In questo periodo particolare, legato alla pandemia dichiarata, ci siamo presi un po’ di tempo per osservare le modalità e i tempi della gestione dell’emergenza a livello nazionale ed internazionale, per comprendere, con dati e non supposizioni, quali fossero i margini di miglioramento per la gestione del rischio in corso d’opera e per il futuro.
Riteniamo che il tempo necessario all’osservazione sia stato sufficiente.
La prima riflessione è per tutti gli operatori per la sanità, che sono costretti a ritmi e tensioni non certamente usuali: a tutti loro va il grazie per l’impegno.
La resilienza dei singoli ha sopperito alle difficoltà delle organizzazioni a rispondere in modo efficace alla eccezionalità di una situazione catastrofale.
Sono saltate le consuetudini, le abitudini e le rassicuranti usualità. Questo è proprio il momento nel quale l’organizzazione fa la differenza e diventano necessarie tutte le figure che concorrono al percorso di cura.
Cosa fa la clinica o l’assistenza se non ci sono aziende che producono mascherine, grembiuli idrorepellenti, ventilatori e tutti gli altri presidi necessari all’eccellente lavoro di medici, infermieri ed OSS?
Nel nostro comunicato di inizio attività avevamo posto l’attenzione sulla considerazione che, prima della realtà odierna, la mancata o errata organizzazione fosse la responsabile di oltre il 90% degli eventi avversi e di gran parte delle richieste risarcitorie.
Mai come oggi lo ribadiamo con forza oggettiva.
La legge 24/17 ha finalmente abbandonato il concetto di rischio clinico (anche se ancora oggi il termine è troppo in uso) per ampliarlo a rischio sanitario, chiedendo a tutti gli operatori di concorrere alla sua gestione (comma 3 art 1).
Poco si è fatto in tal senso da parte delle Aziende.
La nostra associazione parte proprio da questo concetto: oltre alla cura di un malato, oltre a chi è in prima fila, medici ed infermieri in particolare, c’è tanto altro che concorre alla corretta organizzazione, a partire dalla migliore presa in carico dei professionisti sanitari, dal corretto utilizzo dei dispositivi di protezione individuale al loro trasporto, dall’industria produttrice all’analisi dei bisogni, dalla pulizia dei presidi allo smaltimento dei rifiuti etc.
Per questo la Gestione del rischio in sanità deve essere fatta da un insieme di professionalità, ognuna per la propria competenza, che siano accordate verso il traguardo delle cure sicure.
L’idea fondamentale è di un lavoro di squadra multiprofessionale, non più rimandabile e che è ancora poco diffuso nella nostra sanità.
E la squadra va intesa come sistema, che veda tutti protagonisti verso obbiettivi comuni. Non “avversari” in base alla specificità della propria professione.
Proprio in questo frangente abbiamo ascoltato molti colleghi nel territorio italiano, i quali non riescono, pur volendolo, ad interpretare questo ruolo centrale, fornendo il loro contributo, ma che, anzi, vengono tenuti in disparte, quasi fossero considerati solo rilevatori di errori.
Ma dagli errori si impara e si è in grado proporre e gestire il miglioramento.
Questo è esclusivamente frutto di una precedente ”cattiva” cultura autoreferenziale, che neanche la legge 24, fino ad ora, è riuscita a scardinare.
In molti sistemi diversi dalla sanità la partecipazione dell’ufficio per la gestione del rischio nelle scelte, nei momenti di urgenza e di emergenza, al pari di altre necessarie professionalità, è risultata strategica e risolvente.
La gestione di situazioni, come quella attuale, anche da parte delle direzioni strategiche, necessita di un’attenta rivisitazione, che ri-orienti l’attività ad una gestione più condivisa e, lo ripetiamo, con obbiettivi comuni.
Sappiamo che abbiamo molto lavoro da fare e che la strada è molto lunga, ma siamo certi che, se nelle aziende della sanità non si inizierà a comprendere l’importanza della gestione del rischio ed a utilizzarla correttamente, il percorso della migliore organizzazione sarà ancora molto lungo.
Per questo è nostra intenzione, traendo insegnamento da quanto sta succedendo, appena sarà possibile e passato il momento dell’emergenza, mettere a disposizione di tutti momenti di incontro e formazione per pensare a nuovi modelli organizzativi, che traggano la loro origine dal cambiamento culturale ponendo i professionisti della salute, non solo il paziente, al centro.
Il consiglio direttivo SIGeRiS