La paura del contagio è più forte di quella legata al proprio malessere e così metà delle persone colpite da infarto, in questo periodo, hanno preferito non andare in ospedale o di recarvisi tardivamente. Gli accessi al pronto soccorso per infarto miocardico, infatti, si sono ad oggi dimezzati. A lanciare l’allarme è Giuseppe Tarantini, presidente del Gise, la Società italiana di Cardiologia Interventistica.
“Tra le motivazioni principali della drastica riduzione dei ricoveri per sindrome coronarica acuta e della presentazione sempre più tardiva dei pazienti – spiega Tarantini – vi è la paura del contagio ospedaliero. Per il timore di contrarre l’infezione, si sottovalutano i sintomi e si richiede troppo tardi l’intervento dei sanitari”.
“Tuttavia – assicura Tarantini – pur nella complessa situazione di emergenza sanitaria che stiamo affrontando, in tutta Italia sono regolarmente attive le reti per l’infarto e sono stati creati percorsi protetti per i pazienti affetti da problemi cardiologici acuti che necessitano di assistenza in urgenza”. Tarantini ricorda che, secondo i dati Istat, ogni giorno nel nostro Paese muoiono di malattie del sistema cardiocircolatorio 638 persone”.
“Il GISE – aggiunge il Presidente della Società – ha inoltre emanato il protocollo ufficiale Covid-19″ che ha raccolto per primo a livello mondiale le raccomandazioni per poter eseguire gli interventi salvavita di angioplastica coronarica in massima sicurezza”. “L’infarto è un evento altamente tempo-dipendente – avverte Tarantini – e più si indugia, maggiore è la compromissione del muscolo cardiaco. Ogni minuto è prezioso: per ogni 10 minuti di ritardo nella diagnosi e nel trattamento, la mortalità aumenta del 3%. All’insorgenza dei primi sintomi, i piu’ frequenti sono dolore al petto, spesso esteso al braccio sinistro e poi nausea, vomito, sudorazione fredda, bisogna chiamare il 118”.