Un italiano su due ha ben chiaro il ruolo dell’infermiere, di cui riconosce l’alto valore sociale. Per quasi quattro persone su dieci ha un importante rilievo anche il gravoso impegno fisico e mentale legato alla professione infermieristica.È quanto emerge da una ricerca demoscopica del sindacato degli infermieri Nursind e di Swg, che ha coinvolto 800 cittadini e commissionata in occasione della Giornata internazionale dell’infermiere del 12 maggio, nella quale si celebrano anche i 25 anni del sindacato. I turni di lavoro sono indicati come il principale fattore negativo dal 40% dei cittadini, mentre il 39% ne evidenzia il gravoso impegno fisico e mentale.
Inoltre, soprattutto i giovani non vedono di buon occhio il percorso di studi, troppo lungo per il 18%, soprattutto in rapporto alla scarsa autonomia decisionale in ambiente lavorativo, denunciata sempre dal 18% dei ragazzi.
C’è poi il nervo scoperto dell’appetibilità della professione: oltre 2 italiani su 3 supporterebbero la scelta di una persona cara di iscriversi al corso di laurea in Infermieristica, ma il dato, come evidenzia Swg, è in sensibile calo rispetto all’indagine Censis condotta nel 2012: -15%, che diventa -18% tra i più giovani. Le basse retribuzioni, infine, sono una piaga per il 58% degli italiani. Vi è poi la contrarietà espressa dal 40% degli intervistati rispetto all’esercizio della libera professione, che secondo il segretario Nursind Andrea Bottega “tradisce un attaccamento della gente alla sanità pubblica e alle sue figure di riferimento. Non a caso, infatti, oltre metà del campione non esclude più autonomia decisionale e maggiori competenze per gli infermieri e il 62% fruirebbe anche delle nostre prestazioni a pagamento. A dimostrazione di una professionalità ampiamente riconosciuta e percepita, soprattutto su prestazioni e medicazioni che non abbiano a che fare con diagnosi e prescrizioni terapeutiche”.