Sebbene il termine “competenza” risulti essere uno dei termini più utilizzati dalla professione infermieristica a livello internazionale, appare un termine su cui c’è poca chiarezza (Cowan et al., 2005; Garside and Nhemachena, 2013; Watson et al., 2002).
Questo aspetto si evidenza in particolare nella differenza tra i termini anglosassoni “competence” e “competency”, quando per “competence” si intende la capacità, la conoscenza o il potenziale di eseguire una abilità, mentre per “competency” ci si riferisce alla prestazione effettiva secondo le policies stabilite in una particolare situazione (Cowan et al., 2005). Le competenze sono elementi cruciali in grado di influenzare le prestazioni infermieristiche. La qualità dell’assistenza viene valutata attraverso indicatori e standard di riferimento che consentono di misurare e confrontare i livelli di competenza e delle prestazioni infermieristiche (Needleman et al., 2007; Donabedian, 1988; Scavone et al., 2014).
Rappresentando gli infermieri la professione più numerosa a livello ospedaliero ed essendo ben noto, fin dall’epoca di Florence Nightingale, l’impatto del loro operato sugli esiti assistenziali, risulta evidente l’importanza delle loro competenze al fine di assicurare un’assistenza di qualità e sicura per le persone assistite (Smiley, 2018; Aiken, 2002; Petrucci, 2015; Needleman et al., 2007; Needleman, 2017; Aiken et al., 1994). Le competenze professionali sono in continua evoluzione in risposta ai vari cambiamenti che si verificano nelle diverse realtà socio-assistenziali, come ad esempio avvenuto nell’assistenza domiciliare.
A tal proposito, garantire una formazione delle competenze infermieristiche e un aggiornamento continuo diventa una responsabilità sia individuale che collettiva (Camera and Masolo, 2012).Tale dinamicità, in sinergia con lo scopo ultimo di assicurare una adeguata qualità assistenziale e sicurezza per i pazienti, richiede la necessità di una valutazione delle competenze, definita come il processo attraverso il quale si cerca di identificare o accertare il livello di adeguatezza delle competenze di un soggetto rispetto a uno specifico o possibile ambito di attività (Scavone et al., 2014, p. 3; Needleman et al., 2007; Sasso et al., 2012).
A tal fine, esistono numerosi strumenti finalizzati a rendere oggettiva la valutazione delle competenze. Tra questi il più usato a livello internazionale è la Nurse Competence Scale, che sembra possedere una buona capacità di descrivere il profilo di competenza infermieristica in diversi contesti assistenziali (Scavone et al., 2014; Flinkman et al., 2017; Meretoja et al., 2004; Notarnicola et al., 2016; Notarnicola et al., 2018). Seppur la Nurse Competence Scale sia disponibile anche nella versione italiana (Dellai et al., 2009) tuttavia, in Italia, non è presente un sistema di rivalidazione delle competenze. Pertanto, gli infermieri e tutti i professionisti della salute, una volta in possesso degli iniziali requisiti formali richiesti per l’esercizio professionale non sono soggetti (dal punto di vista dell’ordinamento giuridico e professionale) ad alcuna valutazione periodica, sistematica e certificata delle loro competenze. In Italia, si adempie alla necessità di mantenere, sviluppare e migliorare le conoscenze e le abilità cliniche, tecniche e manageriali degli infermieri per assicurare efficacia, appropriatezza, sicurezza ed efficienza dell’assistenza erogata dal Servizio Sanitario Nazionale attraverso il processo dell’Educazione Continua in Medicina (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali, 2022).
Contrariamente a quanto avviene in Italia, a livello globale il tema del rinnovo periodico delle competenze dell’infermiere è trattato in maniera eterogenea. In alcuni Paesi, la valutazione periodica delle competenze è richiesta formalmente e prende il nome di “revalidation”, come nel caso del Regno Unito, “recertification” o “relicensure” per i medici in Australia e Nuova Zelanda, o per gli infermieri nel Nord America (Fisher et al., 2019). Per “revalidation” o “rivalidazione” si intende un processo continuo, che perdura per tutta la carriera, ed è necessario agli infermieri per mantenere attiva la loro registrazione ai vari collegi/ordini/associazioni. Si basa sui requisiti di rinnovo esistenti, diversi a seconda del paese, e dimostra il mantenimento nel tempo della capacità di esercitare la professione in modo sicuro ed efficace (Kolyva, 2015; Fisher et al., 2019). La rivalidazione quindi, identifica la periodica conferma dell’abilitazione all’esercizio professionale, inglobando concetti di sistematicità e periodicità nella valutazione del professionista.
La periodica rivalidazione delle competenze per tutti gli infermieri, al fine di poter continuare a esercitare la professione, costituisce un’opportunità per l’infermiere stesso di individuare proprie strategie di crescita professionale, documentare il proprio sviluppo professionale e riflettere su cosa avrebbe bisogno o vorrebbe migliorare dal punto di vista della conoscenza e della pratica (Myatt, 2015). Ciò al fine di assicurare un’assistenza efficace, sicura e di qualità alle persone assistite (Myatt, 2015; Attenborough and Abbott, 2019; Cannon and McCutcheon, 2016).
Nonostante la letteratura riporti esperienze generalmente positive riguardo alla rivalidazione delle competenze infermieristiche, le prove disponibili sono ancora limitate e eterogenee sia nei metodi utilizzati che nei risultati ottenuti (Fisher et al., 2019). Inoltre, a conoscenza degli autori, non sono attualmente disponibili studi che documentino le principali caratteristiche dei sistemi di rivalidazione delle competenze. A tal fine, la disponibilità di una sintesi della letteratura che descriva e confronti le caratteristiche dei processi di rivalidazione utilizzati in contesti diversi potrebbe risultare preziosa per guidare future esperienze applicative, prendendo spunto dalle diverse situazioni.
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