Hanno svolto un ruolo decisivo durante la pandemia Covid-19, eppure gli infermieri delle nostre forze armate che sia Esercito, Marina Militare, Aeronautica, Carabinieri e via dicendo, non sono equiparati ai colleghi della sanità pubblica.
Tutto ciò sembrerebbe a causa di alcune norme ormai obsolete e che stentano ad essere cambiate e/o abrogate in favore di nuove. Nel comunicato stampa pubblicato dal sindacato infermieristico Nursing Up, si legge: “Si sentono legittimamente messi da parte, defraudati dei propri più basilari diritti di professionisti sanitari e di lavoratori. Hanno offerto il proprio encomiabile contributo durante la Pandemia, sono quotidianamente al servizio della pubblica amministrazione con le loro elevate competenze professionali, ma a fronte di tutto questo non hanno ancora ottenuto alcun riconoscimento, nonostante decine e decine di recenti ricorsi al Tar.
Sono gli infermieri italiani di Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri, che oltre tutto una legge assurda si ostina a non equiparare ai propri colleghi del nostro SSN. 264 di loro hanno presentato ricorso presso ben 15 Tar regionali, e non si sono certo arresi al proprio destino, quello di una inspiegabile differente collocazione di Categoria Amministrativa, con una conseguente pericolosa e iniqua disparità di trattamento economico.
E c’è chi si è rivolto a noi, al nostro sindacato, per avere voce, e noi non possiamo non rispondere al loro accorato appello. Il nodo della questione è sic et simpliciter che, in questo momento, vengono inspiegabilmente trattati come colleghi di serie B.
La loro figura professionale rientra in un sistema sanitario che non è quello del SSN, bensì appartengono a quell’SSM, Servizio Sanitario Militare, che li pone in una situazione di enorme sperequazione rispetto agli infermieri della sanità pubblica.
Va allora individuato un meccanismo concreto che consenta ai professionisti sanitari che operano nelle forze armate di essere automaticamente armonizzati, sotto il profilo contrattuale, ai colleghi che operano nel comparto della Sanità pubblica.
In un momento così denso di evoluzioni, dove, già con il precedente contratto ha avuto inizio una lenta ma graduale revisione dell’ordinamento, e se con questo nuovo contratto, ce lo auguriamo, si compirà un ulteriore decisivo passo in avanti verso la specificità del ruolo professionale infermieristico, è assolutamente inverosimile che questi colleghi debbano rimanere ingabbiati in norme e sistemi così obsoleti.
Peraltro, nella stragrande maggioranza dei Paesi afferenti alla NATO, laddove la formazione infermieristica viene effettuata in Università, come in Italia, agli infermieri militari viene correttamente riconosciuto il grado di ufficiale.
In Italia, nonostante la formazione universitaria infermieristica abbia raggiunto livelli di eccellenza, gli infermieri sono ancora inquadrati nella categoria di Sottufficiali.
La politica deve farsi carico di tutto questo. Siamo di fronte al rischio concreto di abbandono della professione da parte dei colleghi delle forze armate, che in ogni momento potrebbero decidere di transitare verso le strutture ed i servizi del SSN, con il rischio di lasciare completamente scoperte le già carenti dotazioni organiche delle amministrazioni militari interessate”, conclude De Palma.