FNOPI su DL liste d’attesa: Infermiere famiglia e comunità figura fondamentale

La FNOPI ha accolto con particolare soddisfazione alcune disposizioni contenute nel Decreto Legge 73/2024 relativo alle liste d’attesa in sanità.

In un comunicato stampa rilasciato dalla FNOPI stessa si legge: “Misure di questa natura – ha detto Gagliano – sono da sempre sostenute dalla FNOPI e si pongono in stretta correlazione con la valorizzazione del contributo professionale che l’Infermiere garantisce nei percorsi di tutela della salute pubblica. La valorizzazione delle competenze specialistiche è strategica per aumentare l’offerta alla domanda di assistenza da parte della popolazione fragile e con malattie cronico-degenerative”.

Positiva anche la previsione di assoggettare le prestazioni aggiuntive dei dirigenti sanitari e del personale sanitario del comparto sanità a una imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 15 per cento.  “Queste disposizioni – ha aggiunto – contribuiscono a rendere maggiormente attrattivo per i professionisti sanitari l’esercizio di attività aggiuntive”.

Tuttavia la FNOPI sottolinea che questo intervento normativo dovrebbe essere completato prevedendo che tali compensi non siano considerati “concorrenti all’imponibile ai fini dell’esonero sulla quota dei contributi previdenziali di cui all’articolo 1, comma 15, della legge 30 dicembre 2023, n. 213”, perché in questo caso per alcuni professionisti sanitari, in dipendenza del livello della propria retribuzione lorda mensile, il beneficio dell’abbattimento dell’aliquota fiscale sarebbe in parte riassorbito dalla perdita del vantaggio derivante dall0 “sgravio contributivo”, previsto dalla legge.

Per la FNOPI il decreto può rappresentare l’inizio di un percorso coraggioso per prendere decisioni importanti sulle tematiche che coinvolgono e riguardano il futuro delle professioni sanitarie e quindi il benessere dei cittadini. In questo senso la FNOPI ha sottolineato alcuni aspetti importanti da considerare e ha avanzati alcune proposte.

Il primo aspetto riguarda l’infermiere di famiglia e comunità (IFeC), che, ha spiegato la Federazione, è “essenziale nell’affermazione di un modello sanitario basato sulla centralità del paziente e strategica rispetto ai nuovi bisogni assistenziali di una popolazione sempre più anziana e composta da persone con patologie croniche e degenerative, per le quali diventa fondamentale l’integrazione tra servizi sanitari e sociali”.

La figura dell’infermiere di famiglia e comunità è strategica per contrastare il dilagante fenomeno delle liste d’attesa perché le competenze e le capacità di intercettare i bisogni di assistenza inespressi, consentono di intervenire precocemente e prima del manifestarsi del problema attraverso tutti i servizi della rete sanitaria e sociosanitaria territoriale.

La legge di bilancio 2024 ha reintrodotto, per i periodi di paga dal 1° gennaio al 31 dicembre 2024, un esonero sulla quota dei contributi previdenziali dovuti dai lavoratori dipendenti pubblici e privati del 6% se la retribuzione imponibile non eccede mensilmente 2.692 euro e al 7% se la retribuzione non eccede l’importo mensile di 1.923 euro.

Allo stato attuale, quindi, se il professionista decide di dedicarsi a prestazioni aggiuntive usufruendo delle agevolazioni fiscali previste dal decreto-legge, rischia di dilapidare parte del maggiore reddito perché in alcuni casi si finirebbe per perdere il diritto all’agevolazione relativa all’esonero contributivo.

Questo meccanismo rischia di inficiare l’obiettivo stesso della norma e per questo i compensi derivanti dalle prestazioni aggiuntive non dovrebbero essere considerati concorrenti all’imponibile per l’esonero sulla quota dei contributi previdenziali previsti dalla legge 213/2023.

Altro aspetto riguarda la tassazione agevolata per gli infermieri pensionati che accedono alla libera professione, strumento che i professionisti utilizzano a volte per effettuare prestazioni aggiuntive oltre l’orario di lavoro dipendente.

Questo cumulo di impieghi, sebbene sia sottoposto a controlli quando il professionista è inquadrato nel Servizio sanitario nazionale, sta effettivamente contribuendo a compensare la carenza di personale nelle strutture sanitarie e sta riscontrando un importante adesione alla misura da parte del personale infermieristico oltre l’orario di lavoro, con infermieri che si trovano nella possibilità di scegliere se incrementare le proprie entrate oltre l’orario canonico di lavoro alle dipendenze del proprio datore di lavoro.

Tuttavia “il cumulo rappresentato dai redditi derivanti da lavoro dipendente e da eventuali prestazioni autonome – ha spiegato Gagliano durante l’audizione – espone gli infermieri a scaglioni e ad aliquote fiscali molto alte e quindi a una morsa fiscale difficilmente sostenibile. Una condizione, quindi, che rappresenta un deterrente per gli infermieri che preferiscono non accedere alla libera professione perché all’aumentare del reddito imponibile sono progressivamente azzerati i benefici economici”.