Il ministero dell’Università, nonostante l’accordo Stato-Regioni che ha indicato un fabbisogno di posti a bando per l’anno accademico 2021-2022 di 23.719 posti per infermiere, di cui 221 pediatrici, ha limitato l’offerta alla disponibilità degli Atenei, tornando a 17.394 a cui se ne aggiungono 264 pediatrici, all’incirca come già scritto nel decreto definito provvisorio di metà luglio.
Il decreto del MUR cita chiaramente l’accordo Stato-Regioni, ma aggiunge che tenuto conto “del fabbisogno professionale per le esigenze organiche delle Forze armate per l’anno accademico 2021/2022, di cui alla comunicazione n. prot. M_D SSMD REG2021 0082433 del 30.4.2021” e considerata “la peculiare caratteristica dei corsi di laurea delle professioni sanitarie che richiedono numerose esercitazioni pratiche in laboratorio ed il connesso tirocinio formativo presso strutture pubbliche o private accreditate, tale da rendere necessaria un’attenta e ponderata valutazione della programmazione dei posti messi a disposizione annualmente dagli atenei, in base alle complessive risorse disponibili, dopo l’approvazione dei rispettivi bilanci annuali”, ma soprattutto vista “la potenziale offerta formativa così come deliberata dagli atenei con espresso riferimento ai parametri di cui all’articolo 3, co. 2, lettere a), b), c), della legge n. 264/1999 citata in premessa, per i corsi di laurea delle professioni sanitarie” rispetto alla quale la richiesta della Stato-Regioni “di molto superiore rispetto alla corrispondente offerta formativa disponibile”, i posti a bando restano quelli già indicati a metà luglio, con 261 in più per infermiere rispetto al “decreto provvisorio” (lo stesso numero per infermiere pediatrico).
L’accordo Stato-Regioni aveva motivato l’aumento di posti a bando sottolineando la necessità di “specifiche competenze particolarmente richieste nella gestione dell’emergenza pandemica ancora in atto, alla luce dell’adozione di nuove e diverse misure organizzative volte a garantire le future necessità assistenziali, avuto particolare riguardo all’assistenza territoriale ed alla presa in carico della persona, tenuto conto dello sviluppo delle patologie correlate e conseguenti alla malattia da COVID-19 e del ruolo sempre più essenziale delle attività di prevenzione”.
E per questo il fabbisogno formativo per l’anno accademico 2021/2022 era “stato determinato in modo da garantire in tutti i casi il pieno soddisfacimento dei singoli fabbisogni espressi dalle Regioni, incrementandoli, laddove il fabbisogno espresso dalla relativa Federazione nazionale fosse maggiore rispetto a quello espresso dalle Regioni, fino al raggiungimento del tetto massimo di fabbisogno nazionale espresso dalla rispettiva Federazione nazionale”.