La condizione dei Pronto soccorso italiani e, in toto, dell’area dell’emergenza-urgenza è stata fatta oggetto di un’indagine conoscitiva da parte della commissione Affari sociali della Camera dei deputati.
Il documento conclusivo, più volte rimandato a causa della mole di problemi analizzati, dovrebbe essere pubblicato entro la fine della settimana ma, come riportato anche da Nursind Sanità, qualcosa è già disponibile.
Nella relazione, disponibile a questo link: Relazione Pronto Soccorso al collasso , vengono analizzate le cause che hanno portato al collasso dei Pronto Soccorso italiani, che dovrebbero rappresentare il fiore all’occhiello della sanità, essendo la prima porta di accesso alla struttura Ospedaliera. Le maggiori società scientifiche, Istituzioni, organizzazioni sindacali si sono espresse sulle cause, riassumibili in 4 macro gruppi, come presente nel documento stesso:
- la carenza di personale medico e infermieristico: si stima che, allo stato attuale, nel settore dell’emergenza-urgenza manchino oltre 4.500 medici e circa 10.000 infermieri;
- i tempi di attesa per il ricovero (boarding), stante la carenza di posti letto disponibili nei reparti di degenza causata dalla difficoltà a garantire un turnover adeguato. Gli accessi al pronto soccorso hanno raggiunto numeri elevatissimi, che secondo alcune stime dovrebbero superare i 20 milioni l’anno, con un incremento in determinati periodi, legato alla stagionalità di fattori epidemiologici e alla mobilità della popolazione (periodo influenzale e periodi di vacanza e turismo). Il boarding si accentua nel fine settimana e nei giorni festivi, quando la disponibilità di posti letto è ridotta e vi è la difficoltà di dimettere gli anziani e i pazienti più fragili verso il domicilio o le residenze sanitarie assistite. Il problema è strettamente connesso alla grave carenza di posti letto per acuti in Italia, di cui il boarding è una conseguenza diretta. L’Italia ha un numero di posti letto ospedalieri, pari a 3,1 per 1.000 abitanti, di gran lunga inferiore al dato medio europeo che si attesta sui 5,2;
- l’elevato numero di accessi impropri: numerosi sono gli assistiti che si auto presentano al pronto soccorso; il numero di “codici verdi” e di “codici bianchi” supera abbondantemente il 50 per cento degli accessi totali. Tale fenomeno, stando alle spiegazioni fornite dai soggetti intervenuti in audizione, è dovuto principalmente al fatto che spesso il pronto soccorso è percepito come il punto di accesso più immediato e diretto alla salute pubblica. I tempi lunghi nello scorrimento delle liste d’attesa per poter accedere a prestazioni diagnostiche e specialistiche indurrebbero, in molti casi, i pazienti a rivolgersi al pronto soccorso, pur trattandosi di prestazioni ordinarie, non emergenziali. Il fenomeno degli accessi impropri ai pronto soccorso è del resto comprovato dall’altissima percentuale di dimissioni entro le primissime ore dall’accesso al triage. Il progressivo invecchiamento della popolazione è un’altra delle cause del fenomeno dell’overcrowding, avendo determinato un aumento di pazienti affetti da malattie croniche e, di conseguenza, un maggior numero di accessi al pronto soccorso a seguito della riacutizzazione delle stesse.
- la disaffezione per la medicina di emergenza-urgenza, anche, ma non solo, da parte dei giovani medici, che sono sempre meno indotti a scegliere una specialità faticosa e con impatto negativo sulla qualità di vita, mal remunerata, anche a causa dell’impossibilità di svolgere attività privata intra o extramoenia, gravata da un altissimo rischio di denunce e, comunque, con il peggior rapporto tra gratificazioni e frustrazioni. Il dato emblematico, che non può essere trascurato, è che nel 2023 il 69 per cento delle borse a disposizione non è stato assegnato.
L’obiettivo dell’indagine contenuta del documento è quello di riuscire ad individuare delle soluzioni facilmente applicabili e che possano portare i Pronto Soccorso italiani ad essere utilizzati davvero per le urgenze e non perché “le liste d’attesa sono lunghe allora decido di andare in PS”. Tra le possibili soluzioni:
- Potenziamento della medicina del territorio. A conclusione dell’indagine, sembra non esserci dubbio sul fatto che, se si vuole provare a risolvere la situazione problematica in cui versa attualmente la medicina di emergenza-urgenza, sia fondamentale realizzare una vera e propria riforma del sistema nel suo complesso, potenziando la medicina territoriale. Solo agendo in questa direzione si potrebbero intercettare le richieste di salute non connotate da effettiva urgenza, che attualmente si concentrano impropriamente sul pronto soccorso, con gravi conseguenze sul piano del sovraffollamento. Imprescindibile sembra dunque il riordino della medicina territoriale e dell’assistenza domiciliare, dando attuazione agli interventi previsti dal Piano di ripresa e resilienza (PNRR) e dal decreto ministeriale n. 77 del 2022, per fare fronte a un bisogno di salute ineludibile, rispetto al quale si ricorre al pronto soccorso, troppo spesso in maniera non corretta. Uno degli obiettivi principali del PNRR, alla Missione 6 (Salute), è la realizzazione degli Ospedali di comunità e delle Case della comunità, insieme al rafforzamento dell’assistenza domiciliare. Un’ulteriore risposta in termini di rafforzamento dell’assistenza sanitaria e, parallelamente, di decongestionamento dei pronto soccorso, è rappresentata dagli investimenti nella telemedicina, in particolare dalla realizzazione di sistemi di telemonitoraggio sanitario dei pazienti con patologia cronica.
- Maggiore disponibilità di posti letto. Dalla riorganizzazione della medicina del territorio, dallo sviluppo delle strutture intermedie per le cure a bassa intensità, dalla maggiore integrazione ospedale-territorio, dovrebbe derivare una maggiore disponibilità di posti letto ospedalieri e il turnover di questi ultimi. Occorre, infatti, decongestionare il pronto soccorso sia in entrata che in uscita, attraverso l’allocazione appropriata delle basse priorità, da un lato, e assicurando le cure a elevata intensità ai pazienti che ne necessitano, dall’altro. L’approccio corretto al problema, dunque, passa sia attraverso l’erogazione di risorse che mediante la rimodulazione dei modelli organizzativi.
- Riduzione delle liste di attesa. Come è stato osservato da parte di più soggetti intervenuti in audizione, il problema delle liste d’attesa rappresenta una delle cause principali del sovraffollamento dei pronto soccorso. Occorre, dunque, individuare una soluzione volta ad affrontare il problema in modo organico.
- Riorganizzazione del sistema dell’emergenza-urgenza. Come è emerso dall’indagine svolta, oltre che attraverso gli investimenti in sanità, occorre agire anche sul piano dei modelli organizzativi, in modo da rendere più efficiente il sistema dell’emergenza. Tra le misure non procrastinabili, è stata individuata l’implementazione di percorsi alternativi per la presa in carico e la cura di situazioni classificabili come “urgenze minori”, quali i percorsi a gestione infermieristica “See and treat” e i percorsi di presa in carico precoce “fast track”, attivabili per codici a bassa e media complessità assistenziale.
- Potenziamento del personale. Numerosi sono stati, nel corso dell’indagine, gli appelli alla necessità di predisporre misure volte a fare fronte alla carenza di medici ed infermieri. Non c’è soluzione indicata che non passi dal superamento dei tetti di spesa per consentire il reclutamento di nuovo personale sanitario. Per quanto concerne specificamente la medicina di emergenza-urgenza, il problema sembra essere legato anche alla scarsa attrattività del settore, per le ragioni che sono state più volte evidenziate. Uno degli strumenti ritenuti idonei ad attrarre il personale sanitario verso questo settore è la previsione di incentivi, non solo economici. È stata altresì rappresentata l’esigenza di normare la figura infermieristica in emergenza-urgenza nonché quella di istituire i profili di competenze per il personale che opera nei setting di emergenza-urgenza.
- Tutela del personale sanitario. È stata sollevata da più parti, da un lato, l’esigenza di tutelare il personale sanitario che opera nell’ambito della medicina dell’emergenza-urgenza contro le aggressioni fisiche e verbali, che colpiscono in modo particolare questa categoria di professionisti della sanità. La tutela passa dalla messa in sicurezza degli ambiti lavorativi, ad esempio attraverso la presenza di personale di polizia, ma soprattutto dalla formazione del personale sanitario sulle adeguate modalità di comunicazione con i pazienti e i loro parenti, nonché dal rafforzamento delle pene per chi aggredisce il personale o danneggia luoghi e attrezzature. Dall’altro lato, a fronte di un eccessivo contenzioso medico-legale, che costituisce un deterrente per lo svolgimento delle professioni sanitarie, soprattutto nell’ambito dell’emergenza-urgenza, è stata rappresentata più volte l’esigenza di depenalizzare l’atto medico.
- Promozione della diffusione di corrette informazioni presso la popolazione. Un aspetto del problema è considerato la mancanza di una cultura sanitaria, per cui accade che i cittadini non riescano a valutare i propri bisogni, soprattutto per quanto riguarda l’accesso al sistema dell’emergenza, non riuscendo a distinguere un bisogno di assistenza sanitaria urgente da un sintomo che può essere affrontato in sede di medicina generale. A tal fine, occorrerebbero investimenti in tecnologia, affinché gli strumenti tecnologici possano essere considerati come la prima porta d’accesso al sistema sanitario.
Questo è quanto è emerso dall’indagine conoscitiva che verrà successivamente reso pubblico. Secondo voi qualcosa cambierà? Noi della redazione siamo convinti che finalmente il problema viene affrontato seriamente e non a “chiacchiere” come fatto finora da politici e politicanti e speriamo che, per chi vive questa realtà quotidianamente, possa esserci una luce flebile in fondo ad un tunnel infinito.