Aggressione PS di Ravenna: Infermiera minacciata di morte

Uno smonto notte che si è trasformato in incubo per una collega in servizio presso il pronto Soccorso dell’ospedale di Ravenna. Verso le 6:15 sarebbe arrivata un’ambulanza con a bordo un uomo con problemi importanti di tossicodipendenza seguito dal SERT. All’ingresso dei locali del PS l’uomo sarebbe esploso in una crisi di pianto, forse legata all’astinenza dalle sostanze stesse.

Quando poi il suo sguardo sarebbe caduto su una collega in servizio che l’aveva già inserito al Triage in passato, l’uomo sarebbe andato in escandescenza, cambiando totalmente atteggiamento. Da li si sarebbe scatenata una violenza inaudita. Dapprima l’uomo l’avrebbe minacciata nel corridoio, urlando: “Ti ammazzo, devi morire” e, successivamente, avrebbe tentato di lanciarle oggetti addosso, senza riuscire a colpirla, per poi spaccare i vetri posizionati alla postazione del Triage, rovesciando anche un computer.

Ma purtroppo, non era abbastanza per lui perché avrebbe iniziato ad inseguire la collega che, nel contempo, sarebbe scappata in una stanza, chiudendosi a chiave ma l’uomo avrebbe preso un estintore cercando di sfondarla e arrivando a rompere la maniglia. A quel punto sarebbe intervenuto il vigilantes che, di tutta risposta, avrebbe acchiappato un pugno in faccia.

Intervenuta la Polizia che, grazie allo spray al peperoncino, è finalmente riuscita a placare e fermare l’ira dell’uomo. Il portavoce del Nursind Ravenna ha affermato: “Il problema è che il personale è sempre esposto a queste situazioni, bisogna fare prevenzione alla fonte: sia la vigilanza che il personale sanitario stesso dovrebbero partecipare a corsi propedeutici alla prevenzione di situazioni di questo genere. Al di là di questo episodio, ci sono anche casi di minore entità dove i pazienti si scaldano per le liste d’attesa interminabili, le attese lunghissime. E anche su questo bisogna intervenire. Noi siamo vicini ai colleghi, speriamo di riuscire a costruire una rete più sicura per tutelarli“.

Immagine tratta da “Il resto del carlino”