È pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 104 del 5 maggio 2023 la Legge 21 aprile 2023, la legge n. 49 “Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali” (VISIBILE A QUESTO LINK).
La norma – approvata definitivamente dalla Camera il 12 aprile 2023 e in vigore dal 20 maggio 2023, quindici giorni dopo la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale – è stata indubbiamente molto attesa e, per certi aspetti, sospirata, in quanto va a sanare alcune marcate disparità, che si erano create nei rapporti di lavoro con le professioni intellettuali.
Il tema riguarda certamente il computo del compenso, che, nelle logiche del libero mercato implementate prima da Bersani nel 2006 e poi da Monti nel 2011, avevano smontato qualunque impianto tariffario, che, pur con mille limiti di adeguatezza, tentava di vigilare sulla dignità dell’esercizio libero professionale agito. La logica conseguenza è stata una deregulation spinta, che, soprattutto nelle stringenti logiche di mercato della Pubblica Amministrazione, rischiava di abbassare l’asticella delle commesse a livelli scandalosi.
Altro aspetto non trascurabile, riguarda il potere contrattuale del professionista, che si è progressivamente appiattito sotto il peso della sua insussistenza, di fronte alla imponente macchina pubblica e nei confronti delle grandi imprese committenti, che avevano progressivamente assunto la facoltà di imporre clausole contrattuali definite, non per nulla “vessatorie”.
Lo spirito con cui è stata costruita la norma, riguarda quindi da un lato la necessità di assicurare al professionista un compenso commisurato al valore della prestazione e dall’altro rafforzarne la tutela nel rapporto contrattuale con specifiche imprese, che per natura, dimensioni o fatturato, sono ritenute “contraenti forti”.
Quando il compenso è equo?
Il compenso è definito equo quando:
– è proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto,
– è proporzionato al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale,
– è conforme ai compensi previsti ai decreti ministeriali specifici, che, per le Professioni Sanitarie, rispondono al DM 165/2016 (VISIBILE A QUESTO LINK).
Chi può applicare l’equo compenso?
L’equo compenso trova applicazione ai rapporti professionali che hanno ad oggetto la prestazione d’opera intellettuale (art. 2230 c.c.), regolate da convenzioni e relative allo svolgimento anche in forma associata o societaria delle attività professionali rese in favore di:
– imprese bancarie assicurative e loro controllate, mandatarie;
– imprese con più di 50 lavoratori;
– imprese con ricavi annui superiori a 10 milioni di Euro;
– pubblica amministrazione e società a partecipazione pubblica.
Quali sono le clausole ritenute “vessatorie” di interesse?
Le clausole della convenzione sono nulle quando:
– non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata, tenendo conto anche dei costi sostenuti dal prestatore d’opera;
– sono inferiori a quelli stabiliti dai parametri di liquidazione dei compensi previsti dal DM 165/2016;
– vietano al professionista di pretendere acconti nel corso della prestazione o impongono anticipazione di spese;
– riservano al cliente la facoltà di modifica unilaterale del contratto o la facoltà di rifiutare la stipulazione in forma scritta degli elementi essenziali del contratto oppure la facoltà di richiedere prestazioni aggiuntive gratuite;
– impongano tempi di pagamento superiori a 60 giorni dall’emissione della fattura.
La norma, quindi, tende decisamente a prevenire l’instaurarsi di rapporti di committenza sbilanciati, ma, nel caso in cui questo, comunque, dovesse accadere, il professionista può agevolmente rivolgersi al Giudice, che provvederà a rideterminare il compenso, sulla base dei parametri previsti dalla norma e potrà condannare il cliente anche al pagamento di un indennizzo a favore del professionista fino al doppio della differenza, salvo il diritto al risarcimento del maggior danno
Il ruolo dell’Ordine Professionale
Uno dei motivi per cui lo Stato ha previsto l’esistenza degli Ordini Professionali riguarda proprio la tutela della dignità della Professione rappresentata.
Sotto questo peculiare aspetto, la norma prevede che gli Ordini:
– adottino disposizioni deontologiche che vincolino il professionista alla stipula di preventivi congruenti con l’equità delle prestazioni impedendo pratiche di concorrenza sleale tra colleghi;
– forniscano, su richiesta, pareri di congruità su compensi ed onorari, che possono costituire titolo esecutivo nei confronti del committente;
– siano rappresentati in seno all’Osservatorio Nazionale sull’Equo Compenso, istituito presso il Ministero della Giustizia;
– provvedano ad aggiornare i parametri di liquidazione, con cadenza biennale.