Infermieri gettonisti: il paradosso delle ASL

11 mesi ago

Una situazione di grave crisi quella che si sta vivendo nell’ultima settimana all’interno degli ospedali italiani, specie nei reparti di Pronto Soccorso che sono stati letteralmente assaliti e colpiti dall’ondata di virus influenzale. Ciò si riflette negativamente sul personale, già carente, costretto a raddoppiare turni e a saltare ferie e/o riposi.

Una cosa ancor più grave, però, è rappresentata dall’abuso che le Aziende stanno facendo in relazione a infermieri e medici gettonisti. Invece di assumere personale e risparmiare sul budget le Aziende stesse sono arrivate a spendere per un professionista anche il triplo rispetto alla normale assunzione e, tutto ciò, si riflette sulla spesa sanitaria, sempre più elevata negli ultimi anni.

Antonio De Palma, presidente del Nursing Up, ha analizzato la situazione e, in un comunicato stampa, ha affermato: “da una parte i pronto soccorsi affollati e letteralmente in tilt, incapaci di gestire una “semplice” emergenza influenzale, raccontano di una sistema sanitario all’acme del disagio e della disorganizzazione, costringendo “i pochi” professionisti che restano sul campo a rinunciare addirittura, e non è certo la prima volta, alle proprie ferie, come accade in Emilia Romagna o in Campania, sottoponendosi ancora una volta a turni massacranti e mettendo da parte gli affetti familiari e la vita personale.

Dall’altra parte, paradosso dei paradossi, le aziende sanitarie, nel marasma della disorganizzazione, per tappare le falle delle carenze di personale, raschiano il fondo del barile e gettano letteralmente al vento le già scarse risorse a disposizione, andando a investire denaro su professionisti esterni che costano alle Regioni tre volte tanto, se non addirittura oltre, rispetto al “magro” stipendio di un infermiere dipendente del SSN.

Alla fine, da questo quadro desolante, emerge una sola unica certezza: a pagare più di tutti è la collettività, alle prese con un sistema sanitario decisamente fallimentare. Dopo la nostra denuncia sui disagi dei pronto soccorsi e su quelle che sono, di fatto, le carenze strutturali di una sanità sempre più in crisi profonda, abbiamo voluto approfondire, in cinque regioni chiave, quello che è il delicato capitolo degli infermieri gettonisti. 

Una questione spinosa, un modus operandi decisamente poco comprensibile, agli occhi di chi, come noi, si batte per spronare la politica a cercare soluzioni che partano dalla valorizzazione delle forze che già ci sono sul campo, nel nostro caso vere e proprie eccellenze. 

Incredibilmente, non solo questa valorizzazione è ancora ben lungi dal venire, ma soprattutto siamo di fronte a “soluzioni organizzative tampone” davvero inspiegabili, che non fanno che peggiorare la situazione, oltre tutto dilapidando le già scarse risorse a disposizione di aziende sanitarie che non navigano certo nell’oro».

Piemonte. Tra il 2022 e il 2023 il caso degli infermieri gettonisti è salito letteralmente alla ribalta delle cronache. Siamo stati tra i primi a denunciare episodi come quello del San Luigi di Orbassano, dove, per sostituire tre infermieri andati in pensione, si è fatto ricorso a professionisti dell’assistenza esterni, con un impegno di spesa di ben 67mila euro, per coprire per appena tre mesi, al costo esorbitante di più di 20mila euro ciascuno, la mancanza di personale in sala operatoria. Incredibile ma vero! Fummo i primi a denunciare tutto questo. Professionisti a gettone pagati il doppio se non in alcuni casi il triplo rispetto ai nostri infermieri. 

Lazio. Servizi incredibilmente sempre più esternalizzati. Reparti, fino a poco tempo prima, chiusi per mancanza di personale, vengono riaperti solo grazie al supporto di infermieri a gettone provenienti da cooperative esterne. 

E’ il caso, da noi raccontato, dell’Asl Roma 4 che, salvo differenti informazioni che siamo sempre pronti ad accogliere con il doveroso rispetto, non essendo in grado di avviare piani concreti di assunzioni interne, nel 2023 ha deciso di esternalizzare provvisoriamente, per un anno, il servizio infermieristico per consentire l’imminente apertura di due reparti: dodici posti letto di Terapia intensiva e sub-intensiva e dieci di Medicina di emergenza-urgenza. Per un importo a base di gara da 2 milioni di euro, di cui un milione e 600 mila euro per i servizi infermieristici e 400 mila euro per i servizi socio-sanitari. Fornendo 7 infermieri la mattina, 7 il pomeriggio e 6 di notte pari a 57.305 ore l’anno. Servirebbe davvero aggiungere altro?

Veneto. Nel 2023 ecco il caso dell’Ulss 3 Serenissima che si è trovata nella condizione di dover ricorrere, attraverso un’agenzia di somministrazione di lavoro, a una fornitura di personale piuttosto onerosa per le proprie casse pubbliche, dal momento che un mese di stipendio di un infermiere esterno è costato all’ente lagunare 5.917 euro lordi, quando il lordo mensile previsto dal nuovo contratto nazionale di categoria ammonta a 2.013,11 euro.

Lombardia. Qui l’Assessore al Welfare ha vietato rigorosamente alle aziende sanitarie di ricorrere a infermieri gettonisti di cooperative esterne, sottolineando quanto tutto questo fosse deleterio per le già scarse risorse della Regione e decisamene poco gratificante per i professionisti che restano in servizio con stipendi poco dignitosi. Tuttavia, lo stesso Bertolaso, non ha esitato ad avallare, poco prima di Natale, l’assunzione di infermieri provenienti da Perù e Argentina, “gettandoli” nella mischia dopo sole 4 settimane di corso di lingua italiana. Se non è un paradosso questo…

Della serie è sempre il cittadino a pagare lo scotto di scelte, lo ripetiamo, davvero poco comprensibili. Laddove si sono evitate spese esorbitanti, siamo di fronte a infermieri che, come nel caso dell’Asst Sette Laghi di Varese, hanno preso servizio con una conoscenza, lasciatecelo dire, non certo completa della nostra lingua. E tutto questo per tappare le falle della carenza di personale.

Emilia Romagna. La denuncia dei nostri referenti locali rappresenta un campanello di allarme che non deve restare  inascoltato. Con la recrudescenza del picco influenzale si è costantemente alla caccia del “posto letto”. Tanti reparti chirurgici sono trasformati in reparti di degenza medica dove il personale sanitario, scarso, stanco e stressato e spesso senza personale di supporto Oss, deve gestire una tipologia di pazienti verso il quale non ha la formazione specifica. Qui, quindi, non parliamo di infermieri gettonisti, ma la problematica appartiene al medesimo triste filone dei paradossi. Turni massacranti, ferie saltate e stipendi che restano decisamente ancorati al palo. Cosa ci può essere di peggio”?