Un esodo senza precedenti quello che si sta verificando in Italia negli ultimi anni e che, nel corso degli ultimi mesi, si è intensificato a tal punto da diventare uno dei problemi principali della sanità italiana.
Stiamo parlando del trasferimento di massa di medici e infermieri italiani all’estero, verso mete in cui la professione è valorizzata e, al tempo stesso, ben retribuita. Arabia Saudita, Svizzera, paesi Europei: sono soltanto alcune delle mete preferite dai nostri professionisti.
In una recente indagine pubblicata da Amsi si legge: “In questo primo trimestre del 2024, con la stessa media del medesimo periodo del 2023, abbiamo ricevuto più di 1500 richieste di professionisti della sanità italiani per andare a lavorare all’estero, di cui circa 1050 medici e circa 350 infermieri e 100 altri professionisti sanitari.
Le domande ad Amsi sono arrivate in particolare dal Veneto, dal Piemonte, Lonbardia, Sicilia, Sardegna, Emilia Romagna, Trentino e soprattutto nelle ultime settimane dal Lazio, dove c’è la sede ufficiale di Amsi, dove arriva ancora più forte l’eco delle nostre battaglie per la buona sanità e per la buona informazione e per il dialogo culturale a 360 gradi.
Tutti, per potersi spostare, hanno chiesto ai rispettivi albi professionali il certificato di buona condotta e tanti di loro sono ad un passo per decidere di partire verso i paesi del Golfo ed i paesi europei. Qui la questione è diversa. In tanti vogliono lasciare una sanità italiana di cui non si sentono più parte integrante.
La maggior parte dei professionisti di origine straniera nei paesi del Golfo, ed in Europa in questo momento storico, sono italiani. Sono partiti attratti da stipendi che non hanno paragone con i nostri, da organizzazione, da supporto logistico, da possibilità di crescita.
Eppure il Governo italiano deve fare il possibile per riportarli nel nostro Paese, non smetteremo mai di dirlo, aumentando i salari, snellendo i carichi fiscali e la burocrazia, migliorando il rapporto tra sanità pubblica e privata, lavorando sulla valorizzazione contrattuale, combattendo le aggressioni, combattendo la medicina difensiva, sostenendo la formazione, a partire dalle università, contribuendo a realizzare una sanità organizzata, innovativa, che viaggia verso il mondo del digitale e la tecnologia, dove i professionisti sanitari possono mettere a frutto del sistema le proprie competenze, le proprie specializzazioni, sentendosi al centro del progetto salute, sempre con l’obiettivo di alzare il livello della qualità delle prestazioni sanitarie per i soggetti più fragili, in una Italia che viaggia spedita verso l’invecchiamento della sua popolazione e per questo aumenta il fabbisogno di professionisti specializzati nelle “long care”, con il rafforzamento della sanità territoriale per snellire anche i carichi di lavoro degli ospedali che nel frattempo devono essere anche strutturalmente rinnovati”.