Nel 2006 l’OMS ha dichiarato il maltrattamento e l’abuso infantile problema di salute pubblica. Nonostante la sensibilizzazione sociale stia progredendo, la sottostima della questione è ancora ampia persino in campo sanitario. Il professionista idoneo a porre il sospetto è in primo luogo l’infermiere di triage del pronto soccorso (PS) pediatrico. Gli infermieri pertanto dovrebbero dunque essere formati ed aggiornati riguardo il percorso sulla gestione del bambino maltrattato-abusato. Infatti una raccolta corretta ed efficace di segni e sintomi fin dal primo approccio rappresenta uno passaggio fondamentale nel percorso diagnostico/assistenziale di tipo multidisciplinare (OMS, 2002; WHO, 2013; Regione Emilia Romagna, 2013).
A renderlo un problema così impegnativo è come definisce l’OMS nel 2002 il fatto che “La violenza sui minori è molto diffusa ma, al contempo, difficilmente rilevabile sia per meccanismi culturali di minimizzazione e negazione del fenomeno, sia perché si caratterizza per verificarsi prevalentemente all’interno della famiglia col forte rischio di restare inespressa e invisibile”. Ciò spiega perché i dati epidemiologici tendono comunque a sottostimare il fenomeno.
Uno studio dell’OMS del 2000 delinea che sui minori i rapporti sessuali forzati sono 73 milioni e le altre forme di violenza sono150 milioni;e che ogni anno circa 275 milioni di bambini siano testimoni di violenza domestica in tutto il mondo (OMS, 2002; WHO, 2013). Secondo il Rapporto sulla prevenzione del maltrattamento all’infanzia in Europa (2013), 852 bambini muoiono ogni anno per maltrattamenti, 18 milioni di bambini sono vittima di abuso sessuale con prevalenza nelle femmine, 44 milioni vittima di violenza fisica e 55 milioni di violenza psicologica. Oltre 91mila minorenni sono stati maltrattati in Italia (CISMAI, 2015; WHO, 2013).
I maltrattamenti e abusi sui minori vengono per la maggior parte dei casi denunciati ai dipartimenti di emergenza. Secondo le ultime linee guida della regione Emilia-Romagna, sono da identificare con il codice ROSSO/NAP, dove l’acronimo sta per ‘Non Avere Paura’, segnalando così l’apertura di un percorso predefinito. In letteratura e anche nelle unità operative però troviamo in realtà ancora oggi l’attribuzione del codice giallo. Non tutte le realtà di primo intervento pediatrico, sembrerebbero dotate di uno strumento che faciliti il professionista nell’individuare le condizioni di rischio di abuso infantile (Regione Emilia Romagna, 2013; Zangardi & Da Dalt, 2008).
In letteratura sulla formazione in merito all’accoglienza e ai metodi di rilevazione delle forme di maltrattamento si trova ben poco. Proprio per questo è stato condotto uno studio osservazionale nelle principali unità operative pediatriche di Bologna, che ha coinvolto i medici e gli infermieri ad esse afferenti. A tal fine sono stati coinvolti i coordinatori, gli infermieri e i medici della pediatria e PS pediatrico dell’Ospedale Maggiore e delle unità di PS pediatrico e pediatria d’urgenza del Policlinico Sant’Orsola di Bologna, nel periodo tra luglio e ottobre 2016. Le unità operative sono state selezionate facendo capo alle due aree di emergenza pediatrica più grandi di Bologna, e i rispettivi reparti dove vengono trattati i casi che provengono dal PS.
Il questionario utilizzato per l’indagine era costituito da 11 quesiti a risposta multipla riguardanti la formazione dei professionisti, la loro preparazione, il ragionamento clinico che mettono in atto e infine, la loro percezione di utilità e le caratteristiche di un potenziale strumento che faciliti il riconoscimento di condizioni di rischio di abuso infantile nella pratica clinica. Lo strumento era anonimo ed il ritiro avveniva tramite una busta chiusa.
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