La Liguria, così come sta accadendo per le altre regioni italiane, si trova in una situazione davvero dura per quanto riguarda il personale infermieristico.
Alla carenza ormai cronica di personale, si è aggiunto il periodo di ferie estive con una mancata organizzazione da parte delle Aziende e il ricorso a straordinari pagati oltre 50 euro l’ora ma che non fanno altro che impoverire le casse della sanità regionale.
La situazione della Liguria e, in generale dell’Italia, è stata analizzata dal Nursing Up in un recente comunicato stampa: “Dopo la firma degli accordi sulla prestazioni aggiuntive, che dovrebbero, nelle intenzioni della giunta regionale ligure, aiutare ad abbattere le infinite liste d’attesa per gli utenti e compensare la grave voragine di personale, nell’Asl 5 di La Spezia è venuta a crearsi una situazione che mette seriamente in discussione il benessere psico-fisico dei professionisti sanitari e, come diretta conseguenza, la qualità delle cure.
A monte, naturalmente, una carenza di organico eternamente irrisolta, a cui fanno seguito, gioco forza, scelte forzate che ricadono come macigni sulle spalle dei professionisti dell’assistenza.
Chi rientra non viene pagato in straordinario, denunciano i nostri coordinatori provinciali spezzini, ma appunto con lo strumento della prestazione aggiuntiva. Sono stati chiusi magri accordi a 50 euro all’ora, contro i 60 euro della vicina regione Piemonte, ma mancano ancora le delibere per attivare il fondo da 243mila euro che riguarda l’Asl 5.
Il problema però rimane ed è di una portata enorme.
Ci segnalano che il modello orario Modular, varato di recente non funziona e si somma ai problemi organizzativi denunciati da tempo. I nostri coordinatori denunciano che per mantenere gli standard indicati dal Modello Modular si tolgono infermieri da altri reparti, finendo con il creare notevoli scompensi e squilibri.
Il personale diurnista va in debito orario, cosa impensabile in un sistema in cui si ha necessità della presenza di personale, e non accettabile sotto il profilo del diritto, perché il contratto stesso prevede un monte ore ” minimo settimanale” di 28 ore , che deve considerarsi limite estremo, al di sotto del quale non si dovrebbe andare in alcun caso. E il paradosso , come denunciano i nostri rappresentanti locali, è che poi i professionisti si ritrovano spesso a ricevere richieste di rientri per coprire assenze programmate.
Apprendo con estrema preoccupazione quanto accade nella Regione Liguria, dove i paradossi di una organizzazione che fa acqua da tutte le parti, trasformano in un inferno la vita quotidiana dei nostri professionisti sanitari, minando nel profondo la già precaria qualità dell’assistenza e dei servizi sanitari offerti ai cittadini e trasformando i professionisti, incredibilmente, e nonostante gli enormi sforzi profusi, agli occhi della collettività, nei responsabili numero uno dei deficit e dei disservizi.
Ho avuto modo di apprezzare personalmente la competenze e le capacità professionali ed umane dei dirigenti sindacali di La Spezia che hanno lanciato l’allarme, e non ho inoltre motivo di dubitare sulla necessità di prendere immediatamente in considerazione le denunce che vengono oggi stigmatizzate dai colleghi.
Non possiamo che sollecitare, a tutti i livelli, ma in primis i vertici dell’azienda sanitaria spezzina e naturalmente l’assessorato alla Salute della regione Liguria, a intervenire sulla problematica, instaurando una indispensabile attività di coordinamento con quei professionisti sanitari che vivono ogni giorno “dal di dentro” le gravi problematiche sopra citate, aprendo quindi la strada a concrete e immediate risoluzioni che che non possono che nascere da fruttuose sinergie, evitando divergenze e dissidi e finirebbero con l’aggravare la situazione.
E’ quindi dovere dei vertici sanitari liguri e di quelli regionali ascoltare la voce e le proposte dei professionisti, comprendere la gravità dei disagi e adottare contromisure che tutelino gli infermieri, i responsabili dell’assistenza, da sempre le figure professionali che, maggiormente presenti accanto ai pazienti, vivono sulla propria pelle le carenze di organico, ritrovandosi a dover “tappare le falle”.
Diciamo basta a singolari interpretazioni personali delle norme da parte delle aziende sanitarie, rispetto alle quali chi paga in prima persona sono sempre i professionisti. Ed allora possiamo forse condannare coloro che, rispetto a quanto denunciato, decidono di dimettersi, arrivando a ritenere assolutamente insostenibile quanto gli accade?
Vogliamo forse negare che sono le scelte scellerate delle aziende sanitarie, che alla fine pesano sulla qualità della vita professionale e personale degli infermieri, a rappresentare i colpi di mannaia che acuiscono la carenza di personale?”.