Infermieri: in Italia solo 6 su 1000 abitanti, ben al di sotto della media europea

11 mesi ago

Nel corso della giornata di ieri, 10 Ottobre 2023, si è tenuto a Roma il 6° rapporto Gimbe sul Servizio Sanitario Nazionale in cui sono state analizzate le risorse disponibili e rese disponibili le percentuali di infermieri e medici ogni 1000 abitanti per regione, confrontandole con la media europea.

Nel documento si legge che nel 2021 sono 298.597 gli infermieri che lavorano nelle strutture sanitarie: 264.768 dipendenti del SSN e 33.829 dipendenti delle strutture equiparate al SSN. La media nazionale è di 5,06 per 1.000 abitanti, con un range che varia dai 3,59 della Campania ai 6,72 del Friuli Venezia Giulia.

Per quanto riguarda il rapporto medici/infermieri l’Italia si colloca molto al di sotto della media Ocse (1,5 vs 2,7) per rapporto infermieri/medici, in Europa davanti solo a Spagna (1,4) e Lettonia (1,2). Quindi, da queste analisi, capiamo quanto la crisi abbia colpito molto di più gli Infermieri che i Medici italiani, andando a determinare quella che era stata già analizzata da GIMBE stessa nel NADEF come una vera e propria crisi.

Il Presidente, Nino Cartabellotta, come riportato anche dal quotidiano Nursind Sanità, ha affermato, commentando il rapporto della fondazione: “le fonti disponibili non permettono di analizzare in maniera univoca, sistematica e aggiornata la reale forza lavoro del Ssn impegnata nell’erogazione dei Lea. Inoltre, i dati relativi al 2021 verosimilmente sottostimano la carenza di personale, in conseguenza di licenziamenti volontari e pensionamenti anticipati negli anni 2022-2023.

Ancora, le differenze regionali sono molto rilevanti, in particolare per il personale infermieristico, maggiormente sacrificato nelle Regioni in Piano di rientro. Infine, i benchmark internazionali relativi a medici e infermieri collocano il nostro Paese poco sopra la media Ocse per i medici e molto al di sotto per il personale infermieristico, restituendo di conseguenza un rapporto infermieri/medici tra i più bassi d’Europa.

Se è certo che rappresenta una grande opportunità per potenziare il Ssn la sua attuazione deve essere sostenuta da azioni politiche. Innanzitutto, per attuare il DM 77 bisogna mettere in campo coraggiose riforme di sistema, finalizzate in particolare a ridisegnare ruolo e responsabilità dei medici di famiglia e facilitare l’integrazione con l’infermiere di famiglia; in secondo luogo, servono investimenti certi e vincolati per il personale sanitario dal 2027, oltre che un’adeguata rivalutazione del fabbisogno di personale infermieristico.

I princìpi fondanti del Ssn, universalità, uguaglianza, equità sono stati traditi. Oggi sono ben altre le parole chiave che definiscono un Ssn ormai al capolinea e condizionano la vita quotidiana delle persone, in particolare delle fasce socio-economiche meno abbienti: interminabili tempi di attesa, affollamento dei pronto soccorso, impossibilità di trovare un medico o un pediatra di famiglia vicino casa, inaccettabili diseguaglianze regionali e locali sino alla migrazione sanitaria, aumento della spesa privata sino all’impoverimento delle famiglie e alla rinuncia alle cure“.