Tra gli stipendi più bassi a livello europeo, motivazione ai livelli minimi e possibilità di crescita professionale davvero bassa, per non parlare dei turni estenuanti e stancanti a causa della carenza di personale. Queste sono solo alcune tra le ragioni che spingono sempre più giovani infermieri ad andarsene dall’Italia, scegliendo la vicina Svizzera o i Paesi del Medio Oriente, specie quelli del Golfo tra cui l’Arabia Saudita.
Nel corso degli ultimi mesi, infatti, si è assistito sempre più all’immigrazione del personale medico e infermieristico verso l’estero e a lanciare l’allarme sono ormai tutti i Sindacati e le associazioni di categoria. Questo fenomeno si sta verificando in maniera sempre più accentuata nelle regioni del Nord Italia in cui lo stipendio mensile non riesce a coprire tutte le uscite (affitto, bollette e via dicendo).
Foad Aodi, presidente dell’AMSI e membro della FNOMCeO nonché docente universitario in Scienze Infermieristiche, in un’intervista rilasciata al Corriere delle Sera, ha affermato: “Aiutiamoli a casa loro. Quante volte ho sentito pronunciare questa frase dalla politica. Fatto salvo quando la casa in questione è l’Italia. È una stravaganza che ci preoccupa e che purtroppo è destinata a peggiorare, a meno che le istituzioni finalmente si decidano a cambiare le cose”.
Solo negli ultimi 5 mesi abbiamo ricevuto più di 10 mila richieste da tutte le regioni, di cui 100 professionisti della sanità piemontese e solo negli ultimi due giorni ci sono arrivate più di 250 richieste di andare a lavorare nei paesi del Golfo e di queste 25 da professionisti piemontesi.
Il 90% dei sanitari piemontesi fugge direttamente da strutture pubbliche verso l’estero senza tentare la strada del privato, e in ogni richiesta che arrivo leggo che a spingerli è in primis la stanchezza. Al contrario, negli ultimi 5 anni Amsi ha ricevuto 10 mila richieste di personale estero da parte della sanità di tutte le regioni italiane, sia pubblica sia privata, che deve colmare carenze di organico. Di queste più di 700 arrivano da strutture piemontesi che manifestano carenza di medici esperti, infermieri specializzati, fisioterapisti e persino farmacisti.
A voler pensar male, la sensazione è che sia in corso un pericoloso gioco al ribasso della sanità pubblica italiana, con possibili effetti devastanti sulla qualità del servizio. Basti pensare che, entro il 2030, la sola Arabia Saudita ci ha comunicato di aver bisogno di 88 mila infermieri e 44 mila medici provenienti dall’estero.
Al netto dei master che sono a pagamento, la laurea di primo livello e quella magistrale sono percorsi universitari pubblici le cui tasse sono pagate in base all’Isee e quindi con una buona, e a volte totale, compartecipazione dello Stato. Un iter formativo che iper specializza i nostri infermieri, che infatti sono molto ricercati all’estero, ma che non trova corrispondenza nel mondo del lavoro italiano dove non c’è progressione di carriera. E infatti durante i nostri open day pensati per far incrociare domanda e offerta, cresce la presenza di agenzie di lavoro extra-europee che, tra l’altro, incuriosiscono molti gli studenti”.