Riceviamo e pubblichiamo la tesi del collega Raugei Lapo su una tematica molto interessante, specie per i colleghi in servizio presso i servizi di emergenza-urgenza.
“In medicina, con il termine “trauma” [dal greco τραῦμα, “ferita”], si definisce una lesione a carico dell’organismo causato da un qualsiasi agente capace di un’azione improvvisa, rapida e violenta.
Quando parliamo di “trauma maggiore” facciamo riferimento ad una condizione risultato di un evento in grado di causare lesioni in uno (mono-distrettuale) o in più distretti corporei (politrauma). Tali conseguenze possono portare a delineare un quadro talvolta grave da compromettere la vita del paziente.
L’Istituto Superiore di Sanità (ISS), all’interno delle Linee Guida del Trauma Maggiore 2019, definisce il trauma maggiore “una condizione che determini una o più lesioni di cui almeno una sia in grado di determinare un rischio immediato o potenziale per la sopravvivenza o per un’invalidità grave”.
Da tale definizione è comprensibile definire il trauma maggiore una condizione tempo- dipendente e dunque, per ottenere una corretta gestione del paziente, è indicato, secondo le linee internazionali, un intervento efficace in un breve lasso temporale (golden hour e few minuties platinum), una centralizzazione mirata e, non meno importante, un’accurata formazione e preparazione del personale sanitario e laico che si può trovare a gestire un paziente politraumatizzato.
A partire da queste diverse definizioni di “trauma maggiore” si può capire come vengono considerati traumatici una serie di eventi eterogenei fra loro: traumi stradali, aggressioni, cadute e precipitazioni, ustioni, folgorazioni ed altri.
Considerare il meccanismo ad alta energia l’unico criterio di centralizzazione, non associato ad altre alterazioni fisio-anatomiche evidenti già sul luogo dell’evento, ha portato negli ultimi anni ad una elevata quota di overtriage, andando ad impattare in maniera sostanziale sull’organizzazione ospedaliera, riducendo le capacità di risposta del Sistema in caso di una reale condizione di emergenza.
Come vedremo in seguito il trauma è fra le principali cause di morte a livello globale e proprio per questo motivo sono stati individuati tre picchi di mortalità correlata al trauma.
Questi tre picchi sono:
- Immediato (dopo alcuni secondi/minuti dal trauma – 50% dei decessi): le lesioni che si verificano non sono compatibili con la vita e sono morti riducibili sono con misure preventive al trauma (utilizzo di casco e cintura, limiti di velocità, limiti di alcolemia, normative per la sicurezza sui luoghi di lavoro). In questo caso le lesioni possono essere a carico cervicale, dell’encefalo, dei grossi vasi e del cuore;
- Precoce (in un intervallo di tempo fra la prima ora e le 3 ore successive al trauma – 30/35% dei decessi): la persona colpita può aver sviluppato condizioni che, se trattate tempestivamente, possono essere controllate (emorragia, lesioni neurologiche, trauma toracico). È proprio in questo caso che entra in gioco la formazione e l’elevata competenza del personale qualificato che interviene sull’evento. Un intervento efficace e tempestivo riduce la mortalità e migliora gli outcome;
- Tardivo (si può avere dopo alcuni giorni fino a 3/4 settimane dall’evento – 15/20% dei decessi): le principali cause alla base di questo evento sono le sepsi e le disfunzioni multiorgano.
Se volete approfondire potete trovare la tesi completa a questo link: Tesi