L’ultrafiltrazione (UF) è una pratica che dai primi anni del 2000 è entrata in ambito cardiologico trovando indicazione nello scompenso cardiaco (HF, Heart Failure) (Costanzo et al., 2005). È noto che HF sia un importante problema di salute pubblica nei paesi occidentali, soprattutto nella popolazione over 65. Tale patologia è causa di elevata mortalità e morbidità, e riduzione/perdita dell’autosufficienza; inoltre, chi soffre di HF va incontro a eventi acuti che richiedono ricoveri frequenti (Setoguchi et al., 2007), che comportano elevati costi sanitari ma, soprattutto, contribuiscono ad accelerare la progressione della malattia.
Milioni sono i ricoveri, spesso ripetuti nel corso dello stesso anno per AHF e, oltre il 90%, è dovuto a segni e sintomi di sovraccarico di liquidi (Costanzo et al., 2017). Ciò pone come obiettivo principale, nella gestione di tale paziente, risolvere efficacemente tale sovraccarico (Metra et al., 2012), favorito dal fatto che circa il 25-30% dei pazienti con HF tende a sviluppare una disfunzione renale con progressiva diuretico resistenza (Costanzo et al., 2005). È chiaro che esista un’evidente e insoddisfatta necessità clinica di metodi alternativi e/o integrati per rimuovere i fluidi, che superi la refrattarietà ai diuretici. Una terapia che si è rivelata efficace è l’UF (Costanzo and Jessup, 2012).
L’UF viene praticata in Unità di Terapia Intensiva Cardiologica (UTIC) con dispositivi dedicati di dimensioni compatte rispetto ai dispositivi di sostituzione renale (RRT, Renal Replacement Therapy) in uso nelle nefrologie. Essa è in grado di ridurre la congestione sistemica e/o polmonare in tempi più brevi rispetto alla terapia diuretica migliorando i sintomi in acuto, mentre, sul lungo periodo, riattiva la funzionalità renale, riducendo le riospedalizzazioni (Costanzo et al., 2010).
Dal 2009 gli infermieri dell’UTIC dell’ULSS 3 Serenissima, del presidio ospedaliero di Chioggia hanno potuto provare le diverse apparecchiature progettate per l’UF dedicate ai pazienti con HF, e conoscere le particolarità di questa metodica. La gestione dell’UF, infatti, è affidata agli infermieri, che gestiscono autonomamente le complicanze minori. Per gli infermieri di UTIC si tratta di un momento di ulteriore professionalizzazione in quanto le tecniche di RRT sono, solitamente, gestite da personale della nefrologia. Questo breve articolo vuole, a partire dall’esperienza accumulata nei diversi anni, evidenziare i vantaggi della tecnica per i pazienti con HF e l’importanza della gestione infermieristica per il successo della stessa.
INDICAZIONI E MODALITÀ DELL’ULTRAFILTRAZIONE
Inizialmente, nel 2005, l’UF è stata riconosciuta come un’alternativa efficace alla terapia diuretica, molto promettente «(…) il precoce utilizzo dell’UF in pazienti ricoverati in ospedale con AHF è possibile, ben tollerato e ha portato a notevoli risultati in termini di rimozione di liquidi e perdita di peso» (Bart et al., 2005).
Nel corso degli anni successivi, alcuni studi hanno posto dubbi su quest’ultima affermazione e, nel 2015, lo studio CARESS-HF poneva in discussione l’UF come un’alternativa efficace e sicura alla terapia diuretica suggerendo che «…nei pazienti ricoverati con AHF, ridotta funzione renale (…), il ricorso all’UF non offre vantaggi rispetto a una terapia medica ottimale con diuretici (…)» (Lala Anuradha et al., 2015). Tali affermazioni negative sono state parzialmente smentite in seguito (Kazory and Ronco, 2013), a dimostrazione della necessità di ulteriori studi per spiegare gli aspetti essenziali dell’UF che ancora rimangono poco definiti, e confermare i dati che suggeriscono i benefici sostenuti dell’UF (Costanzo et al., 2017).
Attualmente le LG dell’European Society of Cardiology (ESC),) affermano: “l’uso di routine dell‘UF non è raccomandato e dovrebbe essere limitato ai pazienti che non rispondono alle strategie diuretiche” (Ponikowski et al., 2016). L’American Heart Association (AHA) lo conferma ponendo l’UF in classe (IIaB) (Yancy et al., 2013).
Come esposto dalle LG e, in attesa di ulteriori studi, a conferma o prova del contrario, attualmente l’UF resta indicata solamente per i pazienti refrattari alla terapia diuretica, da considerarsi dopo che questa non abbia consentito la consistente riduzione del sovraccarico idrico.
Il maggiore accesso all’UF è stato facilitato dallo sviluppo di dispositivi semplificati (Kazory and Ronco, 2013) con la possibilità di essere gestiti interamente dagli infermieri di UTIC. La metodica utilizzata è l’UF (isolata) lenta o SCUF (Slow Continuous UltraFiltration) che permette il proporzionale spostamento, continuo e graduale di acqua dallo spazio extravascolare al letto vascolare, non compromettendo la stabilità emodinamica, tale processo viene detto refilling (Nalesso et al., 2010).
Nel contempo, si assiste all’incremento degli scambi dei gas col rispettivo miglioramento dei sintomi respiratori (Costanzo et al., 2010) e alla riattivazione dei meccanismi di risposta ai diuretici. L’UF produce acqua plasmatica attraverso l’applicazione di un gradiente pressorio su una membrana semipermeabile. L’ultrafiltrato è pertanto isotonico rispetto al plasma (Ronco et al., 2001).
L’UF rimuove i liquidi in eccesso, riducendo la congestione extra vascolare e sistemica, differentemente dell’emofiltrazione che depura anche il sangue, non necessita di dispositivi altamente complessi. L’UF, quindi, non è dialisi, ma è quanto mai utile per il paziente con AHF resistente alla terapia diuretica. Infatti nella progressione dell’HF si instaura una situazione clinica definita Sindrome Cardiorenale: cuore e rene, sono organi anatomicamente lontani ma strettamente legati tra loro. Il coinvolgimento patologico di uno, infatti, può indurre conseguenze nell’altro (“Sindrome cardio-renale,” 2019).
Sinteticamente: la disfunzione cardiaca presente nell’HF associata alla terapia diuretica e all’attivazione neurormonale, determina una riduzione del flusso ematico con diminuita perfusione renale. Il risultato di tale situazione è una disfunzione renale con sviluppo di diuretico resistenza. Gli studi suggeriscono che circa il 25-30% dei pazienti con HF la sviluppa. Ciò limita gli effetti delle terapie, aggravando l’insufficienza cardiaca congestizia (Costanzo et al., 2005), comportando sovraccarico idrico periferico e/o edema polmonare, peggiorando la qualità della vita con aumento di morbidità e mortalità.
L’utilizzo dell’UF in questa categoria di pazienti produce un miglioramento delle condizioni cliniche e permette la riduzione della durata di degenza e degli episodi di instabilizzazione clinica (Kazory and Ronco, 2013), e, quindi, dei ricoveri per AHF, migliorando infine la qualità della vita di tali pazienti.
Come già accennato in precedenza esistono ancora dei dubbi da chiarire in quanto l’UF non è ancora sufficientemente studiata, (benefici, ripristino diuresi, mortalità a lungo termine); le conoscenze attuali non rispondono con certezza all’effettiva superiorità dell’UF rispetto ad altre forme di RRT o ai diuretici. Il maggior consenso ed evidenza è circa l’utilità dell’UF per la rimozione di fluidi in caso di refrattarietà alla terapia medica (Fiaccadori et al., 2010).
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