Nel nuovo numero de L’Infermiere Online viene analizzato un aspetto che troppo spesso si tralascia quando si presta assistenza infermieristica, ossia le barriere linguistiche e culturali.
Si definisce linguaggio “la capacità e la facoltà, peculiare degli esseri umani, di comunicare pensieri, esprimere
sentimenti, e in genere di informare altri esseri sulla propria realtà interiore o sulla realtà esterna, per mezzo di un
sistema di segni vocali o grafici, e lo strumento stesso di tale espressione e comunicazione”, mentre per comunicazione si intende “ In senso ampio e generico l’azione, il fatto di comunicare, cioè di trasmettere ad altro o
ad altri, in senso più proprio, il rendere partecipe qualcuno di un contenuto mentale o spirituale, di uno stato d’animo,
in un rapporto spesso privilegiato e interattivo, ed in senso astratto una relazione complessa tra persone” (Treccani,
2023).
Partendo da queste due definizioni è facilmente intuibile come linguaggio e comunicazione siano elementi di primaria importanza e siano alla base di tutti i traguardi ottenuti in campo culturale, scientifico e tecnologico dall’uomo, la cui capacità di comunicare attraverso linguaggi complessi in forma sia orale che scritta ha reso possibile la realizzazione del mondo in cui viviamo oggi. Restringendo il campo esclusivamente all’ambito sanitario, una comunicazione chiara, diretta e trasparente rappresenta un requisito imprescindibile nel rapporto tra cittadini ed istituzioni, atto a garantire per ciascun paziente una presa in carico efficace e tempestiva e a fornire informazioni sul proprio stato di salute nella maniera più appropriata possibile (Hegan, 2003).
Il presente articolo parte da alcune considerazioni su quanto le barriere linguistiche e le difficoltà di comunicazione siano incisive sulla qualità dell’assistenza sanitaria prestata dal personale sanitario a persone provenienti da paesi esteri in grado di esprimersi unicamente nella loro lingua madre, e si pone l’obiettivo di analizzare gli elementi dai quali queste barriere scaturiscono, e di individuare possibili soluzioni da adottare per ridurre il loro impatto sulla pratica clinica.
Viviamo ormai in un contesto sociale globalizzato in cui persone di tutto il mondo vivono costantemente connesse
le une alle altre, venute meno tutte le barriere geografiche e tecnologiche che non permettevano quello che ormai
è una realtà assodata. Le condizioni che hanno gettato le basi per questo cambiamento epocale sono principalmente due: i progressi compiuti nel settore delle comunicazioni e gli avvenimenti politici ed economici degli ultimi 20 anni.
L’avvento di Internet ha lasciato un segno profondo nella vita delle persone, stravolgendo completamente le loro abitudini quotidiane, il loro modo di informarsi e tenersi in contatto, dando una forte spinta alla circolazione di idee
e competenze, oltre a fornire un importante contributo nel facilitare lo spostamento fisico delle persone da un paese
ad un altro (Cooke and Shuttleworth, 2017), siano essi dettati da motivi professionali o prettamente turistici (Koo et
al, 2015).
Anche le vicissitudini mondiali favoriscono fenomeni migratori di natura transitoria e permanente, basti pensare all’accordo di Schengen che ha prodotto come risultato l’abolizione di buona parte delle frontiere in Europa contestualmente al progressivo ingresso degli attuali stati membri dell’Unione Europea, ma anche alle crisi umanitarie dettate da conflitti armati ed emergenze ambientali verificatesi negli ultimi tempi (tra le più recenti il terremoto in Nepal, il colpo di stato in Afghanistan ed il conflitto in Ucraina).
Questi elementi stanno contribuendo alla composizione di una società sempre più multiculturale in cui valori,
credenze e soprattutto modi di comunicare appartenenti a diverse culture convivono e si intrecciano costantemente,
rendendo quanto mai attuale ciò che Madeleine Leininger sosteneva con convinzione sul Transcultural Nursing già
molti anni addietro (Maier-Lorentz, 2008).
Negli ultimi anni ha preso piede una concezione di “assistenza sanitaria globale”, intesa sia come “un’area di studio, ricerca e pratica che pone come priorità il miglioramento della salute e il raggiungimento dell’equità sanitaria per tutte le persone in tutto il mondo” (Koplan et al, 2009) ma anche come “azione collaborativa transnazionale di ricerca per promuovere la salute per tutti” (Beaglehole e Bonita, 2010), per la quale si rivela imprescindibile la necessità di adottare un linguaggio comune che faciliti la cooperazione internazionale.
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