Il Coordinamento degli Ordini delle Professioni Infermieristiche della Lombardia, in data 13 novembre 2020, ha inviato una lettera aperta al presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana. La missiva fa seguito alla lettera aperta inviata lo scorso 4 novembre dallo stesso Fontana a tutti gli operatori sanitari della Lombardia.
Di seguito, e in allegato, il testo integrale, firmato e sottoscritto da tutti i presidenti degli OPI della Lombardia.
Illustrissimo Presidente Attilio Fontana,
la ringraziamo per la stima che nutre nei nostri confronti e per il pensiero che ci ha riservato tramite comunicazione del 04/11/2020.
Allo stato attuale dei fatti purtroppo non è pensabile che sia sufficiente.
Sono davvero toccanti le parole usate da Papa Francesco e riprese nella comunicazione, ma dal Presidente di Regione Lombardia decisamente ci si aspetta che sia considerata la nostra competenza professionale oltre alla “tenerezza” che contraddistingue il nostro agire.
Noi infermieri, da febbraio ad oggi, abbiamo prestato assistenza fin dall’esordio della pandemia di COVID-19 negli ospedali e nei servizi del territorio:
- Abbiamo garantito sino allo stremo delle forze la riorganizzazione e la nostra presenza negli ospedali per assicurare l’assistenza e la cura ai cittadini;
- Abbiamo trasformato l’essenza delle strutture del territorio, progettate e organizzate per erogare servizi alle persone fragili e/o affette da patologie croniche, in reparti per acuti;
- Abbiamo garantito l’assistenza domiciliare anche con estrema difficoltà a reperire i DPI necessari;
- Siamo stati disponibili ad assistere i malati nei COVID Hotel a supporto degli ospedali;
- Abbiamo offerto collaborazione per poter sviluppare insieme strategie atte ad affrontare l’aspettata recrudescenza della pandemia anche analizzando le criticità emerse nella primavera;
- Consapevoli della necessità di professionisti a sostegno della rete erogativa a garanzia della risposta al bisogno di cura che “dobbiamo” ai cittadini, abbiamo accettato, temporaneamente, di snaturare il ruolo dell’infermiere di famiglia e comunità con logiche “Prestazionali” sovrapponibili a quelle al servizio di assistenza domiciliare integrata lontane da quanto descritto nel position statement di FNOPI.
Nessuno di noi si è tirato indietro nell’affrontare questa situazione e certamente continueremo ad impegnarci con competenza e senso etico in quella che Lei ha definito una lotta. Per tale motivo le chiediamo fatti concreti a supporto del nostro operato per metterci nelle condizioni adeguate per poter continuare a garantire l’assistenza al cittadino:
- Predisporre sistemi di processazione dei tamponi rino-faringei che rispondano quantitativamente alle necessità di contenimento dei positivi e restituzione precoce degli esiti;
- Riconoscimento delle competenze specifiche della professione. Ad esempio constatiamo, a malincuore, che nella delibera N° XI/3777 in merito all’utilizzo dei test antigenici, non è stata prevista la figura infermieristica, come possibile soluzione alle numerose somministrazioni necessarie e successiva lettura del test antigenico rapido;
- Definire percorsi continuativi di sorveglianza nelle strutture territoriali;
- Messa a disposizione dei vaccini antiinfluenzali per tutto il personale sanitario del settore pubblico e del settore privato, anche operanti in regime di libera professione;
- Garantire a tutto il personale sanitario screening e sorveglianza sanitaria adeguata, per prevenire la diffusione del SARS-CoV-2 fra gli operatori in qualsiasi contesto di cura;
- Garantire la sicurezza delle cure, attraverso l’adeguato rapporto infermiere-paziente nei contesti ospedalieri. Nelle terapie intensive ogni infermiere deve assistere un massimo di due pazienti. Anche nei reparti di degenza, in particolare ove presenti pazienti ad elevata complessità assistenziale che necessitano di supporto respiratorio tramite CPAP è importante che il numero di infermieri sia adeguato. Ricordiamo che la letteratura scientifica indica come standard un rapporto di 1 infermiere ogni 6 assistiti per ridurre la mortalità e migliorare gli esiti delle cure in maniera sensibile;Riformare il Servizio Sanitario territoriale prevedendo il corretto inserimento dell’Infermiere di famiglia e Comunità, la comunicazione con tutti gli attori della cura territoriale (sanitati, sociosanitari e sociali) e le istituzioni locali ASST e ATS garantendo omogeneità su tutto il territorio;
- Garantire efficienti percorsi per la gestione extraospedaliera dei malati cronici di qualsiasi tipo e dei malati COVID-19;
- Intervenire nel soddisfacimento dei bisogni di screening, di cura dei pazienti elettivi, riaprendo i percorsi e dedicando adeguate risorse umane (prestazioni annullate e liste d’attesa);
- Adeguamento delle quote economiche riconosciute ai servizi del territorio in modo da permettere un’idonea retribuzione allineata al sistema pubblico;
- È oltremodo urgente concretizzare anche nei fatti i progetti che abbiamo portato all’attenzione di Regione Lombardia a supporto degli ospedali e del territorio. Quel territorio che risulta stremato non solo dall’epidemia ma anche dalla carenza di risorse infermieristiche, da una politica sanitaria che non ha saputo valorizzare le nuove idee proposte e ha scarsamente investito nella nostra professione.
Noi infermieri siamo sempre vicini ai cittadini con le nostre competenze per continuare questa “lotta” fino in fondo ma per poterlo farlo è necessario un supporto concreto.
Non siamo eroi ma professionisti che con competenza e serietà continuano a mettere a disposizione degli altri il nostro servizio.
Non esiste Sanità senza Infermieri e senza azioni concrete da parte della Regione, non possiamo continuare a combattere il COVID adeguatamente ed efficacemente, nel rispetto delle condizioni di sicurezza per noi e per i nostri assistiti.