Quando Florence Nightingale creò l’assistenza sanitaria moderna

In questa fase storica in cui si celebrano i camici bianchi e verdi, e dove ci sentiamo tutti potenziali malati, consapevoli del peso della responsabilità lavorativa addossata al personale sanitario, ci sembra doveroso e giusto ricordare Florence Nightingale, l’infermiera per antonomasia, la cui bicentenaria ricorrenza della nascita e’ stata oscurata dagli effetti nefasti della pandemia, lei che fece della sua attitudine a dedicarsi alla cura del prossimo una vera e propria professione, gettando le fondamenta delle moderne scienze infermieristiche, in quanto fu la prima ad applicare il metodo scientifico attraverso l’utilizzo della statistica.

Concepì inoltre una riorganizzazione degli ospedali, iniziando da quelli da campo. Florence è considerata la madre dell’assistenza sanitaria moderna. Grazie a lei e alle sue infermiere migliaia di persone sono state salvate e il mondo ha imparato ad assistere con igiene, competenza e umanità tutti quelli che patiscono le malattie e i problemi della vecchiaia, come avviene negli ospedali di tutto il mondo, grazie al ruolo delle nurses/infermieri e altri operatori socio-sanitari. Il ricordo del coraggio e del lavoro di una donna esemplare serve dunque a ringraziare e sottolineare il lavoro di tutti gli infermieri del mondo e di tutto il personale sanitario.

Il 12 maggio del 1820, da una coppia dell’alta borghesia inglese, Frances Nightingale e William Shore Nightingale, nasceva a Firenze una bambina di nome Florence. Ella fu allevata ed educata in Inghilterra, dove, tra l’altro, si applicò molto allo studio, imparando varie lingue straniere e acquistando progressivamente un profondo e motivato interesse per azioni benefiche. Con sua sorella Parthenope (anch’essa così chiamata in omaggio all’Italia) ricevette un insegnamento rigoroso con studio del latino, greco, matematica, musica, sartoria e ricamo. Cominciò a dedicarsi a poveri e malati della sua zona, e all’età di sedici anni maturò il desiderio di diventare un’infermiera. In quell’epoca, l’assistenza, intesa come prendersi cura in un’ottica materna, era affidata per la maggior parte alle religiose. Tanti erano gli ordini di suore che dedicavano la loro vita alla cura degli ammalati. Con la stessa dedizione Florence identifica la sa percezione soggettiva di assistenza a malati ed infermi. Nonostante la contrarietà della famiglia che (oltre ad avere per lei altre ambizioni tra cui un matrimonio importante), riteneva l’assistenza agli infermi un lavoro poco gratificante e poco dignitoso in quanto svolto da persone di classe sociale proletaria, il suo progetto si avverò.

Pare che il padre si astenesse, e poi le offrirà comunque un assegno annuale di fronte alla volontà decisa della figlia, mentre la madre giudicava poco decoroso per una ragazza dell’alta borghesia fare l’infermiera, una mansione allora paragonata a quella di vivandiera nell’esercito. Si pettegolava che le infermiere fossero per buona parte amanti del bere e alcune fossero addirittura di dubbia moralità, tipo ex prostitute. Dopo un percorso di studio (svolto due volte anche in Germania, ad una scuola per infermieri di un ospedale luterano di Kaiserswert presso Düsseldorf, gestito da diaconesse, dove imparò a curare le ferite e preparare medicinali), la ragazza iniziò ad operare a Londra e fu molto attiva durante un’epidemia di colera, sia con i pazienti e sia con la popolazione, insegnando l’importanza dell’igiene. Una sua particolare paziente fu sua sorella, ammalatosi nel contempo, di reumatismo. Successivamente, frequentò come tirocinante l’Harley Street Hospital di Londra .


Nel 1854, un anno dopo lo scoppio della Guerra di Crimea, si presentò la grande occasione per mettere in pratica i suoi propositi: Florence si rivolse al ministro della Guerra, Sidney Herbert (1810-1861) chiedendo di essere mandata al fronte ad assistere e curare i militari, così fu incaricata ufficialmente dal governo di organizzare una squadra di infermiere atta allo scopo. Furono reclutate 38 donne, di credo religioso differente, pronte per la partenza verso il porto di Istanbul dove il conflitto era in atto da un anno e dove dominavano malattie infettive come tifo e colera. La loro sede di lavoro sarebbe stata l’ospedale britannico di Scutari, dove mancava tutto, le condizioni igieniche erano spaventose. Florence si mise subito al lavoro, suscitando la reazione dei medici locali che la ostacolavano e non riconoscevano il suo titolo di infermiera, maggiormente perchè donna. Ciononostante, ella riuscì a farsi valere. Aveva un carattere forte e credeva nelle sue capacità professionali e organizzative.


Insegnò l’importanza dell’igiene, procurò materiale per medicazioni, disinfettanti e quant’altro: si trattava di una rivoluzione, che avrebbe stimolato tante riflessioni tra le autorità sanitarie. In pratica, indicò una valanga di regole e norme igieniche da praticare in corsia, come la sanificazione e l’areazione giornaliera delle camerate, la sterilizzazione di bendaggi, fasciature, cuscini, coperte e lenzuola. Voleva tutelare le persone ricoverate in tutti i modi, facendo sì che i reparti fossero articolati in piccoli settori separati anche con l’ausilio di tende, prevedendo “stanzette” di attesa e ambulatori di medicazioni per interventi di piccola chirurgia. Inoltre, riuscì ad organizzare una lavanderia apposita per gli indumenti intimi dei malati e per la biancheria da letto. Dulcis in fundo, trovò un bravo cuciniere al quale diede il compito di fare qualche buona pietanza per i pazienti (iniziativa intrapresa a suo carico economico). Le infermiere si attivavano anche per aiutare i malati nella corrispondenza con la famiglia, a ricevere pacchi e notizie. Florence apparecchiò anche una sala di lettura. Gli ufficiali compresero, così, che anche i soldati semplici dovevano essere trattati da cristiani e da persone. I suoi assistiti la chiamavano “The Lady with the Lamp“, perché aveva l’abitudine di passare tra i letti, anche di notte, con una lanterna. armata di infinita buona volontà, per confortare, assistere, incoraggiare, dare speranza. Da ciò la “Signora della Lampada”.


Un’immagine che rientrò nella letteratura/poetica anche di Henry W. Longfellow: “”I feriti sul campo di battaglia, / nei tristi ospedali del dolore, / i bui corridoi senza vita, / i pavimenti di fredda pietra. // Guarda! in quella casa della sofferenza / vedo una signora con la lampada / mentre passa nella luce incerta / veloce da una baracca all’altra”. Era molto considerata dai malati che si affezionavano a lei con grande riconoscenza. In tal modo fu oggetto di attenzione governativa, e vista quasi come un’eroina dal popolo inglese: non a caso, l’impegno profuso assieme alle colleghe aveva ridotto di gran lunga la mortalità dei soldati feriti e ammalati.
Florence restò a Scutari (oggi un quartiere di Istanbul) per un anno e mezzo, dopodiché tornò nel Regno Unito.

Nel 1859 pubblicò a Londra uno studio statistico sull’assistenza infermieristica negli ospedali: “Notes on Nursing”, che l’anno seguente fu stampato a Boston, 136 pagine ancora attuali. «Osservando le malattie, sia nelle abitazioni private sia negli ospedali pubblici, ciò che colpisce con maggior forza è il fatto che i sintomi dolorosi che di solito si considerano inevitabili e propri di quel male, molto spesso non ne sono affatto i sintomi ma sono dovuti ad altro: alla mancanza di aria fresca, o di luce, o di tepore, o di tranquillità, o di pulizia, o di regolarità e attenzione nella dieta alimentare…». Si legge che, per lei “è parte della cura la tenuta dell’ambiente. L’infermiere è un manipolatore di esso. La sua filosofia del nursing vede il bisogno come necessità di controllare i fattori ambientali per garantire la salute, così l’infermiere può favorire la guarigione della malattia modificando i fattori ambientali: ricambi d’aria, calore, odore, luce nonché rumore. Secondo Florence i fattori che potevano nuocere al malato erano: aria viziata, umidità, rumori, freddo, sudiciume, buio”. Dai suoi scritti emerge come l’attività dell’infermiera doveva trovare un suo spazio di autonomia rispetto all’attività medica, pur nella collaborazione.

Nel frattempo, ideò un fondo denominato Nightingale Fund per la formazione degli infermieri, inaugurando nel 1860 la famosa scuola presso il St.Thomas Hospital, la “ Nightingale Training School” che in seguito fu ribattezzata col suo nome nell’intestazione (Florence Nightingale School of Nursing and Midwiferj) ed è attiva ancora oggi, e chi scrive ha avuto il piacere di osservarla. Proprio in quella sede, modello per molte donne di varia provenienza, approdarono anche numerose signorine dell’alta borghesia e perfino dell’ aristocrazia britannica. Le studentesse trascorrevano un periodo di due anni circa fuori casa, alloggiando insieme e vivendo completamente la vita dell’infermiera in una visione quasi conventuale. Florence Nightingale fu dunque una figura di grande valore nella storia dell’infermieristica, riuscì a coinvolgere molte più laiche alla cura dei malati, cambiando le opinioni dominanti del momento storico. Si dedicò anche a formare le ostetriche, così come le infermiere delle famigerate workhouses, dove i poveri ospiti avevano un infinito bisogno di assistenza.

Fu la prima donna ad entrare nella Reale Società di Statistica. Un meritato riconoscimento per un’altra sua virtù: conoscere la matematica in generale e la statistica in particolare. Tra l’altro era stata promotrice dell’impiego dei grafici “a torta” per illustrare visivamente la realtà concernente lo stato sanitario di una data popolazione. Il metodo si rivelò fondamentale nello studio di campioni di popolazioni agricole dell’India. La Regina Victoria le fece omaggio di una spilla speciale, che sarebbe passata alla storia come “The Nightingale Jewel”, in occasione del contributo dato da Florence circa la costituzione della Commissione reale per la salute dell’esercito. Le fu pure conferita dalla regina la decorazione militare Royal Red Cross.

Malauguratamente, a Scutari Florence aveva contratto la “Crimean fever”, una malattia da cui non sarebbe mai guarita del tutto. Verso i trentotto anni dovette arrendersi a una vita da invalida, ma continuò a lavorare dal letto, più che mai decisa a migliorare le condizioni dei malati. Aveva rapporti con la stampa, scriveva molto, dava consulenze in materia di ospedali da campo e ricevette onori e congratulazioni da King Edward e King George nel 1908 e nel 1910, quando compì 88 e 90 anni. Nel 1907 fu la prima donna ad essere insignita dell’Order of Merit. Trascorse gli ultimi anni allettata e quasi cieca, ma continuò a ricevere giovani volonterose ammiratrici delle sue idee. Morì il 13 agosto del 1910 nella sua casa londinese. A due secoli dalla scomparsa riecheggiano ancora le parole della prefazione del suo libro, Nursing: “Ogni donna, o quasi ogni donna, nel corso della propria vita, prima o poi deve farsi carico della salute di qualcuno. Ogni donna è un’infermiera”. Nella capitale londinese è situato il museo a lei dedicato. Inoltre una sua statua è tuttora conservata nella basilica fiorentina di Santa Croce.

Articolo di Giovanni Savigliano