E’ un inizio anno disastroso per la sanità pubblica che si trova ad affrontare delle sfide che mettono a dura prova il personale. Basti pensare alle difficoltà che ci sono nell’assumere personale infermieristico con i pochi a lavoro che devono raddoppiare turni, saltare ferie e riposi. E, in questo modo, si aggrava il fenomeno del burn-out che, secondo un recente studio BENE, colpisce circa 6 infermieri su 10.
Molti infermieri decidono di licenziarsi, ormai stanchi delle condizioni lavorative dell’impiego pubblico, trovando altre strade o magari scappando all’estero, dove la figura infermieristica viene riconosciuta sia a livello economico che strettamente professionale.
Il responsabile del Nursing Up Romagna, Gianluca Gridelli, si è affidato al quotidiano online ForlìToday, per testimoniare quanto sta accadendo in Emilia Romagna. “I politici e gli amministratori locali si vantano di una sanità pubblica regionale quale fiore all’occhiello del Servizio Sanitario nazionale ma la realtà è ben più misera e preoccupante.
In questo periodo poi  con la recrudescenza del picco influenzale si è costantemente alla caccia del “posto letto”. Tanti reparti chirurgici sono trasformati in reparti di degenza medica dove il personale sanitario, scarso, stanco e stressato e spesso senza personale di supporto come gli operatori sanitari, deve gestire una tipologia di paziente verso il quale non ha la dovuta formazione specifica. Reparti specialistici, vedi il reparto di otorinolaringoiatria di Forlì, che diventano di fatto delle geriatrie, il reparto covid del riminese lavora con il personale al minimo, anzi, secondo noi, si lavora sotto il minimo per garantire una assistenza degna d’essere chiamata tale.
Si lavora in un clima lavorativo tossico con tanta rassegnazione e disaffezione alla professione sanitaria causa soprattutto di una direzione generale autoritaria che utilizza sempre il bastone e mai la carota. In questo periodo i colleghi fanno spesso doppi turni e molti hanno ferie bloccate vedi la terapia neonatale di Ravenna. Fra sindrome influenzale e stanchezza psico-fisica aumentano i certificati di malattia fra gli operatori senza contare poi la non sostituzione delle assenze programmate, legge 104, congedi parentali, gravidanze.
Insomma siamo sul punto di un’implosione del sistema sanità …gli operatori, medici infermieri si licenziano per andare nel privato o esercitare la libera professione e qui si continuano ad ampliare i servizi, si pensi all’implementazione dei Cau su tutto il territorio romagnolo, quando invece pare che la politica nelle scelte sulla gestione del personale faccia di tutto per ridurli. Ci dicono che sono state fatte tante assunzioni nel periodo covid ma come organizzazione sindacale ci chiediamo dove sono finiti questi operatori, visto che non si riescono più a coprire i turni nei reparti e dove, tra l’altro, la direzione generale ha pensato bene di scaricare tale responsabilità direttamente sui lavoratori col sistema autogestione? Un fallimentare sistema di auto-sostituzione delle assenze improvvise che, di fatto, annullano la vita privata degli operatori perché devi essere a disposizione costantemente dell’azienda a costo zero.
Nonostante questo totale disastro organizzativo e gestionale il direttore generale, in modo unilaterale senza l’approvazione dei sindacati, ha pensato bene di “premiare” i propri collaboratori delle direzioni infermieristiche con la massima indennità che il contratto mette a disposizione per chi svolge funzione apicali. Insomma due pesi e due misure…la carota ai dirigenti ed il bastone ai dipendenti. Poi quando succederà la disgrazia i colpevoli e le responsabilità ricadranno come sempre verso il basso. Non si vuole fare allarmismo ma il rischio è alto…non abbiamo tanto tempo per salvare la sanità pubblica”.