Lo Sfogo di Filippini, OPI Varese: “Stanchi, delusi e arrabbiati dalla scelte politiche”

Si affida al noto social Facebook, l’infermiere e Presidente dell’OPI di Varese, Aurelio Filippini, per fare una fotografia di quello che sta accadendo in Italia alla professione infermieristica negli ultimi mesi. E’ uno sfogo che, noi della redazione, condividiamo appieno in quanto pone l’accento su una questione importante: le scelte della politica probabilmente sbagliate e la mancanza di investimenti nel settore della sanità pubblica.

Sul profilo social si legge: “Ogni giorno, tutti i giorni infermieri, medici e gli altri professionisti della salute rispondono ai bisogni dei cittadini. Ogni giorno, tutti i giorni, medici e infermieri assistono e curano i cittadini che hanno bisogno di loro e della sanità. Ogni giorno infermieri e medici mettono la faccia, le mani, il cuore e la scienza per tutelare la salute delle persone così come dice la nostra costituzione. Ogni giorno infermieri e medici mettono la faccia, le mani, il cuore e la scienza per coprire le carenze che le scelte di una politica non attenta alla sanità sta portando avanti”.

Il post prosegue e, Filippini, risponde in anticipo a quella che potrebbe essere la fatidica domanda: “Perché continuate a farlo, allora”?

Se ci chiedete perché ancora lo facciamo vi rispondiamo che crediamo nella nostra professione: perché in quel letto, in quell’ambulanza, in quella casa, in quell’ambulatorio, in quella sala operatoria c’è qualcuno che ha bisogno, che ha bisogno di noi. Se ci chiedete se siamo stanchi, delusi e arrabbiati la risposta è sì! Non investire sui professionisti della salute vuol dire disinvestire sulla sanità e sulla salute”.

Sono già diversi i colleghi che hanno accolto in maniera positiva il suo intervento, condividendo il suo post o commentando. Tra questi ultimi una collega scrive: “Ho sempre amato la mia professione ma ultimamente mi sono resa conto di non essere altro che un numero di matricola per l’ospedale ed una “unità infermieristica” per la politica. Non sono né persona degna di rispetto, né una professionista degna di riconoscimento. Questo lavoro incide pesantemente sulla vita privata visti i continui cambi turno, salti riposo ecc. Come se dovessimo vivere per l’ospedale: sempre al servzio.

Il nostro salario poi, è come quello di un qualsiasi altro lavoratore ma con molte responsabilità in più e i nostri eventuali errori (e per fortuna anche i nostri sacrifici) si riflettono sulla pelle di altre persone.

Quindi chi ce lo fa fare?!

Secondo me la risposta è poco poetica ma facilmente deducibile dalle persone pragmatiche”.

Emerge dal commento tutta la frustrazione che si respira quotidianamente negli ospedali e nelle strutture pubbliche, una verità che è sotto gli occhi di tutti ma che, egoisticamente, sembra non essere sotto gli occhi dei politici italiani.