Entro fine anno arriveranno in Italia ben 3000 infermieri da Paraguay e da Argentina. L’assessore al Welfare della Regione Lombardia, Guido Bertolaso, li ha fortemente voluti.
Queste 3000 unità dovrebbero garantire, almeno in parte, un turnover e coprire la carenza di personale che attanaglia la Lombardia ormai da anni. Eppure questi infermieri, dopo solo 4 mesi di corso di lingua al centro accreditato Gulliver, verranno impiegati in RSA e nelle Unità Operative degli Ospedali pubblici, con tutti i problemi di comprensione della lingua, specie i dialetti, che ne conseguirà.
In una nota del Nursing Up, viene analizzato proprio questo aspetto, che non sembra preoccupare Bertolaso che, anzi, è ben contento della chiusura degli accordi con Argentina e Paraguay e che non tiene minimamente conto della moltitudine di infermieri italiani disposti a lavorare sin da subito, a patto che le condizioni economiche migliorino.
“Immaginate un gruppo di volenterosi giovani professionisti sanitari, provenienti dall’altra parte del mondo, “gettati letteralmente nella mischia”, è il caso di usare questo termine, nelle Rsa e negli ospedali pubblici di una regione complessa e alle prese con deficit eternamente irrisolti come la Lombardia, con una drammatica carenza di 10mila infermieri.
Provate a pensare a quale impatto potrebbe avere il loro lavoro quotidiano, senza nulla togliere all’impegno profuso, sulla qualità e sull’efficienza di una equipe sanitaria, dopo appena quattro settimane di corso di formazione linguistica, tanto è previsto, per loro, in quel progetto Magellano fortemente voluto dal quanto mai “risoluto” assessore al Welfare Guido Bertolaso, che di fermarsi non vuole affatto saperne.
Alle prese con barriere linguistiche che non sono certo ostacoli superabili in appena un mese di formazione, nonché con la totale mancanza di conoscenza del complesso alveo di norme del nostro sistema sanitario, immaginateli davanti al registro delle prescrizioni scritto in italiano, per preparare il carrello della terapia con i farmaci da utilizzare e relativo dosaggio.
Provate a pensare a quali potrebbero essere le loro difficoltà. E la nostra non è certo una esagerazione. Ci chiediamo quale medico o quale infermiere se la sentirebbero di avere al proprio fianco, in una equipe, un professionista che mostra queste tipologie di problematiche.
Gli stanchi e logorati colleghi italiani che si ritroverebbero a lavorare in questo stato di cose , sia chiaro, rischiano di veder ulteriormente aggravato il proprio già arduo compito quotidiano, alle prese da tempo, in territori come la Lombardia, con un ciclone di disagi che non sembra destinato a placarsi.
E’ in gioco la qualità stessa dell’ assistenza , già profondamente minata dalla crisi in atto, partendo dal principio che la conoscenza della lingua italiana è indispensabile nell’approccio del professionista con il malato, figuriamoci se anziano o affetto da patologie croniche.
Nei primi tempi, Bertolaso qualificava il Magellano come un ambizioso progetto di caratura internazionale, unico nel suo genere in Europa, finalizzato a sviluppare una cooperazione con i paesi più deboli e che dovrebbe condurre ad arginare anche i cosiddetti deserti sanitari.
In parole povere con l’obiettivo, una volta che questi professionisti sarebbero stati adeguatamente formati, di vederli magari anche tornare a casa propria, sostituiti da altri che compirebbero il medesimo percorso.
Nelle ultime settimane, però, Bertolaso, non si nasconde più e come previsto ammette chiaramente che questi professionisti saranno subito messi a contatto con i nostri pazienti, nel pubblico e nel privato, e non certo per esigenze di formazione, ma per coprire le carenze di personale che affliggono la Lombardia.
Non possiamo non mostrare legittima preoccupazione per quanto sta accadendo e per le ammissioni di Bertolaso. Non sono affatto questi i progetti risolutivi a lungo termine di cui abbiamo bisogno, tra organici ridotti all’osso, fughe all’estero e dimissioni da arginare, con un contratto della sanità in itinere che, ahimè, non ha ancora trovato quella concretizzazione sperata, nonostante veda sindacati come il nostro, nel tavolo delle trattative, strenuamente a difesa dei diritti degli infermieri, delle ostetriche e degli altri professionisti ex legge 43/2006.
Non smetteremo mai di ripeterlo: doverosamente chiamati a fare la nostra parte, tutti, per uscire dal labirinto crisi, non possiamo non riconoscere, di fronte a quanto prospettato da Bertolaso, che il nostro sistema sanitario, soprattutto i nostri cittadini, non hanno bisogno di scorciatoie anguste e tortuose come quelle indicate oggi dall’Assessore al Welfare della Lombardia“, chiosa De Palma.