Camera, intervenendo alla presentazione dell’indagine.
La legge presentata dall’ex ministro Grillo i cui due punti fondamentali sono un osservatorio nazionale per quantificare e localizzare gli episodi e la modifica del codice penale, con l’introduzione di aggravanti di pena per chi aggredisce personale sanitario durante lo svolgimento del servizio ” da sola non può risolvere il problema, riteniamo anche necessari interventi su molti fronti. In primis bisogna tornare a investire nel Sistema Sanitario”.
“La persona che assume un atteggiamento aggressivo – ha detto Giovanni Grasso, presidente dell’ordine degli infermieri di Arezzo, intervenuto in rappresentanza della Federazione nazionale (FNOPI), che ha anche illustrato come ulteriori soluzioni al problema quelle descritte nel decalogo FNOPI contro la violenza sugli operatori – è un soggetto che non si sente compreso e vuole esprimere questo disagio. Gli operatori della salute devono essere formati per evitare episodi di rabbia e aggressività incontrollata. Oltre alla formazione del personale un ruolo fondamentale lo giocano le istituzioni che devono dare risposte concrete in termini legislativi. Chiediamo al governo un’accelerazione sul disegno di legge, fondamentale per mettere un freno alla violenza subita dagli operatori sanitari e che si possa arrivare ad ottenere dei luoghi di lavoro sicuri. Portiamo avanti – ha concluso – un messaggio unico che possa riassumersi in #rispettachitiaiuta #NOallaviolenzasuglioperatoridellasalute”.
“Oltre ai dati importanti sulle aggressioni nei confronti degli infermieri, che a una prima lettura sembrano addirittura maggiori rispetto a quelli nei confronti dei medici, si aggiunge un dato molto interessante, forse da noi sottostimato: una parte rilevante di queste aggressioni è frutto o causa di rapporti tra colleghi o tra infermieri e dirigenti. Si apre quindi un nuovo spaccato nel dramma della violenza nei confronti degli operatori sanitari”, ha detto Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo).
“Medici e infermieri, ha aggiunto, sono due grandi professioni che possono, con sinergia, riuscire a dare un’assistenza di qualità elevata ai nostri cittadini. E questo lo possiamo fare solo se agiamo insieme, nel rispetto delle reciproche competenze e dei rispettivi ruoli. Le due professioni oggi sono chiamate a rendere il più possibile fattibile un diritto straordinario per i cittadini che è quello alla salute. Questo non lo garantisce lo Stato ma i professionisti, ed è la missione che dobbiamo assolvere insieme”.
Il sindacato Nursing Up ha anche lanciato la campagna social ‘No violenza sugli infermieri’ contro le aggressioni agli operatori sanitari. “Gli infermieri possono salvarti la vita- recita lo spot della campagna, dove si vedono immagini di reali aggressioni contro gli infermieri- ma non in queste condizioni di lavoro”. Il video sarà diffuso da oggi sui canali social di Nursing Up (Facebook e Instagram) ed è visibile a questo link:
https://vimeo.com/363526733