L’impatto del lutto nell’Infermiere di Pronto Soccorso

La professione infermieristica rientra nelle cosiddette professioni d’aiuto; il “prendersi cura” della persona è una caratteristica cruciale di questa professione che è un componente essenziale del processo di guarigione del malato e, proprio per questo, ne deriva un carico emozionale. Gli infermieri si trovano spesso davanti ad emozioni intense come il confronto con la morte (Scmidt e Haglund, 2017). Entrando più nello specifico della professione infermieristica, coloro che lavorano nell’area dell’emergenza-urgenza sono spesso sottoposti a maggior carico emotivo, proprio per la condizione di instabilità clinica tale da compromettere la sopravvivenza della persona e la rapida e complessa risposta assistenziale richiesta.

Sono dati che confermano che la morte rientra nella quotidianità lavorativa degli infermieri di Pronto Soccorso. Uno studio qualitativo condotto nel 2008 su quindici Pronto Soccorso di ospedali del Belgio, ha riportato che negli ultimi 6 mesi il 31,6% degli infermieri si è scontrato con la morte di giovani e il 25% di bambini o adolescenti. Il 15% ha riscontrato un decesso, il 32% due decessi, il 23% quattro o cinque decessi e il 17% sei o più decessi. L’82% degli infermieri che, negli ultimi sei mesi, si è scontrato con una morte improvvisa ha commesso poi un errore (Adriaenssens et al, 2012). Esiste un filone della psicologia che si occupa dello studio dei fenomeni psichici, cognitivi e comportamentali che insorgono in situazioni di shock o di fronte a un evento critico. In ambito infermieristico la definizione è data da Mitchell nel 1983: qualunque situazione affrontata dal personale di emergenza sanitaria, capace di produrre uno stress emotivo insolitamente elevato in grado di interferire sulle abilità dell’operatore di fronte alla scena dell’evento e anche dopo. Secondo questa definizione, assistere alla morte improvvisa di un proprio paziente dopo aver speso energie, è un evento critico.

Secondo il senso comune, far trapelare le proprie emozioni davanti a un evento critico come la morte è errato poiché può interferire con la relazione d’aiuto che si è instaurata con il paziente o con i familiari. Infatti da uno studio è emerso che il 78% degli infermieri di Pronto Soccorso sviluppa un atteggiamento di distacco emotivo dal paziente in fin di vita e dai suoi familiari, focalizzandosi sugli aspetti biomedici della malattia, non perché il lutto non sia vissuto, ma perché è poco professionale manifestare i propri sentimenti e le proprie emozioni in tali situazioni.

Come già accennato, gli infermieri di Pronto Soccorso, durante il decesso di un paziente, provano delle emozioni che, però, non sono soliti esternare. Si arriva così a reprimere tutti quei sentimenti che scaturiscono a seguito di un lutto, che, a lungo andare, possono portare l’infermiere a vivere situazioni di disagio psichico. Sottostimare le proprie emozioni comporta la mancata comprensione dell’emozione stessa e, nel caso di un lutto, un’elaborazione inefficace di tale sentimento, che ha risvolti negativi sulla quotidianità lavorativa (e non solo), infatti incrementa l’ansia provocando un aumento del rischio di commettere errori e di conseguenza di offrire un’assistenza di bassa qualità . Tra le conseguenze più comuni vi è il rischio di incorrere nella Compassion Fatigue, nella Critical incident stress syndrome e nel disturbo da stress post traumatico.

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